Capitolo 23 - I

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Non impiegarono molto a sistemare le loro cose nelle stanze e nei bagni, che erano uno per ognuno.
Finalmente fu il tempo di fare una doccia, di mettersi qualcosa di pulito e pensare a come passare la serata.
Martin cercò per casa la lavatrice... per ogni necessità era tutto un esplorare. C'era anche il Wi-Fi in tutte le stanze, ed ovviamente... l'aria condizionata. Sicuramente l'aveva fatta installare Ferrante appositamente, e la cosa fece capire a Martin che benché il padre gli avesse specificato che l'appartamento fosse solo in prova e che se non si fosse trovato bene avrebbe potuto cambiare, già sapeva che per Martin sarebbe stato perfetto. Chissà se anche Lillino aveva avuto questa certezza mentre ripetute volte aveva sottolineato che se non fosse stata di suo gradimento... Lillino... la prima persona che aveva conosciuto in città, che cazzo di soggetto.
Sovrappensiero fra mille mozziconi di ragionamento, Martin aveva finito da un pezzo di prepararsi, anche perché aveva per il momento poche cose a disposizione, essendo le altre in viaggio per Lecce. Quando uscì dalla sua stanza si accorse che Genio era ancora chiuso nella sua.
Bussò giusto un secondo prima di aprire la porta, e non lo trovò intento a prepararsi, ma gettato sul letto, semi nudo, con l'aria condizionata sparata a palla e lo stereo ad altissimo volume. Era la prima volta che Genio aveva l'aria condizionata in camera, ed ancora non riusciva a capacitarsene.
Martin si piantò sulla porta con le braccia contro i fianchi, ma Genio non lo aveva visto. Finché ad occhi socchiusi confuso anche dalla musica forte, non lo notò di colpo, prendendosi uno spavento che prima lo fece arricciare tutto, e poi saltare seduto in un unico spasmo.
― Martin cazzo!! Mi hai fatto prendere un colpo! ...vuoi che muoro?
― Stai ancora in mutande?! Genio, vorrei uscire, muovi il culo e sbrigati! Oppure esco solo!
Il ragazzo saltò in piedi ed iniziò a scavare in un borsone. Martin notò che non aveva disfatto i suoi bagagli, che erano stati ammonticchiati al centro della stanza. Tirò fuori dei jeans ed una maglietta tutta stropicciata, e quando la infilò tentò di stirarsela un poco addosso guardandosi allo specchio.
― Fantastico. E' sempre fantastico assistere alle tue performance, qualunque esse siano.
Genio rise, ed in effetti alla fine fu pronto in pochi minuti.
― Non ero mai stato steso sotto il getto di un'aria condizionata così come in questa stanza: lo sapevi che se centri la posizione giusta ti senti l'aria fin sotto le palle?
― No, non lo sapevo. Più tardi provo.
Archiviato l'argomento microclima, era proprio arrivato il momento d'uscire di casa.
― Allora? Hai qualche programma?
― Vorrei sentire Ludovica...
― Io, neanche la conosco... preferirei non sentirla.
― Magari avviciniamoci al centro... poi vedremo...
― E che vuoi vedere... che mi manderai a fare un giro?
― Ma davvero non sei curioso di conoscerla?
― Sarà simpatica quanto un dito in un occhio.
― Dai, non prendertela così... abbiamo molte cose da dirci. Oggi non è una sera qualunque... sempre se vorrà davvero incontrarmi.
― Sì, come no, hai pure dubbi?
― Sì, Genio, ho dubbi. Ci tengo molto, non sono sicuro di come andrà, non ne sono sicuro affatto.
― Beato te.
Martin gli voltò le spalle, ma in effetti rideva fra sé e sé. Si chiuse la porta dietro, ma Genio la spalancò quasi subito.
― Ma si può sapere che cazzo fai? Non hai visto che ero pronto? Mi hai chiuso la porta in faccia!!
― Ma che ne so, magari dovevi...
Uscirono di casa e si trovarono sul pianerottolo al sesto piano di cui erano gli unici abitanti, e scesero a piedi, anche un po' per esplorare il resto del palazzo. Per portar su i bagagli avevano usato varie volte l'ascensore, scendendo a piedi invece passarono in rassegna tutti i pianerottoli sotto di loro. Ad uno in particolare, Genio si bloccò pensieroso.
― Qui... sento odore di figa...
― Eh... se ne senti l'odore... non è un buon segno...
― Divertente, davvero. Volevo dire... qui figa ci cova...
Martin rise, leggendo i nomi sui campanelli.
― Martin, figliuolo, prendi nota: "Verificare abitanti del terzo piano. Possibili incontri interessanti e scoperecci."...
Martin lo guardò di sbieco.
― ...almeno per me, almeno per me... Tu mi raccomando, incartatelo bene e mettici il fiocco.
Continuarono a scendere, fino a fare le ultime due rampe quasi galoppando. E nello svoltare l'ultimo angolo di una rampa, travolsero un uomo che portava sulle braccia alcune pizze impilate nei cartoni. Le pizze volarono in terra, ed una si aprì, versando una cascata di mozzarella come fosse stata lava fumante.
Martin si scusò, perché in realtà era stato lui a travolgerlo, e si offrì di ricomprargli la cena.
― No guardi, non si preoccupi, vada in grazia di dio.
― Davvero non so come scusarmi. La pizzeria è giusto qua fuori... lei abita qui?
L'uomo aveva decisamente un accento locale.
― Al secondo piano, sì.
L'uomo aveva fretta di andarsene, di tornare alla pizzeria e dimenticare l'incontro. Genio intanto guardava la pizza in terra e si chiedeva come avrebbero pulito quel casino.
― Noi siamo al sesto piano, ci siamo trasferiti oggi.
L'affermazione di Martin attirò l'interesse dell'uomo, che d'un tratto soffermò con più attenzione lo sguardo su di lui.
― Ci siamo appena trasferiti a Lecce, per l'università. Siamo di Firenze, e siamo all'ultimo piano.
L'uomo estese il suo interesse anche su Genio, e rimase per pochi secondi in silenzio.
― Ci sono stati molti lavori all'ultimo piano, nell'ultimo periodo. Io comunque sono Marchesi, e vivo al secondo. ...che scelta strana, da Firenze a Lecce.
Marchesi li scrutò per qualche istante sospettoso, dopo essersi presentato si dileguò lungo le scale, lasciando i due amici avvolti dall'odore della mozzarella calda, con la luce della portineria che si spense giusto in quel momento mentre Genio stava ancora contemplando la pizza caduta a terra.
― Martin... mi è venuta davvero fame... hai detto che c'è una pizzeria giusto qua fuori? Senti che odore... doveva essere buonissima.
Martin lo guardò pensieroso.
― Sei un animale.


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