Capitolo 52 - III

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Sprofondando ciecamente nell'immenso universo di Gaeta, che lo abbracciava alle spalle massaggiandogli il cuore, all'apice di un'emozione troppo intensa, Martin ne sentiva la superiorità, la sua età che lo prevaricava e lo sconvolgeva e lo conquistava totalmente, e la cosa lo rendeva felice.
Finché Gaeta con la mano che aveva sul suo collo non gli afferrò il viso per tutta la sua estensione e non lo guidò verso il suo, sporgendosi un po' in avanti e spostando Martin di lato. Se lo avvicinò a pochi millimetri senza dire niente, e Martin non aveva bisogno che gli chiedesse di guardarlo, già sapeva che era quello che avrebbe voluto Gaeta, perché sarebbe stata la stessa cosa che avrebbe chiesto lui in altre occasioni, ma Martin non riusciva a guardarlo negli occhi da così vicino.
― Martin, guardami. Voglio che tu mi guardi in questo momento.
― Perché mi chiedi una cosa che sai che non so fare?
Martin era profondamente in difficoltà e non potendosi voltare da nessun altro lato solo poteva tentare di chiudere gli occhi, ma Gaeta glielo impediva quasi facendoglieli sbarrare con una carezza più intensa.
― Perché adesso devo baciarti. E ti voglio guardare dentro mentre lo faccio.
Quella frase che Martin conosceva benissimo gli fece inchiodare gli occhi nei suoi, e non poteva credere alle sue orecchie, un nuovo colpo al cuore lo assalì ed anche Gaeta lo sentì emozionarsi di un'eccitazione che sempre di più gli stava togliendo il fiato.
Ed il fiato lo perse veramente quando il bacio lo investì in pieno, quel tipo di bacio che aveva già provato, che lo aveva lasciato senza forze e che aveva segnato da quel momento tutto il resto della sua esistenza. Gaeta gli sfiorava le labbra con le sue, e quasi controllava usando i denti quanto le labbra di Martin fossero carnose e morbide, e con la lingua si apriva lo spazio necessario per entrare ed accarezzarlo anche da dentro, contro il palato in un modo che Martin non riusciva a sostenere più di pochi secondi, e cercava infatti di sottrarsi a quelle carezze prolungate. E la mano libera di Gaeta gli seguiva il profilo del collo ed andava a stringere la presa sotto la sua nuca per premerselo contro un po' di più, e Martin sentiva brividi d'ovunque.
― Cristo, Martin...
Gaeta non sapeva aggiungere altro e tardò molto a completare quella frase, pronunciata dentro la bocca di Martin al punto da provocarne l'eco sui denti.
― ...sei la cosa più bella che potessi ricevere in regalo.
― Io non sono una cosa.
Il sorriso di Gaeta gli accarezzò le guance, il verde degli occhi, l'anima.
― E invece si. Sei una cosa mia.
Martin voleva protestare, ma Gaeta sapeva come fargli perdere il senso della frase che stava cercando di formare e continuava a baciarlo sul collo ed a morderlo ovunque e Martin capiva come per Gaeta baci e morsi fossero due momenti diversi di un unico gesto, e gli piegava la testa in un modo che faceva impazzire Martin, in una maniera che lo aveva fatto sognare per giorni, e notti insonni, e Martin si era totalmente messo nelle mani di Gaeta e non aveva più nessuna possibilità di sottrarsi alla sua fame che finalmente sentiva essergli arrivata addosso. L'emozione di sapere di essere il cibo di Gaeta scuoteva il cuore di Martin quanto i suoi baci taglienti.
― Martin ho bisogno che tu faccia una cosa per me.
A quelle parole Martin tremò d'ansia e Gaeta se ne accorse e rise e lo strinse più forte a sé e strinse la sua presa su un suo fianco ed affondò dentro di lui un altro bacio totale.
― Ma come devo dirti che non devi avere paura di me?
― Non, non hai fatto molto per convincermi.
― Ma che dici Martin, cosa dici.
Lo azzittì baciandolo di nuovo e così profondamente ancora che Martin non capiva come fosse possibile rimanerne ogni volta sconvolto fino all'ultima molecola.
― Voglio chiederti una cosa, che voglio tu faccia adesso per me.
Martin si staccò da lui e rimase a guardarlo in attesa che una sua ennesima follia lo fulminasse senza via di scampo. I suoi occhi erano verdissimi e la sua voce avrebbe voluto chiedergli di cosa si trattasse, ma rimase solo a guardarlo in silenzio, sopraffatto da tutto.
― Voglio che tu muoia, per me.
Martin ancora fu scosso da un terremoto tutto suo del non esser certo se Gaeta volesse davvero accoltellarlo in piena notte sulla spiaggia, e lo fissò intensamente e vide che non scherzava, ma che sorrideva scuotendo la testa, accarezzandogli il torace, baciandogli il collo, ed arrivando a massaggiargli l'addome tremate ed intanto lo fissava negli occhi in attesa, e Martin non capiva e Gaeta era incredulo ed accecato dalla bellezza della sua paura, che non gli lasciava capire l'ovvietà della sua richiesta. Così fermò la sua mano su di lui e Martin la sentì calda premergli l'addome. Tutto il suo corpo capì il gesto, e la sua attesa, e la fatica con cui Gaeta si stava trattenendo dallo scendere più in basso, mentre gli sorrideva sicuro che prima o poi Martin avrebbe capito che Gaeta gli stava chiedendo il permesso.
All'improvviso Martin sussultò sgranando gli occhi e Gaeta scoppiò a ridere mordendolo di baci.
― ...io...
― Ho bisogno di questo Martin.
Ed intanto premeva di più la sua mano calda su di lui, e Martin stringeva gli occhi e lo guardava e sentiva che anche il suo corpo glielo stava chiedendo ed insieme capiva come la sua indecisione stesse regalando a Gaeta una perla imprevista.
― Cosa... cosa vuoi che faccia...
― Niente. Solo farmi sentire che mi stai sentendo.
― ...ma...
Come avrebbe mai potuto Martin spiegare che Gaeta stesse centrando uno alla volta tutte le sue debolezze, ma allo specchio, perché Martin conosceva il bisogno disperato di ritrovarsi vivo riflesso nella follia del piacere dato a qualcun altro. Come era possibile che Gaeta chiedesse a Martin esattamente ciò che Martin sempre aveva chiesto e che mai era riuscito ad ottenere?
― Voglio farti impazzire Martin come neanche immagini...
Ma Gaeta era ancora in attesa ed anche tutto il corpo di Martin stava solo aspettando che Gaeta esagerasse e che continuasse e...
― ...fino a farti morire di piacere, fino a farti gridare. E devi morire qui, insieme a me, mentre ti guardo, e mentre me lo racconti.
― ...ma che stai dicendo, come faccio... a raccontarti...
― Ti aiuto io Martin, tu puoi chiedermi tutto, anche di parlare al tuo posto.
Martin tremava come una foglia mentre Gaeta gli continuava a parlare nell'orecchio, e lo supplicava di accontentarlo, con una voce pastosa che Martin non gli aveva mai sentito. Era evidente che Gaeta si stesse confrontando con le vertigini delle proprie necessità più intime, e che lo stesse facendo usando il corpo di Martin e portando Martin sempre più all'estremo grado di sopportazione, ma almeno gli stava chiedendo il permesso.
Ma Martin sapeva anche che le suppliche di Gaeta erano false, lo sentiva dai suoi gesti, raramente coordinati con le sue intenzioni. Martin sapeva che spesso Gaeta si divertiva a confonderlo, facendo una cosa e dicendo l'esatto suo contrario. Così se con le parole ed i baci lo supplicava, con le mani lo stringeva e lo spostava leggermente per mettersi più comodo perché già aveva deciso per lui e solo attendeva che Martin fosse pronto all'emozione che gli avrebbe fatto vivere, e Martin solo poteva trovare la migliore posizione possibile fra le sue braccia ed attendere, ed assaporare il privilegio di essere totalmente in suo potere.
― Voglio farti morire Martin, adesso, fra le mie braccia, fino a farti perdere la ragione.
― ...mi hai già fatto perdere la ragione...
Gaeta sorrise intenerito dal tono fragile e imbarazzato che Martin stava usando.
― Ah sì, hai già perso la ragione? Così presto? Quanta poca ne avevi!
Martin sorrise respirando profondamente, mentre Gaeta continuava ad accarezzargli il petto ed aveva trovato i suoi capezzoli duri, e li circondava con le dita e se li faceva scorrere fra le nocche del dorso della mano, e finiva con assestargli una presa quasi sotto l'ascella che lasciava Martin tramortito e senza fiato.
― Non giocare con me, per favore, non farlo con me.
A Gaeta la sua voce giovane sembrò un cigolio soffiato appena in una supplica in cui Martin si perse rosso di vergogna. E i suoi sorrisi che lo bruciavano da vicino non gli erano di aiuto, ma spingevano Martin ad un piacere e ad un dolore che erano il suo ulteriore passo verso il mondo di emozioni nuove che stava vivendo con Gaeta.
Gaeta scoppiò a ridere forte.
― Ah, non devo giocare con te?
― Ti prego di non farlo.
Gaeta strinse forte Martin con tutte e due le braccia, ed iniziò a dondolare come per fargli passare l'attimo di paura che stava avendo, quasi per volerla assorbire lui dentro di sé e restituirgli solo il piacere che gli stava promettendo di fargli vivere, finche Martin non scoppiò a ridere per il gesto affettuoso e rassicurante del sentirsi cullato e strinto forte, finché Martin non iniziò realmente a rendersi conto di essere fra le braccia di Gaeta, che lo teneva stretto a sé, lontano da ogni cattiveria del mondo, al sicuro come neanche da bambino si era sentito mai. Finché Martin non si accorse, chiuso fra le sue braccia, che non c'era motivo a non lasciarsi andare alla richiesta di Gaeta e finalmente ricevere lui quello che sempre era stato in grado di far vivere agli altri, e fu certo di non svendersi ad un suo capriccio perché il tempo che stava impiegando a dirgli di sì per Gaeta fu troppo lungo, al punto che Gaeta non riuscì a nascondergli quanto stesse tremando d'emozione in attesa che Martin gli permettesse di essere toccato a piene mani.

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