Genio e Martin erano scesi dall'auto parcheggiata poco distante dal portone di casa. Il suono della chiusura aveva attratto l'attenzione di alcuni ragazzi che si stavano avvicinando molto attratti dal vederne il proprietario, visto che era dal giorno prima che la presenza della Maserati buttata in una strada qualunque come fosse stata una normale utilitaria aveva dato nell'occhio. A loro si erano aggiunti due uomini che fino a pochi minuti prima chiacchieravano fuori ad una saletta scommesse.
― ...Martin, ma ci hanno appena detto che abbiamo anche un garage, perché non lo usiamo?
Stavano tornando dall'agenzia dove l'agente immobiliare aveva formalizzato il contratto d'affitto e consegnato tutte le chiavi, fra cui anche quelle del garage.
― Forse è il caso, in effetti.
Si erano fermati per osservarli mentre giravano intorno all'auto, qualcuno ci guardava dentro a mani a conca contro il vetro per studiarne gli interni, mentre un ragazzo si era voltato verso di loro e li fissava con l'evidente intento di attaccare discorso. Incrociando lo sguardo di Martin sorrise e fece cenno d'ok con una mano.
― Fuori di testa!!
Martin rispose al grido sminuendo la cosa.
― Qui non si era mai vista una cosa simile!!
Ed ormai era fatta, il ragazzo si avvicinò velocemente, e non era più possibile non dare seguito alla discussione sull'auto e sulle sue caratteristiche.
― ...comunque io sono Luca, lavoro qua di fronte.
Genio seguì il suo gesto fino a sbattere il naso sull'insegna della pizzeria.
― Martin, quest'uomo mi piace. Penso che potrebbe nascere una grande amicizia fra di noi... io sono Genio, e lui...
― ...scusa, ti spiace se mi presento da solo?
Il ragazzo appena arrivato li guardò scambiarsi due colpi veloci, poi fisso gli occhi su Martin, intuendo che fra i due fosse quello ricco.
― Piacere, mi chiamo Martin, abitiamo qui.
― Non è sfuggito a nessuno... che abitiate lì, intendo dire.
Martin infilò le mani in tasca e si dondolò sollevandosi varie volte un po' sulle punte, in evidente imbarazzo su cos'altro aggiungere e notando l'insistenza con cui Luca lo squadrava da capo a piedi.
― Non siete di qua.
― No, siamo qui per studiare, siamo arrivati ieri.
― Ah, la casa di Lillino, immagino.
― Sì, conosci Lillino?
― Fino a poco tempo fa ci viveva lui, è proprio sua.. sì, lo conosco, bei tempi quelli... che feste...
Questo dettaglio, Martin, non lo aveva capito. Pensava che l'appartamento venisse dalle varie soluzioni d'agenzia, non che fosse di proprietà del titolare, e la cosa lo aveva un po' sorpreso. Da come ne parlava Luca sembrava che Lillino gli avesse affittato un pied-à-terre, una garçonnièrre... Martin sorrise all'idea.
― Scusa Martin, ma che cazzo te ne importa di chi sia la casa, sempre pronto a fare il tritapalle!
Lo sguardo di Luca passò su Genio, con la stessa clemenza ed indulgenza con cui si era soffermato su Martin, tanto che Genio gli fece quasi un cenno con la testa a chiedergli che stesse guardando.
― Ragazzi, vi saluto, il proprietario si è affacciato a cercarmi... ci vediamo allora, venite quando volete, una pizza speciale vi aspetta di sicuro!!
Luca sparì correndo nel negozio, mentre Genio lo guardava combattuto fra la sua aria invadente e la bella promessa con cui si era dileguato.
― Dai, saliamo, ho un po' di fretta, più tardi arriva Ludovica, vorrei preparare qualcosa di buono... poi non so, non mi ricordo, mi ha detto che dobbiamo fare qualcosa...
― Eh, ha parlato il Carlo Cracco dei quattro salti in padella.
Martin lo spinse verso il portone cercando già le chiavi, quando vide che qualcun altro lo aveva già aperto prima di loro. Il signor Marchesi reggeva con una mano uno zainetto per i libri, con l'altra spingeva l'anta per far entrare il figlio. Dietro di loro Genio, seguito da Martin che gli si era poggiato sulla schiena per guidarlo in avanti.
Si ritrovarono nella portineria semioscura, mentre Marchesi ritirava la posta ed i due ragazzi venivano passati allo scanner ottico dal bambino, vestito con un grembiulino celeste sopra una tuta da ginnastica.
― Ciao!! Tu sei quello della Maserati?
Martin si sfilò gli occhiali da sole per un attimo, per guardarlo meglio in faccia, la sua voce lo aveva sorpreso, non era abituato per niente ad avere a che fare con i bambini, i bambini erano una cosa che quasi non conosceva.
― Sì, ciao. E tu chi sei?
― Io sono Filippo del secondo piano.
― Ah, bene, noi siamo al sesto, un po' più in alto.
Filippo sorrise.
― Sì, lo so dove abitate.
― Filippo, vai all'ascensore e chiamala, che è tardissimo. Salve ragazzi, come va?
Marchesi li guardò di sfuggita, per tornare con gli occhi su di loro quando i ragazzi lo oltrepassarono, e poi su Martin e poi su Genio e poi di nuovo Martin che si rinfilava gli occhiali, e ne fissava il braccio a mezza manica e la muscolatura abbronzata mentre si dirigevano tutti verso lo sportello di metallo per attendere.
Filippo sorrise di nuovo a Martin e Martin gli tirò per scherzo una ciocca di capelli.
― Hai una bella macchina, io ce l'ho fra le macchinine.
― Bè, se papà vuole, qualche volta ti faccio fare un giro.
Genio lo guardò di sottecchi, molto sorpreso dalla proposta ed abbastanza perplesso dalla sua disponibilità a socializzare con un bambino.
― Papà! Hai sentito!
― Sì, sì. Scusatelo... non dovete dargli retta...
― Perché, per me non c'è problema, un giretto attorno all'isolato, che male c'è?
Marchesi accarezzò la testa del figlio che lo guardava speranzoso, per poi scrutare Martin, e poi Genio, e poi notare come Martin si mordesse leggermente il labbro in attesa che l'ascensore arrivasse.
― Signor Marchesi, mi scusi non ci siamo presentati, io sono Martin, ci siamo visti ieri sera...
― Sì, sì, ricordo.
Marchesi strinse la mano a Martin mentre entravano tutti e quattro in ascensore e le braccia si incrociarono in uno strano movimento ad X. Lo spazio ristretto li portò a guardarsi da vicino per pochi attimi, con Filippo era nel mezzo che li osservava tutti dal basso. L'ascensore partì.
Silenzio.
― Ma è vero che voi due siete fidanzati?
Genio ebbe un colpo che lo fece tossire e piegare in avanti, il signor Marchesi tirò uno scapaccione al figlio, mentre Martin sistemandosi gli occhiali, sorrise a Genio poggiandosi sulla sua spalla con il gomito.
― Madonna! No.
L'esclamazione di Genio aveva fatto ridere Martin, che lo fissava mostrandogli tutti i denti, molto divertito.
― Filippo!! Ma come ti viene in mente!
― E perché? Che cosa ho detto? Ieri l'hai detto tu alla mamma!
L'aria nell'ascensore si era consumata di colpo, era stata bruciata via dalle parole del bambino e dal rossore di Marchesi colto allo scoperto. Il fatto che si fossero appena sollevati da terra dava a tutti la certezza che il viaggi in un metro quadrato sarebbe durato ancora moltissimo.
― Ragazzi, mi dispiace, chissà che avrà sentito dire...
Marchesi non aveva il coraggio di alzare lo sguardo su di loro, mentre fissava la superficie metallica dell'interno, giusto un poco al lato dai loro visi.
Martin ne era sempre più divertito, l'equivoco di essere l'amante di Genio era tanto geniale quanto non congeniale alle aspettative dell'amico, che si sentì pugnalato nella sua più profonda natura. Infatti Martin, per rinforzare la dose d'avanti a Marchesi ed al figlio gli passò un braccio intorno al collo quasi per strozzarlo. Marchesi, se pur mortificato, non gradì il gesto d'avanti agli occhi del figlio che messo in mezzo a tutti loro li guardava senza capire cosa avesse detto di così fuori posto.
― No Filippo, non siamo fidanzati. Io e lui, che si chiama Genio, ed io sono Martin, siamo a Lecce per studiare, solo questo.
Marti sorrideva ad un millimetro dalla faccia di Genio, e Marchesi sembrava un po' più rilassato.
― La mia ragazza si chiama Ludovica, ed ha i capelli lunghi e biondi. La sua...
Martin fissava Genio da vicinissimo.
― La sua... ha molti nomi.
Marchesi sorrise lievemente, ma continuò a osservarli se non altro perché erano tutti e quattro quasi uno sull'altro. Anche Filippo sorrise scuotendo la testa e fissando di colpo il padre.
― ...ma io lo sapevo che non potevate essere fidanzati...
Marchesi tornò di nuovo ad illividirsi di botto, ma non fece in tempo ad intervenire in nessun modo perché Martin aveva già chiesto il perché.
Il bambino indicò Genio con un dito e prese il fiato, mentre l'ascensore dava i primi cenni di rallentamento.
― Perché lui non ha le tette.
Martin scoppiò a ridere sonoramente piegandosi in due su Genio, Marchesi diede uno scapaccione più forte al figlio mentre la porta si apriva. Lo spinse sul pianerottolo in evidente stato di imbarazzo, mentre Genio si era pietrificato, sotto il peso di Martin che o schiacciava contro la parete ridendogli addosso.
Le porte si richiusero sulla voce di Marchesi che gridava, mentre Martin premeva il pulsante numero sei in preda alle convulsioni.
― Cazzo Martin! Perché dovrei essere io dei due ad avere le tette!
― Non saprei, magari ti donano!
Genio non riusciva a riprendersi dal commento, e solo si scostava dal petto le mani di Martin che fingeva di palpeggiarlo per bene.
― Sai che ti dico, che se solo avessi le tette... me le terrei per me, brutto stronzo succhiacazzi che non sei altro!!
Genio iniziò a prendere Martin a ginocchiate sulle palle e l'ascensore rischiò di fermarsi per guasto ai loro scossoni ed urti contro le pareti.
― Ecco che figura fai ad andare in giro con gli occhi a cuore! Sei stato preso per un frocio succhiacazzi... ed io con te... Martin, cazzo, ma la vuoi finire di molestarmi!!!
L'ascensore si fermò al sesto piano e quando gli sportelli si riaprirono, Ludovica li trovò avvinghiati a stritolarsi a vicenda senza alcun ritegno, se un qualche ritegno fosse necessario a stare in due in un metro quadrato a fare i cretini l'un l'altro.
Martin la vide comparire oltre i capelli di Genio in una espressione interdetta.
― Avevo capito che c'eravate voi due là dentro, sembrava stesse salendo tutto il carnevale di Rio.
― Ludo...
Martin si ricompose per quanto gli fu possibile, ed uscì, seguito da Genio, che non si disturbò neanche a risistemarsi i vestiti.
― Ciao Ludo... non sai cosa ci è appena successo!
― Guarda, non sono tante le cose che possono succedere a salire in due in ascensore.
La battuta di Ludovica, volutamente allusiva alla loro scompigliata situazione, fece ancora più ridere Martin e di più andare su tutte le furie Genio.
― Infatti. Un ragazzino ci ha presi per una coppia ed ha fatto arrossire il padre a cui lo aveva sentito dire ieri sera!
― E certo che siete una coppia, una coppia di fatto!!
― ...ma tu senti questa... ma dove cazzo sono le chiavi di casa dico io! Basta, adesso basta! Vi lascio ridere sulle vostre cagate, io ho altro da fare!
Aperta la porta, Genio sparì in cucina a cercare consolazione, ma in effetti, se la stava ridendo anche lui.
― Vai vai, ci vediamo di là, tesoro!
― Martin!! Ma vi volete dare una mossa. Fra un'ora c'è la lezione di Frisenda!
Martin abbracciò Ludovica che gli tolse gli occhiali, mentre Genio ancora parlottava.
― Io vado... ma quando vieni... vedrai come ti concio...
Genio rispondeva da lontano.
Ludovica gli diede un bacio appassionato e Martin fu felice di averla fra le braccia, così profumata e leggera.
― ...ti faccio un culo che non ti siederai per un mese...
Martin scoppiò di nuovo a ridere sulle labbra di Ludovica, entrando in casa dopo averla un poco sollevata da terra e chiudendo la porta alle loro spalle.
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Tre maggiore di due
RomanceRomanzo New Adult LGBT Intreccio di storie di tre ragazzi che nei primi anni universitari scoprono sulla propria pelle cosa voglia dire crescere, misurare i propri desideri, conoscere i propri limiti, superarli e pagarne il prezzo. Il racconto parte...