Capitolo 10 - IV

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Martin scoppiò a ridere, battendo con un colpo secco le mani fra di loro, ancora una volta.
― Genio: non stiamo parlando di niente. E' questo il punto fra di noi.
― Giusto, giusto Martin. Allora, tu, là da solo... hai scopato?
Avvilimento.
― Sì Genio, sì.
Genio lo guardò fisso negli occhi.
― Ma bravo, bravo Martin, e come era, tette grosse e culo a pesca?
Martin perse la pazienza e si alzò per andar via.
― A domani Genio, fammi sapere quando si potrà parlare come adulti e non come bambini arrapati e contronatura.
―... perché contronatura...
― Tu conosci molti bambini col cazzo duro a raccontare cagate?
― Bambini col cazzo duro... Martin! Tu stai proprio male, ma come ti vengono in mente certe perversioni! Anzi, sai che ti dico, tu non stai male... stai malissimo! Cercatene uno bravo! Io non posso aiutarti!
Martin tornò a sedersi incredulo e sempre più rassegnato. Ma il punto di stizza con Genio gli durava pochi secondi, perché già stava ridendo e scuotendo la testa. Genio gli toccò i capelli, schifato al contatto appiccicoso.
― Ma come cazzo sei uscito di casa questa sera? Ti sei pettinato con la sborra?
Martin fece per rialzarsi ma Genio lo afferrò forte per un braccio e lo costrinse a risedersi.
― Allora, scherzi a parte, che hai fatto? Cosa ti è successo?
Dopo il loro solito rituale di coglionaggini, che finalmente avevano esaurito fino a perdere il fiato, il tono di Genio era tornato serio, nonostante sicuramente avesse anche bevuto un po' prima che Martin arrivasse in piazza.
― Non so Genio... è che... ho incontrato una ragazza... sono stato a casa sua tutto il tempo... è stato strano...
― Ma... avete scopato?
Martin sbuffò.
― No, no, scusa, scherzavo. Continua, dimmi tutto.
― Genio, sono stato bene. Era bellissima.
― Mutande o perizoma?
Martin ignorò la provocazione e continuò con tono serio.
― Era bellissima, e mi ha accolto a casa sua, mi ha...
― E certo, la crocerossina del sud. 'Sti cazzi che è stato un miracolo! Ma ti sei visto allo specchio, Martin? Quale ragazza ti lascerebbe per strada? Ti dico solo una cosa: che se io fossi donna, ti tromberei subito, seduta stante...
Martin rise, davvero, non era proprio possibile fare un discorso serio con Genio. Non ci riusciva. Si passò la lingua sulle labbra, alzandosi l'orlo della felpa sulla bocca e stringendolo fra i denti. Poi continuò a parlare, da sotto il tessuto.
― Genio, sei sicuro che è una buona idea andare a vivere insieme, per l'università?
― Ma che cazzo dici Martin! Sono anni che aspettiamo di mandare affanculo tutti e di andare a divertirci insieme.
― Genio, io voglio studiare, non andare ad una festa che dura qualche anno.
― E certo che anche io voglio studiare, ma con calma, senza appesantire il fegato insomma.
― Che cazzo significa appesantire il fegato?
― Insomma, hai capito...
― No Genio, forse tu non hai capito. Forse mi sono innamorato, forse non mi interessa più tutto questo casino.
―...
Martin sostenne il silenzio che Genio inspiegabilmente non stava riuscendo a rompere con nessuna battuta. Rimasero un po' senza parlare.
― Innamorato. E di chi?
― Di questa ragazza che ho conosciuto per caso, nel paese dove mi avete lasciato.
Genio lo interruppe.
― A parte il fatto che non siamo stati noi a lasciarti, ma tu ad andare via come un grandissimo stronzo, fammi capire: tu ci lasci, vai via a piedi e ti innamori della prima figa che incontri in un paese in culo al mondo?
― Forse si, se vuoi raccontarla così...
― Ma Martin, il mondo è pieno di troie succhiacazzo, sembra tu non abbia mai visto una figa e due tette!
Genio si era alzato in piedi ed andava avanti ed indietro gesticolando quasi per parlare con se stesso. Con le mani disegnava nell'aria due tette ed insieme le strizzava come se avesse potuto vederle innanzi a sé.
Martin si alzò in piedi anche lui, e fronteggiava i suoi movimenti cercando di guardarlo in faccia, sentiva di avergli sferrato in pieno petto una mazzolata che Genio non si aspettava di ricevere.
― Va bè, forse hai ragione tu, che devo dirti. Comunque, io vado a casa. Ne parliamo domani con calma.
― Come a casa? A quest'ora?
― Si, se riesco vorrei sentirla al telefono.
Genio gli passò un braccio intorno al collo e si avvicinò per parlargli sottovoce all'orecchio, come fossero stati complici di un complotto.
― Martin, Martin ragiona, questo non è il momento di cedere. Siamo ad una svolta, e tu mi dici che vuoi abbandonare la nave??? Dovevamo spostarci in due, iniziare una nuova vita, io e te, non io, te e una Giovanna qualunque!
― Non lo so Genio, ma che vita vuoi iniziare se non vuoi neanche sforzarti di cambiare qualcosa... che so... questo modo di fare che hai per esempio... nei confronti di tutto... non prendi niente sul serio... niente di niente Genio, niente.
― Martin, ma stai parlando sul serio?
― Sì. Io vado a studiare a Lecce, e ci vado per Ludovica.
Martin avrebbe voluto finire quella frase di spiegazione aggiungendo che, oltre che per Ludovica, voleva andare a Lecce per dare un taglio al vuoto di quel tipo di serate. Voleva essere libero di vivere una storia seria, senza essere preso per culo e senza che la sua ragazza fosse eletta dall'amico in ogni momento come la troia succhiacazzi dell'anno.
― Martin, non puoi parlare seriamente... e dirmi queste cose. Io ti stavo aspettando... dovevamo... partire.
― Genio, io vado a Lecce. Tutto qui.
Martin sorrise più a sé stesso che a Genio, e respirò forte. Lasciò che la stoffa della felpa gli scappasse oltre al mento e tornasse ad aderirgli al petto. Si alzò in piedi e fece stretching con la schiena, sbadigliando.
― Ti saluto Genio, a domani.
Martin si avviò con la sua camminata tagliente, le gambe asciutte avvolte nel jeans elasticizzato, i capelli ancora sollevati verso il cielo.
― Martin, non ti ho ancora raccontato cosa ho fatto io!! Gli gridò Genio mentre Martin continuava ad allontanarsi.
Martin alzò una mano salutandolo, ma senza voltarsi verso di lui.
― Dico, sai quanto può essere arrapante una scalinata?! Genio gridava sempre di più, e Martin a quella frase folle si fermò un momento, sempre senza voltarsi, quasi avesse sentito male le sue ultime parole. Genio ebbe l'attimo per l'ultima occasione, per trovare la cosa giusta da dire che avrebbe potuto farlo ritornare indietro.
― Una scalinata, dammi solo il tempo di raccontarti questa cosa, e poi ti giuro che la tua tipa neanche te la ricorderai!!!
Martin riprese a camminare, sparendo definitivamente dietro l'angolo.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora