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Nota di Nhurene a fine capitolo.
La versione video è disponibile
su Youtube nell'account Nhurene.
https://www.youtube.com/watch?v=igAD6lujcOM&t=39s
**********************************Quando la musica dal vivo iniziò a propagarsi dalle casse Martin si rese realmente conto di quanto fosse vicino ad una. Praticamente gli si era steso contro a peso morto, con la schiena quasi sprofondata dentro come fosse stato lo schienale di una poltrona accogliente. La musica ad altissimo volume lo trapassava da parte a parte dal profondo prima di raggiungere gli altri intorno a lui e sotto al palco. Le vibrazioni gli facevano tremare le spalle, tutto il suo corpo sussultava, e non sentiva dalle orecchie, ma da ogni centimetro del sua carne che raccoglieva le onde sonore per portargliele dentro, fra i pensieri e fin dentro lo stomaco stretto in un nodo. Quando riconobbe le prime note, che inspiegabilmente continuavano a ripetersi, gli sembrò che il cuore gli esplodesse nel petto.
Era cresciuto sentendo quel pezzo, ed anche se era suonato dal vivo, manteneva la carica potente che ricordava, e ricordava di aver amato quel brano, che cantava a squarciagola quando da bambino saltava sul letto prima di dormire, con lo stereo scoppiato al massimo nella stanza dei suoi mentre Vittorina cercava di afferrarlo per farlo scendere. Un fiotto di lacrime incontrollabili gli riempì gli occhi alla dolcezza del ricordo che gli aveva invaso il cuore.
Nell'oscurità del Camelot Martin aveva sentito partire il basso che sembrava non finire mai, mentre Gaeta si sistemava al centro del palco e continuava a tener fermi gli altri strumenti, mentre Martin non poteva credere ai suoi occhi arrossati per quello che stava vedendogli fare.
Gaeta aveva alzato una mano in aria per bloccare il vero avvio della canzone e guardava in terra sul palco dritto innanzi a Martin. Aveva i suoi soliti jeans scoloriti, che si intravedevano fra le pieghe del mantello. Non lo vedeva da giorni, ed in quel momento gli sembrò più alto di quanto lo ricordasse. La sua mano si alzò ancora di più per sottolineare che tutti gli altri strumenti rimanessero in attesa ed insieme fissò Martin di sottecchi, con l'intensità di un sorriso che era l'unico commento possibile a ciò che stava per fare. Martin si accorse che allungando quella parte del pezzo Gaeta voleva fargli notare come fosse in grado anche da lontano di raggiungerlo in un attimo, corrergli dentro e farlo sentire totalmente sospeso, anticipandogli quanto quella volta ancora lo avrebbe fatto tremare fino all'ultima fibra del suo corpo, perché Martin si sentiva correre nelle ossa il suono insistente e prolungato di un brano che sembrava essersi incastrato al suo inizio, e quasi trattenne il respiro e l'ansia uniti insieme.
Mentre assaporava la violenza delle sensazioni che lo stavano invadendo, Martin fu certo che Gaeta stesse solo attendendo dai suoi occhi l'attimo in cui avrebbe capito le sue intenzioni. Lo sguardo perso di Martin ed il salto con cui si scostò per un attimo dalla cassa fecero sorridere di nuovo Gaeta, che stava solo attendendo quel segno per cominciare. Solo allora chiuse la mano sospesa in alto in un pugno e Martin non ebbe altra scelta che tornare a poggiarsi all'indietro, e sperare di non morire di emozione.
Martin non aveva armi con cui difendersi da Gaeta, che aveva notato da subito come si fosse steso sulla cassa. Martin gli si era abbandonato completamente e senza accorgersene, e con una intensità che stava scoprendo ad ogni secondo in crescita.
E Martin non aveva armi con cui difendersi soprattutto per la scelta del brano certamente cambiato all'ultimo momento con due chiacchiere veloci, e già poteva immaginare cosa lo aspettasse, in balia di Gaeta e della sua voce ad un millimetro dei suoi pensieri ed anche dentro.
Ad un cenno di Gaeta il pezzo partì che tutti lo avevano già riconosciuto e Romina fece un passo verso di lui per parlargli.
― Conosci questo pezzo?
Martin tremò nel rispondere, perché più che risponderle stava parlando con se stesso per quello che aveva capito che sarebbe successo di lì a poco, in una combinazione casuale che aveva tutta l'aria di essere una cospirazione in suo onore, per quanto avesse trovato il modo perfetto di realizzarsi.
― Sì, Psyco killer, sì... lo conosco.
Solo a pronunciarne il titolo, a Martin sembrò di ricevere un nuovo pugno nello stomaco.
― Ok, sono contenta... il Re lo canta spesso, così fra noi.
La cassa che si sentiva premere contro la schiena gli scagliava contro dei colpi ritmati che gli stavano demolendo le ultime energie un morso alla volta, ma Martin non riusciva a staccarsene, e quasi si schiacciava maggiormente come fosse stato folgorato dal volere di Gaeta ed incollato alla struttura. Chiuse gli occhi e si perse immediatamente fra le note forti ed i battiti che erano più potenti di quelli del suo cuore. Non poteva fare altro se non cancellarsi contro quella cassa, stringendoglisi contro ed attendere, attendere che la voce di Gaeta arrivasse a dargli il colpo di grazia.
Ed infatti Gaeta non tardò a sospirare sul microfono a tutto volume, provocando dentro Martin una marea impazzita di brividi e vertigini a seguirne la voce, quasi che Gaeta sollevasse vento che lo avvolgeva da dietro mentre intanto lo guardava e nel guardarlo sembrava gli stesse soffiando addosso sospirando e tremando su di lui, eppure da lontano. Martin si sentì morire di una morte che non aveva previsto, sotto i colpi di un respiro amplificato e dedicato solo a lui posto al centro della folla.
Gaeta iniziò a cantare un po' urlando un po' bisbigliando, e mentre la sua voce procedeva bassa, a Martin arrivavano ad altissimo volume le spinte delle onde sonore che lo facevano sollevare e poi riprecipitare all'indietro. Era come se Gaeta gli sussurrasse nel cervello a squarciagola. Ma come aveva fatto a trovarsi in quel casino, neanche se fosse stato organizzato accuratamente avrebbe potuto essere tanto devastante in ogni dettaglio.
La voce di Gaeta lo sovrastava e lo aggrediva assalendolo alle spalle, colpendolo direttamente nelle vene e sulla schiena, e quasi lo abbracciava e lo sorreggeva, gli infilava le mani sotto la felpa e gli scorreva addosso con il suono di una carezza fatta di voce, mentre Martin respirava a fatica, ad occhi chiusi, e veramente non aveva più forza nel cuore e non era in grado di affrontare i fatti, e Gaeta glielo stava gridando sottovoce nelle orecchie, ed ogni volta che riusciva a guardare avanti a sé, Gaeta era posseduto dalla follia della sua esibizione mentre lo fissava negli occhi nonostante il buio. Cantando in un modo che a Martin sembrò più intimo di una preghiera in confessione, Gaeta gli chiedeva di essere toccato solo se, che sarebbe stato meglio scappare lontano, che le parole sarebbero state inutili, che parlare non sarebbe servito, che c'era solo da andarsene, o da restare, e Gaeta glielo stava chiedendo veramente. Ad ogni bisbiglio che Gaeta esagerava apposta soffiando sul microfono per farlo tremare dentro, si allontanava la possibilità che Martin avesse la forza di reagire e sottrarsi al suo assalto spietato e cieco, sulla sua carne abbandonata dentro il suono della sua voce.
Nonostante Gaeta fosse sul palco, Martin sentiva quasi le sue mani su di sé, mischiate alla sua voce che stava giocando con lui e le sue sensazioni, per farlo tremare ad ogni colpo di fa fa fa che Gaeta gli faceva esplodere addosso, perché lo soffiava sul microfono fino ad investirlo e Gaeta era in grado di spostare i capelli di Martin anche solo con la voce, e come al solito sapeva fare, lo accarezzava da lontano, lo baciava sul collo, gli passava la lingua sotto il mento mentre Martin quasi piangeva e gli si abbandonava ad occhi chiusi, invaso dalla sua voce che esplodeva ad alto volume e gli dava il permesso di fargli qualunque cosa e di entrargli dentro ed attraverso e sbriciolargli l'anima ad ogni bacio di voce, sulla sua pelle ricoperta di luce, mista ad increspature d'oca.
E più il pezzo andava avanti, più Gaeta saltava e gridava fuori tono, con la furia che solo lui sapeva mettere per stravolgerlo e spezzarlo di una passione fatta di sguardi, di voce, di sospiri su un microfono che portava direttamente addosso a Martin il suono caldo ed avvolgente dell'abbraccio di Gaeta che si esibiva per mangiarselo senza contegno come non aveva potuto fare prima mai.
Stava assistendo all'esibizione folle del suo docente di letteratura che stringeva fra le mani la sua corona e gridava al microfono frasi che dalla cassa alle sue spalle gli stavano trapassando le ossa ed ogni altro tessuto molle di cui era fatto, compresa l'anima, e voleva ancora piangere, mentre lo guardava saltare e non sapeva a chi chiedere aiuto per scomparire dalla faccia della terra, non solo da quel posto, da quella città, da quegli occhi che continuavano a provocarlo, a sfidarlo, a toccarlo anche da lontano ed a farlo sentire stretto in un abbraccio di voce senza via d'uscita.
E Martin sapeva che nel giro di poco lo avrebbe dovuto affrontare da vicino, e non respirava più all'idea che gli si avvicinasse veramente e che tutto diventasse reale, ed avrebbe voluto che quella canzone fosse infinita, che Gaeta non smettesse di gridare e saltare come un ossesso fisso sullo stesso centimetro quadrato con la corona stretta in mano a fissarlo e consumarlo con gli occhi.
Martin avrebbe voluto continuare a guardarlo per sempre esplodere di una bellezza travolgente ed unica, solo sua, e sperava che una volta sceso dal palco i presenti lo avessero dilaniato prima che gli si potesse avvicinare, e si sentiva male, forse era ubriaco ed avrebbe voluto tornarsene a casa, ma i colpi dei bassi alle sue spalle gli ricordavano che non avrebbe potuto andarsene perché gli era stato vietato dalla maggiore autorità del posto, che continuava a tenerlo sotto tiro e che se solo avesse voluto, avrebbe potuto camminare sulle teste di tutti ed arrivare fino a lui e mangiarselo vivo, e lui... non avrebbe fatto niente per impedirglielo, già lo sapeva, e lo sapeva anche Gaeta, che stava solo affilando i suoi coltelli per dopo, per affondarli meglio dentro di lui, e farlo morire della morte più dolorosa che potesse immaginare, senza muovere un dito per facilitagli il passaggio fra la vita... e la seconda vita ed era per quello che Gaeta continuava a respirare a tratti, facendogli sentire bene nel microfono il ritmo che stava seguendo, il suo fiato che arrivava a Martin come un soffio ed ogni tanto sorrideva, perché Martin da lontano distingueva il bianco dei suoi denti. Non resse oltre e gli sembrò davvero di morire, di essere ucciso da lui davanti agli occhi dei presenti che non si stavano accorgendo di quello che Gaeta gli stesse facendo, usando solo una canzone, un microfono, una cassa, uno sguardo forte, ed una vagonata di erotica follia che gli arrivava in pieno petto.
Finché la musica finì, e Martin si svegliò dal dormiveglia delirante che aveva accompagnato l'esibizione di Gaeta e lo aveva fatto precipitare alle profondità abissali a cui poteva portarlo solo Gaeta. E riaprì gli occhi.
Ma Gaeta era sparito dal palco.*********************
Amici, ovviamente la versione classica del capitolo doveva seguire quella con video affinchè quella di ieri raggiungesse l'effetto desiderato. Per chi avesse avuto problemi di visualizzazione, il video é su youtube alla voce Nhurene.
Auguri di Buon Natale a tutti. Senza distinzioni. Nhurene.
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Tre maggiore di due
RomanceRomanzo New Adult LGBT Intreccio di storie di tre ragazzi che nei primi anni universitari scoprono sulla propria pelle cosa voglia dire crescere, misurare i propri desideri, conoscere i propri limiti, superarli e pagarne il prezzo. Il racconto parte...