Capitolo 28 - III

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Poi tornò alla cattedra, che più che una cattedra era un lungo tavolo, molto lungo che tagliava l'aula da un lato all'altro. Il bidello entrò per consegnargli quello che Gaeta aveva lasciato al piano di sotto, una borsa e qualche libro. E poi uscì, non prima di guardare con sguardo dolente, gli studenti senza fiato nuovamente stipati gli uni sugli altri.
― Mi fa davvero piacere che quest'anno siate così numerosi, spero sia un segno del vostro interesse per la letteratura... e non una necessità di sostenere il mio esame... che prima o poi... deve essere affrontato.
Accennò un sorriso, abbastanza contenuto, ma che sorprese un po' tutti.
Il suo sguardo passò sulle loro teste, si soffermò su qualcuno in particolare, ma senza una logica precisa.
Dal lato dove erano seduti Ludovica e Martin neanche si voltò. Dopo una certa pausa, difficile da quantificare, durante la quale aveva rivolto le spalle ai presenti, si voltò nuovamente verso di loro. Ogni volta che tornava a guardarli tutti i brusii si interrompevano di colpo, le ragazze sorridevano e si urtavano con i gomiti. Persino Ludovica diede un colpetto alla ragazza seduta una fila avanti. Tutte bisbigliavano commenti sul suo aspetto, sul suo modo fare così distaccato ma incredibilmente sexy. Lentamente, le imprecazioni iniziali, stavano lasciando il posto a commenti di altro tipo: ormai l'anno era iniziato, bisognava farselo piacere.
Gaeta si puntellò quasi seduto sulla cattedra e si tenne ai bordi del tavolo accavallando le caviglie. Nel farlo però il materiale di cui erano fatti gli stivaletti nero lucido che indossava fecero uno stridore che portò tutti i presenti ad osservarli. Come sincronizzati da un coreografo invisibile, tutti gli studenti in quel momento guardarono il pavimento ai piedi della cattedra.
― Psssss... psssss...
― ...che c'è?....
Alle spalle di Martin qualcuno parlottava sottovoce, bisbigliano frasi sibilanti  ed abbassandosi un poco sul sedile.
― Porca puttana, che pezzo di figo... e chi se lo ricordava così?...
― No, no, io me lo ricordavo benissimo!
Ludovica rise coprendosi le labbra con una mano e continuando ad osservare intensamente Gaeta come tutti stavano facendo.
― Che soggetto... ti ispira la scopata anche solo a sentirlo parlare!!
― Perché non alzi la mano e glielo dici...
― Eh, se solo servisse, anche subito.
A Martin sembrò che Ludovica stesse arrossendo e che si stesse volutamente lasciando scivolare sulla poltroncina. Ancora risate, al che Martin cercò di girarsi un po' per identificare le ragazze che continuavano indisturbate il loro discorso su Gaeta del tutto incuranti del suo ragionamento introduttivo a cui cercava di appassionare i presenti. Solo in quel momento Martin si accorse che quasi tutti gli studenti in aula erano donne. Fuori lui, il tizio scalmanato che già si era esibito nell'altra aula e che ora era capitato in piedi in ultima fila e giusto qualcun altro, i ragazzi erano pochissimi e radunati in gruppetti sparuti.
Una ragazza di sporse in avanti poggiandosi alla spalliera di Ludovica e la chiamò lievemente.
― Ma lo sai che l'anno scorso la Soldani... te la ricordi la Soldani?
― Sì, e che ha fatto con Gaeta?
― Che avrebbe voluto fare, vorrai dire. No niente... l'ha incrociato in strada, in auto, e lo ha quasi investito per il piacere di soccorrerlo, ma lui si è incrinato due costole e poi l'ha fottuta all'esame?
― Davvero? Ma è un vero stronzo!
― Sì, ma lei non aveva studiato un cazzo, però.
Risate soffocate.
― E che storia è, allora?
― No, niente, che la Soldani era una vera troia, forse si è ritirata.
Ludovica ormai rideva ed abbassava il viso, un poco intimorita che Gaeta la riprendesse, tatuandole sulla carne viva il segno dell'eresia. Martin se ne accorse e con una mano le strinse la punta del ginocchio per cercare di farla stare più composta ed in silenzio.
― Dai, rilassati Ludo... smettila di ridere...
Mentre lo diceva, cercava ancora di capire in che situazione si fosse infilato, da solo in mezzo a un branco di squali che avrebbe sventrato Gaeta in pochi istanti, ed in cui era inclusa anche Ludovica. Sentire i commenti di ragazze confusamente arrapate per un docente, non lo faceva concentrare per capire che tipo di persona avesse di fronte, e sovrappensiero osservando Ludovica ridere ed arrossire, aveva tirato sulle labbra il suo ciondolo scarlatto e con la lingua se lo ripassava da una parte all'altra della bocca. La catenina era tirata contro la pelle delle guance, e gli dava un aspetto come se un lunghissimo taglio gli squarciasse il viso da un orecchio all'altro.
E mentre giocava con il ciondolo fra i denti, perso fra sé e sé ed i suoi pensieri, ebbe la sensazione che Gaeta, guardandolo in un lampo di nero d'occhi che durò un brevissimo istante, si fosse accorto della sua distrazione, e che per un attimo avesse rallentato il tono del discorso per riprenderlo e riportarlo in aula. Ma invece Gaeta tornò a parlare fluentemente, rivolgendosi a tutti con la sua solita cordialità sul filo del canzonatorio.
Martin continuò a vagare per i suoi pensieri ascoltando da lontano la voce altalenante di Gaeta, che si capiva bene non avesse alcuna intenzione di parlare di nulla in particolare, ma solo di dare una prima occhiata all'immenso numero di studenti di quell'anno.
Fino a quando ad un certo punto il contenuto del discorso cambiò di colpo.


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