Capitolo 40 - I

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Gaeta ruppe il guscio nero in cui Martin lo aveva chiuso lanciando in avanti una mano.
Afferrò Martin per la gola e lo costrinse a voltarsi un po' di lato, verso la parete che avevano di fianco. La presa forte che avvolgeva il collo di Martin fino alla base delle orecchie era decisa, ma non dolorosa se non su quella parte di Martin che non era fatta di carne ed ossa, e Martin che si sentiva il mento nuovamente stretto fra le sue dita, a rinnovargli il ricordo di un bacio che non riusciva a cancellare.
Gaeta, toccandolo in viso, lo stava soltanto tenendo lontano da sé, e come già era accaduto durante il breve dialogo, un po' si divertiva a controllare il suo impeto senza capo e coda.
Martin serrò le mani sul suo avambraccio, e cercò di tirarselo via di dosso. Ma Gaeta stingeva forte e lo fissava da vicino, e Martin aveva chiuso gli occhi perché non poteva guardarlo da così altrettanto vicino senza farsi scoppiare il cuore.
― Lasciami subito, brutto stronzo lasciami subito!!!
Martin gridava dimenandosi, affondando le unghie nel tessuto della manica del suo maglione, mentre Gaeta continuava a tenerlo ben stretto ed a guardarlo, senza avere niente da aggiungere.
― Hai capito o no? Mi senti? Cazzo! Lasciami stare! Stronzo!!
Pur sapendo a cosa stesse spingendo Martin il suo comportamento, Gaeta si trovò impreparato a sopportare l'impeto di dolore di cui era stato causa, e fonte d'innesco. Dopo essersi ripromesso solo poche ore prima di moderare la propria condotta, si ritrovava a stritolare Martin in una presa che gli stava distorcendo i tratti somatici, la voce, la mente, le sensazioni più intime e vive. E se non si fosse dato quella premura, se con Martin non avesse usato il contegno dell'ironia, dove avrebbe potuto condurlo il ciclo di quei fatti, che ormai si erano innescati, e che Gaeta non aveva nessuna intenzione di modificare? Gaeta, con in mano il respiro di Martin, oltre vent'anni più giovane, si chiedeva ancora una volta se ne avesse avuto il diritto. In fondo Martin gli stava chiedendo in tutte le lingue che conosceva di essere lasciato in pace, benché Gaeta fosse certo del fatto che neanche Martin avesse diritto di chiedergli una cosa tanto lontana dalla sua natura.
― E' sicuro di quello che mi chiede? E' da quando sono entrato che vuole litigare. Si tolga subito il pensiero, così poi passiamo a parlare da adulti.
Martin era accecato e furibondo per il trattamento da ragazzino che Gaeta gli stava riservando. Neanche suo padre mai, in tutta la sua vita si era permesso una simile aggressione nei suoi confronti, una così tale voglia di costringerlo ad essere ciò che non avrebbe voluto, ragionevole. Ed aveva tutte le ragioni per essere sconvolto davanti a Gaeta, tutti i motivi della terra per chiedergli di lasciarlo respirare tranquillo ed affrontare in pace i suoi pensieri, ormai tremendi e fuori controllo e che avevano preso possesso di Martin, a prescindere se Gaeta gli serrasse la gola fino a soffocarlo.
― Ti ho detto di lasciarmi!
Gaeta gli sorrise e Martin lo capì dal soffio che lo investì da vicino, e si sentì sul viso la stretta divenire più marcata e la punta delle sue dita affondare maggiormente nelle guance, sfigurandogli il viso e provocandogli una leggera distorsione nella voce, e Martin emise un suono soffiato e gutturale nell'assenza di qualunque altra parola che esprimesse il proprio essere sull'orlo del nuovo limite a cui Gaeta lo aveva spinto. Ma Gaeta lo guardava da vicino, e poteva guardargli dentro anche se Martin continuava a non aprire gli occhi per tenerlo fuori dal suo mondo, e quello che Gaeta poteva vedere era il paesaggio mozzafiato di un espressione confusa e disciolta nel mare di un piacere che Martin stava conoscendo per la prima volta.

 Ma Gaeta lo guardava da vicino, e poteva guardargli dentro anche se Martin continuava a non aprire gli occhi per tenerlo fuori dal suo mondo, e quello che Gaeta poteva vedere era il paesaggio mozzafiato di un espressione confusa e disciolta nel m...

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E quell'immagine Gaeta non avrebbe potuto cancellarla mai più dalla sua mente, e gli diede il segno del fatto che qualunque cosa avesse scelto di fare, sarebbe stata la cosa giusta.
― Ma come si permette a darmi del tu?
― E 'tu'? Come ti sei permesso a girarmi dentro fuori, a strizzarmi il cazzo?
Martin sussultò anche solo sentendosi parlare. Non poteva credere di aver pronunciato quelle parole di fronte a Gaeta, per Gaeta, che in quel momento, di nuovo avrebbe potuto fare di lui qualunque cosa.
― Vuoi davvero sapere come mi sono permesso?
Gaeta iniziava a spazientirsi d'un impazienza compostamente rapace ed accondiscendente, perché Martin non riusciva a calmarsi, e la cosa lo continuava a cogliere impreparato.
― Allora, vuoi sapere come mi sono permesso? Perché tu non me lo hai impedito!!
Martin era rimasto momentaneamente in silenzio perdendo un po' di forza nei movimenti che stava facendo per opporsi a Gaeta.
Gaeta gli si avvicinò maggiormente quasi per parlargli nell'orecchio.
― Mentre io ti vieto di rivolgerti a me come se fossimo amici. Io sono Gaeta, il professor Gaeta. Per te, come per tutti.
― Mi devi delle spiegazioni!!
Martin aveva ignorato l'obbligo di dare del 'lei' a Gaeta, e la sua voce quasi aveva assunto un tono di supplica, continuando a farfugliare le sue proteste.
Gaeta riprese con forza la stretta sul suo viso che era sul punto di lasciare andare, mente Martin ormai non lottava più.
― Di quali spiegazioni stai parlando? Ma quanti anni hai!
Martin a quella frase si sentì crollare il mondo addosso ed a Gaeta parve che la sua voce tremasse come quasi sul punto di piangere, sfinito e logoro, e soprattutto, bisognoso di dormire. Non diceva niente, riuscì solo ad allungare una mano in avanti alla cieca per cercare di colpirlo nuovamente, ma ancora non ci riuscì.
― Ti vuoi calmare o no? Smettila di gridare, porca miseria!
― No che non mi calmo, non posso calmarmi!
― Va bene, allora agitati. Avvisami quando hai finito.
Gaeta lasciò andare la presa, togliendogli la mano dal viso, ma mentre lo faceva si accorse di avere le dita bagnate, perché Martin aveva pianto qualche lacrima e che lui, preso dalla foga di tenerlo stretto in pugno, non era stato in grado di notare. E si accorse anche che su una guancia la pressione delle sue dita aveva lasciato un segno rosso che sembrava allargarsi e pulsare. Gaeta non riuscì ad evitare il cedimento che provò nell'avere le prove dell'errore che forse stava commettendo e quasi subito tornò a passargli le dita sul viso come per massaggiare la parte ammaccata della sua anima distrutta, e poi il dorso della mano e la manica del maglione ad asciugarlo con un tatto delicato che sorprese Martin e quasi gli sembrò un segno di pace.
Martin scostò con un colpo la mano che gli stava accarezzando la guancia ma riuscì solo a farla scivolare più in fondo fra i capelli e Gaeta gli afferrò la nuca, e Martin ebbe la sensazione che le sue dita fossero entrate direttamente nei suoi pensieri, e non poté frenare il gesto involontario di spingere la testa all'indietro e di premersi contro il palmo della sua mano, quasi che finalmente avesse trovato la sua casa. Ed in quel momento riuscì ad aprire gli occhi e si vide col fiato rotto e sospeso nel gesto che Gaeta aveva interrotto di una carezza lunga che avrebbe potuto strarformarsi in qualcos'altro.
A Gaeta sarebbe bastato uno sforzo infinitesimo per tirarselo contro e con un bacio mettere fine ad una storia per farne iniziare un'altra. Aveva di nuovo Martin fra le sue mani, e Martin in un attimo di cedimento gli aveva fatto capire, prima di capirlo lui stesso, che era l'unica cosa che avrebbe voluto in quel momento. Ma Gaeta vedeva ancora troppo dolore nei suoi occhi, e non avrebbe mai consentito che un bacio dato con amore avesse potuto portare sofferenza. E così scelse di ignorare il fremito che Martin gli stava offrendo in regalo, lusingando ogni molecola del suo corpo e della sua natura in quel momento affamata come mai prima, e decise di non cedere alle labbra di Martin che avevano perso la parola in attesa di un bacio che Martin era sicuro che stesse per arrivargli in faccia come un martello sui denti a disintegrare ogni cosa, a mordere tutto e lasciarlo sanguinate come già aveva visto accadere.
Ma Gaeta non avrebbe potuto vivere il ricordo di quel momento come un fosse stato un furto. Solo gli strinse forte la nuca fra le dita, gli si avvicinò, e mentre lo vide perdere la luce dagli occhi, in quel momento gli soffiò sul viso facendolo rabbrividire.
― Mi devi dire cosa vuoi. Tutte e due le cose, non le puoi avere.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora