Capitolo 23 - III

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― Genio...
― Ah, tu sei Genio. Martin mi ha detto che siete quasi fratelli... non sapevo che anche tu venissi a Lecce.
― Eh, e cosa potrebbe fare questo povero miliardario... senza di me.
La frase cadde nel ghiaccio, Martin lo guardò per fulminarlo e Genio si rese conto che forse i due non si conoscevano abbastanza per aver già parlato di fatti così personali. Magari Martin si era divertito a fare lo sfigato abbandonato nel profondo sud da amici un po' stronzi e figli di papà, che ne poteva sapere? Anzi, conoscendo Martin, era andata sicuramente così. Forse aveva già fatto una gaffe mettendo Martin in difficoltà. E forse era davvero il caso di lasciarli soli, con i loro tempi per conoscersi. Ludovica esisteva, ormai ne era certo, e benché non ne conoscesse il nome, già malediva il santo del giorno in cui era nata, e subito dopo il santo amico suo del giorno in cui si era dimenticato di comprare la tenda da campeggio, come anche l'altro santo di quando era troppo ubriaco e su di giri per evitare che il suo amico parte di se stesso se ne andasse solo in giro in una terra sconosciuta. Ma ormai era tardi, e tutto era già successo, ed i santi tutti in gloria che si erano uniti per rovinargli la vita erano ancora in osanna in cima al calendario, e non aveva più nessun senso bestemmiarli, perché Martin era inchiodato di fronte a Ludovica, e la guardava fin nel fondo degli occhi, e non c'era nient'altro da fare, né da dire, e Genio doveva solo andarsene. Già dopo cinque minuti della loro prima uscita, Genio era fra di loro era di troppo.
― Martin... io vi lascio. Ci vediamo a casa... non dovrebbe essere molto lontana... le chiavi... sì, ho le mie.... buona notte... è stato bello finché è durato... ciao.
Genio si dileguò indietreggiando, non lasciando a Martin possibilità di ribattere, immergendosi fra i gruppetti di ragazzi che stavano passando al di là dell'Arco, diretti ai locali del centro storico, che sembrava vivo e popolato come in una notte d'estate.
Ludovica e Martin ancora non riuscivano a iniziare una qualunque conversazione. Erano talmente tante le cose da dire, che scegliere l'argomento da cui iniziare, avrebbe involontariamente gettato le basi su quale sarebbe stata la natura della loro relazione. Come se le prime parole pronunciate sarebbero state risolutive di tutta la loro storia, o non storia, da quel momento in avanti.
Anche Ludovica sembrava essere consapevole della strana situazione, e quindi, forse anche per gli ultimi fatti trascorsi, e le loro relative situazioni, pensò che fosse meglio che fosse Martin a scegliere come cominciare la loro storia, e quindi attendeva che lui si decidesse a rivolgerle la parola.
Voltandosi da un lato per respirare senza mostrare una leggera alterazione del fiato, sull'edificio che aveva di fianco e che chiudeva da un lato la piazza Martin lesse a sorpresa una grande scritta. Era una sede dell'università su cui campeggiava la scritta 'Università del Salento', un edificio di regime basso ed allungato, decisamente poco attraente e vecchio, con una struttura cilindrica in cemento e vetro incastonata nel mezzo della costruzione. La visione della sede universitaria lo distrasse per un secondo e durante quel secondo pensò che il suo primo incontro con Ludovica era stato persino benedetto dagli studi che avrebbero fatto insieme.
Ludovica si era accorta della difficoltà in cui Martin era rimasto incastrato, fatta di niente se non di emozione per troppo tempo trattenuta, ed era decisa a non fargli alcuno sconto. Semplicemente attendeva che Martin si decidesse.
Martin era tornato a concentrarsi su di lei, e sul suo profumo, che improvvisamente lo raggiunse trafiggendolo. Il suo profumo, se ne ricordò di colpo, e di quanto ne era stato avvolto i giorni in cui avevano vissuto insieme, a casa sua. E si rese conto che lo aveva dimenticato da molto tempo.
Martin respirò profondamente. Sospirò. Respirò di nuovo e sorrise di più di quanto stesse già facendo e da Ludovica sembrò che il verde dei suoi occhi le avesse illuminato la città di notte di una luce nuova. E finalmente riuscì a sollevare una mano verso di lei, che era ombreggiata da potenti faretti alle sue spalle che le donavano un effetto di chiaroscuri barocchi al pari del monumento che avevano accanto.
Raggiunse il dorso della sua mano e la accarezzò sfiorandola, massaggiandole le nocche con la punta delle dita. Ludovica trasalì, fissandolo con intensità. Aveva i capelli sciolti, che il vento lanciava alle sue spalle, verso la pietra illuminata.
Ludovica aprì lievemente le dita e Martin intrecciò le sue in una stretta che valeva più di qualunque discorso.
― Andiamo a casa.
Ludovica lo guardò, ed a aveva gli occhi un po' arrossati, nocciola chiari, persi in quelli di Martin.
Martin iniziò a tirarla verso di sé, ma la ragazza non si spostava, solo il braccio si sollevava verso di lui, finché sembrò essere non più suo ma un prolungamento di Martin, come due corpi uniti per le mani in un unico essere vivente, che respirava allo stesso ritmo.
― Ti prego, vieni a casa con me, io...
Martin quasi parlava soffiando l'aria fuori dalle labbra, e non aveva la forza di ripetere, o di alzare il tono della voce. Sperava che i suoi occhi parlassero per lui, ed il tremore della sua mano, anche se debole, raccontava a Ludovica la sincerità di tutto quello che stava provando.
Ludovica avrebbe voluto dire qualcosa, ma Martin la quasi interrompeva un secondo prima che lei potesse aggiungere una sua frase alle richieste di tornare a casa.
Finalmente Ludovica si staccò dalla pietra su cui si era puntellata, e barcollò qualche istante in avanti, e Martin colse l'occasione per tirarla a sé. Ludovica gli arrivò addosso con un colpo che toccò gran parte della superficie di Martin tutta in una volta. Urtarono a Martin le sue ginocchia, le braccia, il seno, il bacino, ed il mento lo colpì sul petto, e Martin accolse quel corpo contro il suo come quasi fosse stato un atterraggio morbido su una luna sconosciuta, il corpo di Ludovica che aveva amato tanto quanto ancora non aveva capito, ma che gli era stato chiaro quando non l'aveva avuta più al suo fianco. Se solo pensava a quanto le fosse mancata... gli tremava la voce. E finalmente in quel momento ce l'aveva là premuta contro, ad un passo da tutto, o da niente, se lei si fosse sottratta al suo abbraccio. Ma intanto nessuno dei due osava allungare le mani sul copro dell'altro. Solo si erano avvicinati ed urtati, e si respiravano così da vicino da potersi toccare a vicenda i polmoni.
Finché Martin non decise che fosse il momento di riunire le forze e stringersela addosso ancora di più, di chiuderla fra le braccia e sottolineare che Ludovica fosse sua, e che lui fosse là per lei, e non in nessuna altra parte del mondo.
― Ludovica, andiamo a casa mia, ti faccio veder dove vivo... da oggi.
In quel momento Ludovica si accorse della gente che avevano intorno, ed intorno all'auto di Martin. Ma Martin tagliò il gruppetto passandoci in mezzo e le aprì lo sportello. Non erano riusciti a darsi neanche un bacio.
Martin si sedette al posto di guida, mise in moto e cercò di ricordarsi la strada del ritorno verso casa.
Il pensiero del bacio mancato lo assalì per tutto il tragitto, e non lo faceva concentrare sulla strada... ma dove cazzo stava andando? Neanche lui lo sapeva, ed in quel momento pensò che anche Genio avrebbe avuto lo stesso problema. Come fare ritorno ad una casa nuova, in una città sconosciuta, magari in piena notte, con nessuno in giro a cui chiedere...
Martin guidava lungo l'anello stradale che circondava tutta parte storica della città, senza riconoscere la traversa che lo avrebbe condotto verso casa. Ma Ludovica non se ne rese conto, semplicemente ogni tanto lo fissava, senza che Martin riuscisse a voltarsi un attimo verso di lei. Martin le sembrava nuovamente così distante dal momento di profonda intimità che avevano condiviso ai piedi dell'Arco di Trionfo.
Ma a che gioco stava giocando Martin? Fino che punto Ludovica avrebbe potuto considerare vere le sue mille emozioni cangianti e ricche di sfumature dolorose, se anche Martin non si rendeva conto di quanto il suo umore saltasse da un estremo all'altro, fino a superarli?
In quel momento Martin le sembrava guidare come se nell'auto fosse stato da solo, anzi come se nell'auto non ci fosse stato neanche Martin alla guida, perché chissà dov'era finito, perso nei suoi pensieri e lontano anni luce da quell'auto, da Ludovica e dal suo cuore che trasudava paura e tanta voglia di sentirsi amata.

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