Capitolo 54 - V

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Gaeta andò nella stanza accanto e Martin rimase solo nell'ingresso. Vide come Gaeta gettasse sul letto alla rinfusa quello che poteva essergli utile. Gli si avvicinò incuriosito e Gaeta sorrise mostrandogli il suo armadio.
― E' tutto tuo, divertiti.
Gaeta uscì dalla sua camera da letto dopo avergli stretto fra le dita una guancia, ed il gesto fece arrossire Martin come fosse stata la carezza più azzardata che avesse potuto ricevere, e capì anche che la sua reazione era dovuta innegabilmente al fatto che in quel momento la mente stava tornado lucida.
Ma, una volta solo, osservando gli abiti gettati sul letto, Martin non riuscì a toccare niente, a prendere niente fra le mani o solo lontanamente pensare di indossarli. Riconosceva indumenti che ricordava chiaramente di aver visto su Gaeta a lezione, e già questo glieli rendeva vietati. Si accorse quasi improvvisamente di essere rimasto ancora solo, nella stanza di Gaeta, circondato dalle sue cose, dal suo odore, dai suoi libri sparsi ovunque e da oggetti di ogni tipo che gli raccontavano aspetti nuovi della sua personalità depositati sopra la cassettiera, sull'unico comodino, sulla scrivania, ed in ogni direzione. Si sentiva circondato ed affascinato da un mondo che non aveva pensato esistere, come se fosse entrato in una palla di vetro nel momento in cui tutta la neve, dopo avergli vorticato nella mente, finiva col poggiarsi sulle superfici che aveva intorno, rivestendo tutto dell'essenza di Gaeta che in quel momento non c'era, ma che comunque c'era spalmato su ogni cosa. Scaldato da quella visione folgorante, Martin aveva smesso di avere freddo, era tornato lucido e sveglio, totalmente in balia di un luogo che non conosceva ma che conteneva come in una bolla tutte le sfumature mentali e fisiche di un Gaeta che ormai non gli era più accanto e che sentiva armeggiare in cucina, e che presto sarebbe tornato e sarebbe nuovamente stato completamente assorbito dalla sua presenza.
Ma Martin sentiva anche che la sua lontananza, aveva rotto un'intimità che era andata crescendo fra loro fin dal Camelot, e che si era alimentata attraverso un contatto che Martin aveva la sensazione si fosse interrotto, ed ogni suono di piatti e bicchieri che gli arrivava da lontano era come un dettaglio di quella vita vera che quella notte con Gaeta si era come lasciato alle spalle. E mentre continuava a pensare e ripensare al fatto di non sapere come comportarsi, Gaeta ritornò in camera e lo trovò come lo aveva lasciato, in piedi ai piedi del letto, ad osservare la porta del bagno.
― Tempo scaduto. Adesso si mangia.
Riavvicinandosi a Martin, notando che aveva scelto di non usare i suoi vestiti, Gaeta ne coglieva dentro la frattura che si era creata, e ne fu soddisfatto al punto da scegliere di metterlo nelle condizioni di guardare senza paraocchi la situazione che stavano vivendo. Poggiò un piatto sulla scrivania e sistemò una poltroncina come a fargli capire che avrebbe dovuto sedersi lì. Martin si accasciò subito e sentì un brivido di emozione quando vide che, anche a casa, anche nella sua camera da letto, Gaeta poteva sedersi su un tavolo e dondolare leggermente all'infuori, sorridendo e non staccandogli gli occhi di dosso.
Martin vide i panini caldi al formaggio, leggermente bruciacchiati come lui adorava, e si chiese come fosse possibile. Come tutto fosse possibile e che stesse realmente succedendo era la domanda che continuava a farsi ormai a mente lucida. Ne prese uno con entrambe le mani ed andò per morderlo, ma Gaeta quasi glielo impedì con un bacio, arrivando sulle sue labbra insieme al pane caldo ed assaggiando quanto Martin potesse sapere di formaggio. E Martin non aveva il coraggio di alzare gli occhi su di lui, che lo sovrastava in altezza, mentre si teneva alla spalliera della poltrona e lo fissava mangiare e quasi avrebbe voluto masticare al suo posto.
Martin mangiava piano, perché aveva paura di finire e di trovarsi nuovamente in balia del non sapere cosa sarebbe ancora successo quella notte.
― ...tu non mangi?
― No.
Fine del discorso, Martin non riusciva a sostenerne uno, anche perché Gaeta lo troncava senza possibilità alcuna. Finché alla fine il cibo finì, e Martin rimase seduto a guardarsi intorno, tenendosi con le mani al taglio del cuscino imbottito. Era totalmente paralizzato ed in imbarazzo, schiacciato dalla stanza, e dalla luce che ormai entrava lievemente dalla finestra e tutto sta diventando irrimediabilmente reale, e la sua lucidità si confondeva agli improvvisi svarioni di sonnolenza intensa quanto la certezza che fuori ormai fosse giorno, e che non aveva senso parlare ancora della notte in corso, perché ormai era giorno e tutto, tutto sarebbe stato differente, anche se ancora Martin non aveva idea in che senso. Lo sguardo di Gaeta ancora gli insisteva addosso, come se tutti i suoi pensieri fossero basati sul niente assoluto.
― Allora?
― ...allora cosa?
― Come stai?
Martin non rispose, era stanco.
― E' stata una serata complicata.
― Non so... non so come sono solitamente le sere con te.
― Forse è meglio.
Gaeta sorrise e Martin capì che davvero attendeva una risposta.
― Non so, te l'ho detto.
Il sorriso di Gaeta lo smontava dal di dentro.
― Grazie.
― Di cosa?
― ..di niente, dei panini al formaggio... sono i miei preferiti.
― Lo so.
― Come fai saperlo?
― E' un segreto.
Martin sorrise al tono serio con cui Gaeta diceva sciocchezze per farlo sentire a suo agio.
― Martin, stiamo parlando a vuoto. Lo sai, no?
Beccato in pieno, Gaeta si era accorto della sua difficoltà, e decise di troncare il discorso afferrandolo per la felpa sulle spalle e lo sollevò in piedi quasi di peso innanzi a sé. Il gesto irruento aveva disordinato Martin fuori e dentro l'anima. Gaeta lo chiuse fra le sue ginocchia per l'ennesima volta risistemandogli i vestiti ed i capelli ed affrontò la sua solita impossibilità a sollevare lo sguardo su di lui. Con un balzo il gatto rosso che non aveva smesso di osservare ogni loro movimento, era atterrato silenziosamente sulla scrivania ed iniziava a farsi le unghie sulle cosce di Gaeta pur di attirare a sé la sua attenzione. Con i mezzi a sua disposizione, si intrometteva fra di loro a definire il ruolo di tutti. Gaeta se lo staccò delicatamente di dosso.
― E' un compagno geloso.
Martin sorrise. Gaeta gli baciò via il sorriso in un attimo, e Martin divenne immediatamente serio, come sentendo già la gravità di una parola imminente, che barcollava dentro Gaeta, ma ancora stentava ad arrivare, perché Gaeta continuava ad indugiare, gustandosi la presenza di Martin come fosse stata una cosa rara.
― Hai paura dei gatti?

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora