Capitolo 10 - III

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― Dai, sei sempre il solito esagerato rompicoglioni. Ci siamo sentiti al telefono, ti avevo detto che sarei tornato presto.
Altri amici avevano deciso di raggiungerli, essendosi placata la rissa fa di loro, che erano rimasti stesi a tappeto. Ma Genio li allontanò con un cenno della mano.
― Aria... aria, circolare belli! Dobbiamo discutere di cose da grandi.
Genio li fece ritornare da dove stavano venendo, aggiungendo anche gestacci molto espliciti, ed alcune ragazze lo definirono, come sempre, il solito stronzo.
― Allora... iniziò a dire Genio, mentre, sollevatosi da terra, con un salto si sedeva sopra ad un cassettone dell'elettricità, ma tornando giù quasi subito.― Porca puttana a quest'estate di merda!
Era ancora rovente, nonostante il sole fosse tramontato da parecchio. Martin di nuovo rideva a guardarlo rimbalzare in ogni direzione come un'anima in pena. Genio andò a sedersi sul bordo di una fioriera di legno, molto larga e robusta. Martin lo seguì, sapendo dove il discorso sarebbe andato a parare molto velocemente fra di loro. Aveva lo sguardo a terra, e sorrideva, sinceramente felice di averlo rivisto e preso a botte. Come aveva potuto pensare che qualcosa sarebbe cambiato mai?
― Allora, dimmi che cazzo hai fatto per tutto questo tempo là da solo in quel posto di merda, buco di culo fuori dal mondo... ma lo sai che in nessun locale c'era il wi-fi? Ho speso più dio di giga a cazzo di cane! E poi siamo andati in un lido da paura, pieno di tipe danesi... non pieno, solo tre tipe danesi e certe altre tipe dal culo facile... Genio si era alzato in piedi e ridacchiava, e faceva finta di scopare da solo, là nell'aria, andando avanti ed indietro con il bacino, e facendo la faccia stravolta dallo sforzo, fino al colpo finale, al quale Martin non riuscì più a starsene zitto ad osservarlo, ed ascoltarlo in quel delirio senza senso di domande confuse ed atti osceni.
― Genio, che palle! Ma che cazzo stai dicendo? Mi chiedi che ho fatto e poi mi fai vedere come scopi?
― Eh! Ti piacerebbe, frocio senza speranza. Martin ti giuro, te lo dico chiaro: sei senza speranza.
― Ma che dici? Di che parli?
Martin scoppiò a ridere ancora, e poi ancora, sedendoglisi accanto e cercando di darsi una sistemata ai capelli, incredibilmente impastati di terriccio e rivoli di Autan che iniziavano a seccarsi.
― Martin, se non hai capito di che sto parlando... sei davvero senza speranza.
Con un gesto veloce, Genio con una mano gli afferrò le palle e strinse forte, dandogli con l'altra colpi secchi sulla schiena. Mentre Martin cercava di liberarsi allontanandoselo di dosso, Genio cominciò di nuovo a mimare un'altra scopata, contro di lui, contro il suo fianco. Martin era esausto, e scoraggiato lasciò che portasse a termine l'amplesso furioso, se non altro per noia, visto che gli stava lasciando campo libero senza protestare. Infatti Genio smise quasi subito.
― Genio, davvero. Tu, sei senza speranza. Non puoi continuare a fare il coglione come quando avevamo quattro anni. Insieme all'università... non riusciremmo a dare neanche un esame, Genio. A questo dovremmo pensarci.
Genio trasalì, lasciandogli andare l'inguine, che Martin provò a massaggiare, un po' indolenzito.
Si sistemò la felpa che Genio gli aveva lasciato sottosopra, e si passò la mano sui capelli sempre più sporchi ed arruffati sulla fronte, e che rimasero dritti in alto, induriti come in uno zucchero cristallizzato antizanzara. Tutti i ciuffi erano orientati verso il cielo, ed anche in quella condizione Martin non perdeva la sua solita aria di gran pezzo di figo che è figo con disinvoltura, senza particolare impegno, così per diritto di nascita e superiorità di rango.
― Martin, abbassa la cresta.
Genio gli fece cenno ai capelli sulla fronte, ma ovviamente si riferiva di più al tono deciso e serio che Martin aveva iniziato ad usare, spesso involontariamente superiore a tutto e tutti.
Martin volle alleggerire i toni e procedere lentamente nell'affrontare il discorso che gli pesava come un macigno, e quindi buttò giù la domanda jolly per far perdere l'equilibrio mentale all'amico.
― E tu cosa hai fatto là in giro?
― No niente di particolare, niente che non avremmo potuto fare qui... storie di figa... figa del nord.
― Vai a sud a cercare la figa del nord, Genio, sei un genio. Ma non era di Rieti?
― ...no, stava andando a Rieti... ma fanculo anche Rieti... poche chiacchiere, mister oscuro e perverso... ma più oscuro che perverso... diciamocelo chiaramente Martin... tu non sai cosa sia la perversione... la perdizione... il sesso sfrenato...
Genio cominciava a gridare come un predicatore pazzo.
― ...delle serate in riva al mare, dei falò... dell'alcol a fiumi, delle tipe senza faccia, o con la figa al posto della faccia... e della faccia al posto del culo... che ne sai... che ne sai del paradiso Martin!!!
Genio gli strinse con entrambe le mani la muscolatura di un braccio e cominciò a scuoterglielo con forza.
― Martin... mi sento Iacopone da Todi nel pieno delle sue masturbazioni religiose!!
― ...sei ancora nel pieno degli ormoni da esami di maturità.
Posseduto da un sacro bisogno di dire coglionate, Genio strinse sotto un suo braccio la testa di Martin e iniziò a passargli velocemente fra i capelli le nocche dell'altra mano stretta in un pugno, come se volesse raderlo, ed a niente valevano i nuovi tentativi di Martin di allontanarlo, perché Genio continuava a gridargli frasi senza senso quasi nelle orecchie.
― ...figlio, figlio... fiiiigliooooo! Amoroso giglio, figlio!!
― Genio, che cazzo centra adesso Iacopone da Todi!
Finalmente Martin era riuscito a liberarsi, con i capelli sempre più in disordine, indolenzito e divertito dalla scena che stava attirando tutta l'attenzione dei presenti, anche di quelli lontani.
Martin respirò profondamente.
― Tu al massimo potresti essere... Fra' Cazzone da Velletri.
― Martin, cazzo!! Ti ho chiesto mille volte di non chiamarmi Fra' Cazzone da Velletri!
Martin rideva battendo le mani, con le lacrime agli occhi come ogni volta che fra loro usciva quel nome inventato molti anni prima. E per gioco.
― Pensa cosa direbbe lui a sentirsi chiamare 'Genio'!
Genio gli sferrò un pugno in pieno petto e Martin continuò a ridere bloccandogli la mano.
― Va bè dai, continua: la tipa di Rieti... Genio, mi fa piacere che vi siate divertiti.
― Vi siate?! Siate chi? Ti riferisci a Valerio?
Martin stava per dire qualcosa, ma non fece in tempo.
― E che cazzo ne so io di Valerio? Appena arrivati al campeggio, ognuno per sé e sesso per tutti... ci siamo rivisti nel pieno delle nostre lucidità dopo una settimana...
― Genio, neanche se vi vedo vi immagino a fare orge e festini per una settimana di seguito...
― Ecco, ha parlato il superdotato di questa verga! Ma che cazzo ne sai! Che ne capisci! Non so neanche dov'eri!
Il tono di voce di Genio era talmente alto che il resto degli amici, da lontano riusciva praticamente a sentire tutto ed a partecipare alla conversazione. Se ne accorsero solo allora che tutti gli altri stavano gridando frasi sconnesse ed offese per Genio, soprattutto le ragazze, sempre risentite dalle sue esibizioni. Gli lanciavano contro qualunque cosa avessero a tiro, tipo un accendino, un portachiavi, un libretto di istruzioni per l'uso di un frullatore ad immersione, che avevano trovato nel vano dello scooter di Genio, rimasto aperto per caso.
Correndo un ragazzo si avvicinò a Genio e Martin, brontolando e guardando il marciapiede con attenzione... perché... il resto va bene... ma le chiavi di casa... potevano sempre tornare utili a fine serata... e continuava a cercarle fra il casino generale.
Genio vide il mazzo di chiavi sul bordo del basolato, e assestandogli un calcio ad effetto, avvertì il proprietario che lo aveva visto volare più in fondo. Il ragazzo gli diede una spinta seccato, e si lanciò alla ricerca verso l'isolato di fronte. Martin li guardava azzuffarsi, spingersi e ricoprirsi di insulti a sfondo sessuale, ma rimase seduto immobile, aspettando che Genio esaurisse quell'ennesima ondata di genialità per tornare a concentrarsi sul nulla di cui stavano discutendo ormai da un po'.
Alla fine Genio tornò accanto a lui.
― ...che stavamo dicendo?

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