Capitolo 50- IV

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Martin non riusciva a respirare. Solo si sentiva trapassato da parte a parte dai suoi occhi fissi su di lui per troppo tempo perché potesse trattenere oltre il respiro, ed esplose con un botto di polmoni all'infuori che gli fece male allo sterno, mentre ancora Gaeta lo fissava immobile al centro del palco. Nessuno dei presenti si girò a guardare Martin, troppo attenti a quello che Gaeta avrebbe potuto dire, o fare, da quella posizione di comando.
Nel frattempo Martin vide una ragazza salire sul palco scavalcando un bancone posto affianco. Raggiunto Gaeta, sorridendo e dando le spalle al pubblico, gli aveva stretto forte le mani fra le sue, gli aveva fatto gli auguri baciandolo due volte sul viso e dall'espressione di Gaeta, si capiva che fosse fra gli amici più stretti. Dopo aver scambiato qualche parola reciprocamente detta in un orecchio, la ragazza con un gesto veloce aveva preso qualcosa che era rimasta poggiata su una tastiera dietro Gaeta e gliel'aveva messa in testa. Poi si era abbassata per raccogliere qualcos'altro dalle mani dei ragazzi in prima fila e l'aveva consegnata a lui, che sorrideva incredulo ed ad occhi chiusi. Fatto questo si era allontanata. Gaeta era di nuovo rimasto solo al centro del palco, e Martin non poteva credere ai suoi occhi, tanto che dovette guardare più e più volte per convincersi della scena a cui stava assistendo. Intanto la ragazza, scendendo dal palco da dove era salita, con le mani incitava gli amici a saltare e ridere e fare un applauso di incoraggiamento, e lei stessa rideva e sorrideva a Gaeta che si stava prestando totalmente al teatro in cui sembrava essere stato calato da qualcun'altro. Scuoteva la testa ancora ridendo e guardando gli amici, con un espressione in viso quasi vinta alla loro volontà. Fermo, dritto in piedi sotto i loro occhi in tutta la sua altezza a ricevere gli applausi, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, sorridente, esposto al loro divertimento ed insolitamente sottomesso al volere di tutti i presenti.
Ed ancora di più Martin sommando e sommando ancora i dettagli di quella scena, perdeva il senso della misura di quanto si sentisse agitato e totalmente travolto dall'immagine di Gaeta che continuava a fissarlo, divertito nel leggergli dentro lo stupore per i toni della serata.
Mentre stringeva nel pugno di uno sguardo l'anima di Martin con tutto il resto del suo cuore, Gaeta fermo in piedi sul palco aveva sulla testa una corona scintillante, tempestata di pietre preziose. Con una mano si stringeva intorno al collo i lembi di un mantello rosso, bordato di ermellino, lungo fino a terra. Mentre ancora sorrideva scuotendo la testa, Gaeta riuscì a chiudere i ganci di una catenina ed il mantello si assestò sulle sue spalle cadendogli morbidamente addosso e nascondendo in parte i jeans suoi soliti che anche quella sera indossava. A Martin sembrò che Gaeta fosse uscito da un grottesco film di fantascienza gotico e surreale, o da un quadro ad olio, che avrebbe potuto intitolarsi: Ritratto di sovrano con anfibi.
Martin allungò la mano sulla spalla di Romina che aveva iniziato a saltare e gridare senza sosta e senza pensarci due volte, se la tirò addosso in un gesto che gli fece notare che avrebbe potuto tranquillamente usarla come scudo umano contro le sferzate degli sguardi con cui Gaeta lo stava affettando senza contegno.
― Senti Romina!!
La ragazza si voltò di lato e lo vide, e vide come si era attaccato a lei, alla sua spalla, con tutta la forza di una mano.
― Dimmi, che c'é? Non stai bene?
― No, sì... tutto ok. Ma... che sta succedendo?... perché... Artù... è vestito così?
Martin faticò non poco a chiamare Gaeta in quel modo.
La ragazza andò a sedersi accanto a lui, e Martin le fece subito posto in modo che potesse parlargli nell'orecchio visto il volume della musica, perché Martin voleva sentire bene, capire bene una qualche spiegazione, per dare finalmente più senso a tutta quella follia.
― Oggi è il compleanno del Re!!
― Ho capito... lo so... e allora?
― Gli abbiamo fatto un regalo!
― Una festa a sorpresa?
― Be... sì, ma in effetti quella se l'aspettava. E' difficile sorprenderlo in qualcosa...
Martin non aggiunse altro a quella frase che gli sembrò ovvia come nessun altra, solo attese che lei continuasse.
― Così... gli abbiamo organizzato una festa a sorpresa, sì, ma con corona, mantello e tutto il resto... compreso il palco!
La ragazza lo stringeva a sé, per potergli parlare meglio quasi fin dentro al cervello, mentre Martin guardava dritto innanzi verso Gaeta che intanto si era arretrato per parlare con il tizio che si stava infilando la fascia del basso, e rideva forte, mentre ogni tanto controllava che Martin fosse ancora al suo posto in fondo alla sala.
― In realtà il palco in questo locale c'è sempre stato, solo che non lo usa mai nessuno!
― Ma... Artù canta?!
― No, non sul palco. Mai.
― E allora...
― Lo abbiamo fatto così, visto che lui è sempre al centro della scena, lo abbiamo voluto provocare, e lo abbiamo messo su un palco vero, ed onestamente... a quanto pare, la cosa gli è piaciuta!!
Romina rise indicando innanzi a sé Gaeta che ancora parlava con i ragazzi già pronti a suonare. Mentre Martin tremava all'idea di aver avuto la conferma di dover fronteggiare più tardi Gaeta completamente alterato da una serata che lo aveva portato totalmente fuori di testa.
― ...cioè?...
― Ci siamo organizzati... quelli là su con gli strumenti sono altri amici... prima che tu arrivassi, e prima che lui fuggisse con quella là... hanno suonato e cantato insieme... Non potevamo immaginare che davvero lui stesse al nostro scherzo... al nostro regalo!
― Perché? Poteva non piacergli stare al centro dell'attenzione?
La ragazza lo guardò dritto negli occhi con aria furbetta.
― ...vedo che lo conosci bene...
― Mah, non tanto. Ma è una cosa che capisci subito di lui.
A Martin tremò la voce e fece un colpo di tosse per schiarirsi le idee su cosa altro dire.
― No, non era scontato che accettasse... è che... sai... lui insegna all'università... poteva anche non... volere, insomma. No?
Martin si sentì il locale girargli intorno.
― Ma sia... qui non viene mai nessuno del suo ambiente... siamo troppo in periferia... un po' anche fuori moda forse... Comunque... tutto qui.
Romina rimase un po' con lui, mantenendosi allacciata al suo collo ed attendendo che la musica dal vivo ripartisse ed interrompesse l'altra che da quando Martin era entrato non smetteva di aumentare di volume. Finché Martin non riuscì gentilmente ad allontanarsi da lei, voleva restare solo. Per fortuna fu Romina a scollarglisi di dosso, faceva davvero caldo.
Dopo le chiacchiere a squarciagola nelle orecchie, Martin aveva le idee un po' più chiare di cosa gli stesse succedendo intorno. Ma questo non modificava il fatto di essersi infilato in un casino più grande di lui. Ancora una volta ebbe l'impulso di andarsene e fece nuovamente il pensiero di muoversi verso l'uscita, ma Gaeta da lontano incredibilmente con un taglio di sguardo affilato aveva percepito l'inizio del suo movimento e puntandogli di nuovo il dito contro e poi quasi accartocciando l'aria fra le dita come per scrostargli il viso dal cranio, lo blocco nuovamente al suo posto. Martin si chiedeva come facesse a leggergli dentro, anche da lontano, in mezzo al casino, con poca luce, forse ubriaco, con un microfono come scettro, con la corona della regina Elisabetta sulla testa ed un mantello rosso fiamma fino ai piedi. Anche in quelle condizioni, Gaeta manteneva intatta la sua autorità su tutti i presenti.
E quindi, non poté fare altro che obbedirgli, ed abbandonarsi contro la superficie che aveva alle sue spalle, disposto esattamente fronte a lui, consapevole che ormai tutti i suoi propositi di uscire, scomparire, dileguarsi nella boscaglia fuori dal castello, se mai li avesse avuti, erano andati definitivamente a puttane. L'unica cosa che poteva fare era arrendersi, finire di bere la birra che ancora stringeva in una mano, e farsene portare un'altra.

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