― ...se posso chiedere una cosa io...
― Prego.
Gaeta si voltò a guardarlo, e sembrava sereno e riposato come dopo una lunga notte di sonno.
― Perché nel Camelot... la chiamavano Artù.
E mentre formulava la domanda, Martin sottolineava il nome del locale scandendo bene la parola.
Gaeta, poggiato contro l'inferriata rise leggermente.
― Perché è il mio nome. Mi chiamo Arturo Gaeta.
Non notando che in realtà Gaeta non avesse risposto del tutto, Martin rise alla sorpresa, perché nello scherzo sui nomi, inaspettatamente era arrivato il suo turno di fare una battuta. Gaeta aggrottò la fronte, attendendo una spiegazione alla sua piena risata.
― Certo che anche lei... se la gioca bene in quanto al nome. Però se gareggia come me... perde.
― Non la seguo.
― L'isola di Arturo...
Gaeta scoppiò a ridere rumorosamente e con un piede spinse lontano le gambe di Martin; i suoi talloni persero il puntello contro il marciapiede e Martin quasi non finì steso a terra.
― Della Gherardesca, lei è un gran somarone. Ed in varie materie!
Il tono di Gaeta era divertito ed ironico come ormai Martin non riusciva più a sostenere.
― Nel romanzo l'isola è Procida! E per sua informazione... geografica, Gaeta è una punta, è sulla terraferma, in provincia di Latina. Però almeno il nome del protagonista lo ha centrato. Quattro meno meno... per avermi trasformato in un isolotto. Avrei preferito un altopiano... una cordigliera...
Martin era livido e tramortito dalla vergogna accanto a Gaeta che ancora rideva *.
― Lo so, lo so. E' un romanzo di merda. Non dovrei dirlo, ma mi è sempre stato sul cazzo.
― ...L'Isola di Arturo, anche a me, per questo non l'ho mai letto. In casa per molto tempo ne abbiamo avuta una copia gettata in terra in garage.
Gaeta sorrise scuotendo la testa.
― Uhm, una famiglia di intellettuali.
― Be sì, qualche libro lo abbiamo anche noi.
― Immagino.
Silenzio. Brivido di freddo, cani che abbaiano. Guizzo di gatto nero sotto un'auto.
― E' figlio unico?
― Sì.
― Ma a Lecce ha parenti? Uno zio...
― No.
― ...un nonno...
― No.
― ...un cavallo di famiglia...
Risate di Gaeta e colpi di nuca sulle barre metalliche.
― Ho una ragazza... frequenta anche lei le sue lezioni.
― Ah!
Ancora silenzio di un sorriso sottile e luminoso.
― Abbiamo una ragazza a Lecce... ma, allora prima...
― Prima niente. E' stato lei a gettarmi addosso le sue amiche.
― Ma lei però... le ha accolte a braccia aperte!!
Gaeta non smetteva di ridere, sempre con le mani in tasca, lo sguardo fisso al cielo e la testa puntellata contro l'inferriata dietro di loro.
― Chissà che spasso domani... a raccontare la sua serata!
La parola spasso si era allungata a dismisura con centinaia di esse sibilate sottovoce e Martin ne aveva colto l'allusione sottile al binomio fra 'professore scatenato' e 'femmina a cavalcioni con bacio alla birra' e che appunto per questo non sarebbe mai potuto diventare argomento di conversazione in aula o peggio ancora con Ludovica.
Martin sentiva l'umore altalenante di Gaeta accanto a sé, ma non riusciva a prevedere da una battuta all'altra cosa lo avrebbe fatto altalenare fra le vette accelerate e gli sprofondi d'animo che sembravano percorrerlo fino ad irritarlo in un attimo per poi portarlo nuovamente a sconfinate note di sereno divertimento nel punzecchiarlo con un'allegria quasi sintetica e plastificata. Le regole che Gaeta stava seguendo per mettere in scena il teatrino personale in cui aveva trascinato Martin, a Martin erano del tutto incomprensibili.
E mentre Martin continuava a logorarsi sotto gli occhi di Gaeta che non gli concedeva neanche un attimo per nascondersi e riprendere fiato, Gaeta rimaneva in silenzio a guardarlo ed a gustarsi l'imbarazzo dello studente poco più che adolescente che si arrovellava e si confondeva e si avvolgeva nella nausea ed insieme soffocava sbadigli su sbadigli.
Quando ebbe esaurito ogni sua possibile curiosità su quante sfumature di rosso potessero scorrere sulla pelle del viso di Martin, Gaeta decise di toglierlo dal fuoco vivo e con un battito di mani schioccato all'improvviso, si sollevò da dove era seduto scattando in piedi quasi con un salto. Velocemente si passò le mani sul retro dei pantaloni per pulirsi un poco dal terriccio biancastro, e mentre si scuoteva da ogni lato, attendeva che anche Martin si alzasse. Ma Martin era quasi assopito contro l'inferriata, ma pur di stargli dietro e di non contrariarlo in nessun modo, si tirò su velocemente e lanciò la bottiglia nella spazzatura. Respirò a fondo e pensò che fosse il caso di raggiungerlo, perché Gaeta ormai era vicino all'auto, qualche metro più avanti.
Gaeta stava aprendo gli sportelli quando si accorse che Martin allontanatosi dal muretto un po' barcollava e non stava raggiungendo l'auto seguendo precisamente una linea retta. Girò dall'altro lato, gli afferrò un braccio e lo tirò fino a che Martin riuscì a toccare il bordo della carrozzeria al taglio del tettuccio con lo sportello aperto. Martin rimase qualche istante con le braccia tese a stringere il metallo e la guarnizione di gomma gli macchiò di nero i palmi delle mani. Cercando di sbarrare gli occhi come per scuotersi, riuscì a guadagnare l'interno, lasciandosi andare sul sedile morbido e finalmente al riparo da tutta quella serata che non si decideva a terminare. Ma la serata al posto di finire entrò nell'auto, si sedette al posto di guida ed iniziò a fissarlo dritto in faccia. Il silenzio assordante dell'immobilità di Gaeta travolse al massimo volume il cervello di Martin che non si rendeva conto che Gaeta attendesse indicazioni su dove riaccompagnarlo verso a casa. E Gaeta nella sua naturale impossibilità di stare fermo per troppo tempo ed al chiuso, per evitate di divorare il mondo, o anche solo di polverizzarlo sotto i colpi dell'ironia impetuosa che gli si stava accumulando sotto pelle, si passò le dita fra i capelli per ingannare il tempo, per tenere le mani occupate, in attesa di un qualcosa che, qualunque cosa fosse stata, Gaeta si era divertito mettere nell'aria, ma che non si decideva a far esplodere.
Finché Gaeta diede un taglio al vuoto di senso che stava ormai pesantemente andando contro la sua natura, e chiese a Martin l'unica cosa, fra tante, che Martin non sapesse, ma che aveva altissime probabilità di essere chiesta in quel momento preciso.
― Abiti lontano?
Martin cavalcò l'onda d'ossigeno che lo stava facendo sentire sempre più ubriaco, tossì, si schiarì la voce, perse gli occhi sul cambio delle marce, si tirò dietro i capelli, si morse fin dove avrebbe potuto se fosse stato solo, prima di riuscire di nuovo a guardare Gaeta in faccia, ed a confessargli di non avere assolutamente idea di dove fossero in quel momento.
― ...posso solo... riferirle il nome della via dove...
― E se non avessi incontrato me, come saresti tornato a casa?
Martin non osò citare il navigatore della propria auto, mentre fissava Gaeta brillare di una luce nera perché Martin lo aveva davanti a sé in contrasto con l'illuminazione alogena del furgone in fondo alla strada. Martin in quel momento quasi ne distingueva solo i denti e pensò improvvisamente a Genio ed a come tante volte lo avesse raccolto con il cucchiaino da qualche marciapiede in situazioni analoghe. Ma la testa era in totale confusione ed ogni pensiero durava solo pochi istanti come un lampo di immagine nel sonno. Martin riusciva a distinguere con prepotenza dentro di sé solo la netta sensazione di disagio che stava provando ridotto in quello stato di malessere in compagnia di un estraneo che sarebbe dovuto essere la figura carismatica centrale di tutto il suo corso di studi.
― Non vorrei sembrarle ripetitivo...
Gaeta sorrideva appoggiato allo sterzo e fissava Martin con sguardo divertito.
― ...ma mi sarebbe davvero molto utile sapere dove cazzo riportarla, a questo punto della serata.
Martin aveva sentito, ma al posto di rispondere masticava frasi molto generiche e prive di informazioni utili, ma pur di non stare zitto, di non fare una nuova scena muta accanto a Gaeta, parlottava cose riguardanti il latte con i biscotti a colazione, i sofficini fritti della cena del giorno prima, la bottiglia di Lagavulin gettata fra i libri, finché ad un tratto, fra le risate sorridenti e divertite di Gaeta, con le poche fibre ancora disponibili, Martin riuscì a pronunciare il nome di Gabriele D'Annunzio. Gaeta rideva quasi con le lacrime, ma capì essere il nome della strada da raggiungere in pieno centro.
Martin sembrò dormire per pochi minuti con la testa poggiata contro al finestrino, perché quando riaprì gli occhi si ritrovò d'un tratto fermo lungo la via del suo appartamento.
― La prego, vada ancora più avanti, abito quasi alla fine della strada.
La sua voce era roca ed impastata, esanime sul sedile come se Gaeta lo avesse scoppiato di botte durante i pochi istanti di sonnolenza.
― Qui, qui! Si fermi qui... mi dia un attimo, e scendo.
Gaeta spense l'auto e Martin iniziò ad agitarsi e contorcersi sul sedile. Infilò le mani in tasca come per cercare le chiavi di casa, ma i pantaloni gli aderivano addosso e da seduto non stava riuscendo ad afferrarle. Si arcuò in avanti col bacino finché con la punta delle dita non riuscì a stringerne l'anello, mentre Gaeta attendeva, ed osservava e studiava i movimenti di Martin come fossero stati i movimenti di una danza inopportuna.
Ma quando Martin estrasse il mazzo di chiavi, si rese conto di aver messo sotto gli occhi di Gaeta quello sbagliato. Erano le chiavi dell'auto, con ben in vista sul portachiavi il marchio del tridente color mercurio del logo Maserati che luccicò al buio della sera sotto i fari dell'illuminazione stradale.*****************************************************************************
* NOTA
Volendo fare anche lui una battuta sul nome e cognome che ha appena sentito, nella confusione del momento Martin ha fatto un errore: il romanzo "L'isola di Arturo" si svolge sull'isola di Procida. Gaeta non è un'isola, è un promontorio su cui sorge la città che ne porta il nome, in provincia di Latina.
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Tre maggiore di due
RomanceRomanzo New Adult LGBT Intreccio di storie di tre ragazzi che nei primi anni universitari scoprono sulla propria pelle cosa voglia dire crescere, misurare i propri desideri, conoscere i propri limiti, superarli e pagarne il prezzo. Il racconto parte...