Capitolo 32 - II

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Ma quando si avvicinò alla pizzeria che aveva adocchiato, l'aspetto poco gradevole sia del piazzaiolo visibile dall'esterno, che dei clienti già dentro, che sembravano tutti amici, seduti ad un unico lungo tavolo e nel pieno di una discussione che sicuramente Martin non avrebbe trovato interessante, gli fecero cambiare idea sull'entrarci. Così infilò le mani in tasca ben in fondo, incassò un poco la testa fra le scapole e decise di tirare dritto, già attratto dalla luce di un'altra insegna circa cento metri più avanti.
Da fuori sembrava tipo un pub irlandese, con ben in vista all'ingresso travi di legno e vetri colorati stile tiffany. Sull' insegna posta in alto che Martin sbirciò distrattamente c'era una corona ben disegnata su fondo bianco.
Si buttò dentro senza pensarci oltre, aprendo la pesante porta di legno e vetro con un colpo netto dell'avambraccio. Avrebbe sicuramente trovato qualcosa da mangiare, almeno delle patatine, o un panino meno triste di quello che avrebbe mangiato da solo in casa.
Appena dentro si accorse che da un lato c'era qualcuno che suonava dal vivo, forse un sassofono, ma comunque c'era nell'aria una base musicale registrata su cui altri strumenti si stavano aggiungendo quasi improvvisando. L'ambiente era come cancellato dal fumo, forse l'aeratore era rotto, o forse no.
All'interno tutto lo spazio a disposizione era occupato da tavolini e sgabelli, sistemati in zone con livelli differenti, qualcuno più in alto come su un palchetto a dominare totalmente l'interno del locale. Molti clienti erano seduti davanti a lui, quasi come in un girone infernale dantesco, gli venne da pensare e da sorridere fra sé, anche a causa del fumo che in alcuni punti sembrava più denso ed in lento movimento. Le cameriere, servendo fra i tavoli, tagliavano la coltre biancastra quasi alla cieca come fossero stati diavoli in spoletta fra il bancone e gli avventori, schivando le loro teste e le mani che si allungavano verso i vassoi. Gli venne da sorridere di nuovo, pensando a Genio ed a come si sarebbe tuffato a pesce morto fra la penombra indistinta e le ciotole di olive ascolane, che aveva appena visto passare. Genio e la sua antica battuta sul pesce morto, sorrideva fra sé, pensando che fosse ormai ora di chiamare gli amici e decidersi a raggiungerli...
Mentre con la mano cercava il cellulare nelle tasche, fra la gente che passando lo urtava e l'odore della birra che sentiva chiaramente, forse perché iniziava anche ad avere sete, lo sguardo di Martin si era fissato su una figura che gli sembrava di conoscere, ma che non riusciva a mettere a fuoco, ed a cui non riusciva a dare un nome. E sapeva però anche essere impossibile, perché Martin a Lecce non conosceva praticamente quasi nessuno. Comunque poi c'era troppa gente e troppo fumo perché si potessero riuscire a distinguere bene forme e contorni di tutto quello che lo stava circondando come in una morsa liquida ed in continua agitazione. Fino a quando la figura in fondo alla sala non si girò del tutto verso Martin e Martin non fu sicuro di riconoscere il professor Gaeta.
Era abbracciato ad una donna, forse, anzi... a una ragazza, perché a guardar bene... era decisamente molto più giovane di lui, vestita come lo sarebbe stata un gran pezzo di gnocca... ed in effetti... Martin notò che sarebbe piaciuta anche a lui.
Gaeta stava ridendo come un pazzo, stringendo con una mano un calice di birra, con l'altro il corpo della ragazza contro di sé al punto di non lasciare dubbi che quella fosse la sua donna a chiunque li guardasse.
La sorpresa di Martin fu immensa, anche perché il professore si muoveva a suo agio in un contesto che Martin sentiva più adatto a sé che ad un docente universitario. Ma era innegabile che davanti ai suoi occhi ci fosse un uomo giovane, certo più grande di lui, ma decisamente sfrenato che, anche se in pochi istanti, Martin aveva potuto cogliere chiaramente sfrenato e sopra le righe come solo chi è nel pieno della vita da vivere può fare senza crearsi grandi difficoltà. Martin notò subito che erano vestiti in maniera quasi uguale, ad eccezione del colore della maglia, che il professor Gaeta aveva di un color vinaccia con delle rifiniture più oscure. Era pettinato diversamente, se mai avesse potuto, visto che i suoi capelli erano abbastanza corti, più che pettinato diversamente, era totalmente spettinato e comunque aveva qualcosa di diverso, ma Martin non riusciva a capire cosa fosse, se non altro perché era troppo lontano e soprattutto perché non lo conosceva abbastanza per averne memorizzato il suo normale stile a lezione.
Nel complesso era la stessa persona, ma nel dettaglio era totalmente un altra. Gaeta beveva e rideva riversandosi in avanti sopra al tavolo a cui era seduto con gli amici. La ragazza che aveva accanto si alzò in piedi per sederglisi sulle gambe e lui quasi urlando affondò tutto il viso contro al suo seno per poi tirarsi indietro e bere un altro sorso. La ragazza aveva indurito tutto il busto in avanti verso di lui. Gli aveva piazzato le tette sotto gli occhi e Gaeta se l'era schiacciata contro quasi per respirare dentro la sua scollatura, baciandola con un bacio profondissimo durante il quale lei quasi si era stesa su una sua spalla. Una mano di Gaeta era sparita sotto il tavolo fra le gambe di lei e nella situazione confusa a cui partecipavano molti amici tutt'intorno, qualcuno si era messo ad urlargli contro frasi incomprensibili e poi anche imprecazioni perché Gaeta gli aveva versato addosso della birra urtando un bicchiere sul tavolo.
Da quando era entrato nel locale conquistando un ridottissimo posto al bancone, Martin era rimasto immobile ed incredulo. Era incredulo dinanzi allo spettacolo del super docente reso dio in terra da tutti gli studenti devastati dalla sua personalità prorompente... e d'altra parte Martin si chiese per quale motivo il professor Gaeta dovesse 'prorompere' solo a lezione. Era chiaro che anche il professor Gaeta avesse pure una sua vita privata... infatti a lezione aveva ricevuto una telefonata, che di certo non gli era stata fatta dal rettore... ed in quel momento era chiaro come il sole che... anzi, era chiaro come la nebbiosa visione che stava avendo Martin di un Gaeta semicancellato nei contorni dalla penombra del locale, che mancasse poco che il professor Gaeta non si scopasse fra i suoi amici la ragazza che aveva fatto sedere sopra al tavolo d'avanti a lui, che ormai in piedi ridendo quasi giocava fra le sue gambe aperte ed aggrappate ai suoi fianchi, mentre i due amici dall'altro lato del tavolo la spingevano da dietro verso di lui, che rideva e si faceva passare un altra birra.
I pensieri di Martin, i suoi giudizi, come tutta la sua attenzione, ed il suo sguardo si erano fermati sul professor Gaeta ed i suoi amici come se il professor Gaeta fosse stato un punto fermo sul ponte di una nave di legno che beccheggiava al suono della musica assordante. E nel momento in cui Gaeta, attratto da uno sguardo insistente su di sé, lo individuò fra la folla di teste dei presenti, fermo immobile seduto al bancone dall'altro lato del locale vicino all'ingresso, Martin si rese conto che ancora lo stava fissando. Bastò che Gaeta solo alzasse gli occhi un attimo su Martin perché Martin si sentisse spinto quasi fuori dal locale. Martin si riprese distogliendo la sua attenzione dalla bolgia degli ultimi tavoli facendo un cenno ad una cameriera per ordinare qualcosa da bere. Ma si rese conto in quel momento di essere da solo al bancone in un locale in cui non conosceva nessuno, e che forse era il caso di alzarsi, voltarsi e conquistare immediatamente l'uscita.
Ma ormai era troppo tardi, a Martin fu chiaro che il professor Gaeta lo avesse visto e riconosciuto, e che in pochi secondi si fosse liberato dagli amici e della ragazza fasciata da un vestitino nero. L'aveva fatta scendere dal tavolo per passarle oltre, ma poi comunque si era fermato accanto a lei per salutarla con un bacio esageratamente profondo e con una pacca corposa sul sedere. Lei gli aveva detto qualcosa perché il professor Gaeta era scoppiato a ridere, prima di dirigersi verso Martin comminando piano fra i tavoli, quasi guardando a terra. La musica continuava ad essere molto forte, di un tipo che forse era più adatta ai gusti di Gaeta e della sua generazione, piuttosto che a quelli di Martin, anche se a Martin era sempre piaciuta la musica punk rock anni Ottanta. E Martin si accorse che in effetti l'età dei presenti era un po' più alta della sua. Era quasi come se in quel locale Gaeta fosse stato sicuro di non trovare studenti. Mentre Gaeta gli si avvicinava, Martin notò che lo conoscevano tutti, a giudicare da come qualcuno lo salutasse, o come altri gli dessero piccoli colpetti sulla schiena come a salutarlo dopo molto tempo. Qualcuno gli strinse la mano, mentre si scambiavano un abbraccio veloce con pacca sulle spalle. Gaeta continuava ad avvicinarsi a Martin, tagliando in diagonale tutta la lunghezza della sala, emergendo dal fondo dove aveva lasciato il gruppo di amici. A Martin sembrò per un istante che camminando verso di lui, il professor Gaeta stesse attraversando quel girone infernale che aveva notato entrando nel pub poco prima, fatto di fumo, alcol e donne disponibili...
Ma chi era emettere giudizi? Come se la sua vita a Firenze non si fosse sempre svolta in quella maniera, insieme a Genio, a cui avrebbe dovuto telefonare, invece che stare in quel luogo...
Fino a quando fra di loro non ci fu più nessuno perché Gaeta aveva oltrepassato tutti i presenti e Martin fu costretto ad affrontare la situazione di avere il professor Gaeta d'avanti a sé, un poco sfatto e stravolto in viso da una serata decisamente fuori le regole. Aveva di sicuro già bevuto abbastanza, ma non era ubriaco, e forse aveva anche fumato un po'. Martin non sapeva che comportamento assumere ed istintivamente scattò in piedi. Gaeta si gettò seduto su uno sgabello vuoto accanto a quello di Martin, e sorridendo diede dei colpi di mano sull'altro da cui Martin si era appena alzato. Martin si risedette, cercando di non fissarlo troppo negli occhi. Per fortuna la ragazza che serviva al bancone finalmente si fermò davanti a loro poggiando entrambe le mani sul ripiano ed attendendo che loro ordinassero qualcosa. Probabilmente lo aveva fatto in omaggio all'arrivo di Gaeta, perché Martin l'aveva chiamata varie volte, senza ottenere niente.
Gaeta squadrò Martin dalla testa ai piedi, e poi dai piedi alla testa. In fine si rivolse alla ragazza che chiaramente ben conosceva, e poi a Martin.
― Che ci beviamo?

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