Il viso di Gaeta sembrava essersi scolpito nel vuoto. Un'espressione che non era un sorriso, ma neanche di meno, gli era rimasta sul volto divertito ed apertamente pronto ad ogni tipo di battuta che sarebbe potuta seguire. Nei suoi occhi passarono le torri, le catene, le grida, le carni dilaniate e prese a morsi e Martin in quell'attimo le vide tutte scorrere sul fondo oscuro di Gaeta, e sperò che quelle carni non fossero le sue. Finchè lo stallo in cui Gaeta era caduto per un attimo, passò velocemente senza che nessuno lo avesse colto nella sua vera natura silenziosa e sospesa, orfana di tutto quello che la sua disinvolta spietata ironia gli avrebbe potuto far dire, e che invece non disse, e che Martin però intravide chiaramente, nella sua personale e lucida confusione del momento.
Gaeta voltò le spalle a tutto e si ritirò in silenzio oltre la cattedra. Alcune studentesse continuarono a ridacchiare sull'onda dell'ilarità che aveva avvolto ogni cosa tranne Martin. Anche Ludovica non rideva più, accorgendosi di colpo che il cognome di Martin era arrivato inaspettato anche per lei. Il lampo di sorpresa aveva lentamente esaurito la sua luce ed il silenzio di Gaeta che ancora voltava la spalle a tutti ritornò ad occupare ogni angolo disponibile dell'aula.
Gaeta era rimasto pensieroso al punto di dimenticarsi di chiedere le stesse cose alla terza studentessa che aveva alzato la mano, e che decisamente ne rimase male e forse improvvisamente si rese anche conto di quanto la situazione si fosse protratta, perchè ormai l'ora a disposizione era quasi del tutto trascorsa, e fra il cambio d'aula, il discorso iniziale e tutto il resto, non era riuscito a parlare di nulla di funzionale alle lezioni.
Tornò con l'attenzione in aula, sottraendosi ai suoi pensieri, e fissò l'orologio.
― Ragazzi! Oggi è andata così. Ma già vi comunico che, visto il vostro numero, dalla prossima volta le lezioni non si terranno nell'aula segnalatavi. Vi chiedo di informarvi in questi giorni in bacheca, perché probabilmente la terremo qui, ma in giorni ancora da fissare.
Martin non aveva più staccato gli occhi da lui, non sapendo che pensare, come interpretare la sua reazione, e se fosse da considerarsi un problema. Oppure no.
Gaeta aveva cominciato a chiudere le sue carte in una cartelletta, rinunciando anche solo ad accennare le sue idee su come organizzare il lavoro dell'anno, per non essere interrotto dallo scadere del tempo a disposizione. Tutti lo avevano capito, e si stavano dunque preparando ad uscire dall'aula un po' prima del previsto. Ludovica si voltò verso Martin e lo accarezzò su una guancia. Martin chiuse gli occhi e le depositò un bacio fra le dita, un bacio che gli aprì il cuore facendogli tornare l'ossigeno nel sangue. Sentì il suo profumo entrargli nei polmoni, e da lì nelle ossa e dritto al cervello, e desiderò talmente intensamente di trovarsi in casa con lei, e stringerla forte e fare l'amore proprio in quel momento che, il suo bacio fra le dita fu talmente carico di tutti i suoi pensieri forti, che Ludovica rise solleticata dal respiro caldo e pesante.
Gaeta si voltò verso tutti i presenti.
― Per oggi va bene così. Andate in pace.
Gaeta era davvero insolitamente di buon umore. Li lasciò uscire dall'aula qualche minuto in anticipo. Rimase a guardarli mentre si dissolvevano uscendo dalle due porte totalmente spalancate, seguendo con più attenzione Martin e Ludovica, che procedevano insieme mentre Martin aveva poggiato una sua mano su un fianco della ragazza e camminava dietro li lei a passi corti per conquistare l'uscita.
Una volta del tutto lontani dall'aula, Ludovica si fermò di botto e si voltò verso di lui alzandosi sulla punta dei piedi per guardarlo direttamente negli occhi verdi e morbidi come si fosse appena svegliato da un lungo sonno.
― Cazzo Martin! Che scena da infarto! Mi si è fermato il cuore mentre parlavi con Gaeta!
― Perché?
― Come perché?! Gaeta è rimasto di pietra quando ha sentito il tuo nome!
― Non è colpa mia... se è un uomo sensibile...
Martin rise passandole le braccia intorno alla vita e facendola tornare alla sua altezza solita.
― Io... anche per me Martin, insomma... Che scena! Me la ricorderò finché campo!
― Che palle Ludo! Mi chiamo Della Gherardesca, non sono Ugolino in persona!
― Ma ci pensi che cosa significa per un docente di letteratura italiana... conoscerti a lezione di letteratura italiana??
― Sì Ludovica, è da quando sono nato che so che significa, tu che ne pensi?
― Sei arrabbiato? Guarda che sto scherzando... e più che su di te, su Gaeta! E' così difficile lasciarlo senza parole... averlo visto con quell'espressione sorpresa da finto giovane rincoglionito... indimenticabile, davvero.
― Perché lo chiami così? Pensavo ti piacesse.
― Sì, è vero, solo che non gli farebbe male abbassarsi di mezzo metro e camminate in terra come tutti gli esseri umani.
― ..uhm, ho capito, in effetti...
Ma Martin già era poco interessato ai commenti sulla psicologia di Gaeta, secondo lui già argomento che deviava verso un interesse prettamente femminile e troppo poco legato al concetto di letteratura.
― Secondo me, vista la densità di femmine in calore e bavose ai suoi piedi... quello che ti fa piacere è stato vederlo per un attimo non pienamente padrone delle fila del discorso... o no?
Ludovica un po'arrossì.
― Hai ragione... ma è che è così perfetto, intoccabile, irraggiungibile da qualunque cosa, che vederlo colpito da te... mi ha fatto godere veramente.
Dopo una pausa Ludovica tornò a guardarlo dritto negli occhi, ancora sollevandosi sulle punte dei piedi.
― No scusa tanto... ma che vuoi dire con femmine bavose ed in calore... pensi questo di me?
Marti rise, già cercando le chiavi dell'auto a cui lentamente si stavano avvicinando.
― Allora, piccola femmina bavosa... innanzitutto sappi che io mai, mai, mai potrei essere geloso. Mai. Ne sono certo. E la cosa non ha niente a che vedere con l'intensità dei miei sentimenti. Sono sicuro anche di questo.
Ludovica si fece pensierosa.
― Detto questo.... sì. Penso questo di te, come di tutte le ragazze presenti prima in aula. Chiunque di voi lo avrebbe spogliato a morsi. Era chiaro come il sole.
Ludovica fece una faccia decisamente sdegnata, perché mai si sarebbe aspettata da Martin quel grado di sincerità. Gli diede un bel ceffone un po' arrossendo, un po' tentando di negare spudoratamente mentre Martin la spingeva via ridendo e prendendola in giro.
― Ludo, era chiaro come il sole, non solo a me, ma anche a lui. Lui sa che se volesse... potrebbe avervi tutte, in ordine sparso.
― Brutto porco malato!! Tu e lui. Gli uomini, tutti uguali!
Ludovica rideva continuando a tempestarlo di colpi ben assestati sui muscoli delle braccia e sui fianchi.
― Ma che cazzo ne sai di che pensa Gaeta?
― Ma dici seriamente? Seriamente pensi che un uomo come Gaeta non sia perfettamente consapevole del grado di arrapamento a cui può spingere le sue studentesse anche solo guardandole?
Ludovica rimase ammutolita ed intuì che Martin parlasse per esperienza. Martin stesso era un ragazzo davvero particolarmente bello e consapevole della propria bellezza. Certamente in quel momento stava parlando alla luce di una sua vita fatta di sensazioni forti, alla quale qualche volta aveva accennato velocemente ma che poi lei però, nei momenti di intimità quasi non riusciva a credere vera.
― Lo credi veramente, Martin?
― Scusa, perché questa regola dovrebbe valere solo per le donne?
― ...in che senso?
― Non pensi che anche gli uomini sappiano usare le stesse armi? Ci credi davvero così coglioni?
― Ah! Ti stai auto eleggendo super figo di lusso, per caso?
― Ludo... a costo di risultarti antipatico ed arrogante... so benissimo cosa pensano di me le ragazze quando passo. Sarei un falso ed ipocrita se fingessi di non saperlo... cristo, Ludo, è davvero brutto gettarla così... ma è questa la verità, perché negartela.
― ...Martin! Ma tu non puoi dire questo di te stesso! Forse lo puoi dire di Gaeta! Io lo posso dire parlando di Gaeta, o di te, ma tu di te stesso... non lo accetto, o meglio... boh ! Mi stai confondendo!
Ormai Martin aveva aperto gli sportelli dell'auto e stavano tutti e due entrando dai lati opposti.
― Ah, no? Allora dimmi, se fossi stato un cesso... ti saresti lasciata toccare... dopo solo quindici minuti esserci conosciuti? Mi avresti portato a casa tua? Nel tuo letto senza neanche conoscermi? Sarei qui adesso a parlare di Gaeta?
Ludovica rimase a fissarlo, letteralmente indecisa se sentirsi offesa dalle sue parole.
― Martin! Mi stai facendo sentire una troia!
― Ma che dici! Dico solo: fanculo alla modestia. E' dal momento in cui sono entrato nel tuo bar che hai pensato di portarmi a letto.
Ludovica era interdetta, scoprendo un lato nuovo di Martin che non era sicura le piacesse.
Una volta in auto, Martin troncò il discorso con un bacio intenso che la lasciò senza fiato abbandonata sul sedile accanto a lui. Poi le baciò il collo facendosi spazio spostando con il mento il colletto della maglietta. Ludovica sentiva il profilo affilato dei suoi denti sfiorarle la pelle sotto l'orecchio. Con una mano fra i suoi capelli, Ludovica cercava di seguire i suoi movimenti lenti lungo la linea della spalla ed aveva completamente dimenticato ciò di cui stavano parlando. E Martin sorrise.
―Allora... ho ragione o no?
― Martin, sai essere davvero stronzo quando vuoi.
― Sì, lo so.
Martin le sorrise di nuovo, avviando l'auto verso casa.
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Tre maggiore di due
RomanceRomanzo New Adult LGBT Intreccio di storie di tre ragazzi che nei primi anni universitari scoprono sulla propria pelle cosa voglia dire crescere, misurare i propri desideri, conoscere i propri limiti, superarli e pagarne il prezzo. Il racconto parte...