― Ludovica... ci sei?
― Sì, Martin, per tutta la vita!
― Eh! Ludo, forse Munit intendeva più limitatamente a questa cazzo di situazione...
― Telefunken!!! Se non la smetti ti tronco le palle!!
Ludovica assalì Telefunken accennando alla tronchese gettata sul divano.Martin non colse il motivo per cui Ludovica si fosse risentita al commento dell'amico, e continuò a chiamarla alla cieca da sotto al tavolo.
― Ludovica! Volevo giusto ringraziarti per la splendida serata che mi hai organizzato. Cazzo però... i tuoi amici avresti potuto anche presentarmeli ad un pub, no?
— ...meno chiacchiere là sotto...
― Al mio via, ruotiamo a destra, ma tutti insieme.
Martin da sotto il tavolo cercava di dare il ritmo.
― Ehi, scienziato del sottosuolo... tu hai in mano i trenta grammi delle palle del tavolo... noi tutto un tavolo della madonna con i piedi intarsiati!!! Forse è meglio che il tempo lo diamo noi.
― Fate che volete, ma andate piano, ho paura di spezzarlo in due!
Con un indescrivibile balletto, il tavolo iniziò a girarsi pancia all'aria, mentre tutti trattenevano il respiro, Morgana miagolava mischiandosi con l'audio della PS che qualcuno stava usando nell'altra stanza, e Martin sgusciava fuori al rallentatore come congelato in una posizione yoga con le braccia in avanti, bilanciando la rotazione del tavolo con quella del mucchietto di peli che aveva fra le mani fino a quando il gattino, poggiando le quattro zampe sulla superficie bianca del tavolo ribaltato, riuscì a mantenersi da solo se pur con la testa nel buco.
― La tronchese a me!!! Toglietevi di mezzo, ora tocca a me!
Abbandonando la birra, Telefunken brandì la tronchese e di diresse con aria esperta verso il gatto, ma poi con un semplice cacciavite e chiave brugola Orazio e Martin riuscirono a staccare dal corpo centrale del tavolo l'asse in cui il gatto sembrava essere stato messo alla gogna.
― Povero micetto...
Il Mago seduta in terra teneva in grembo un'asse lunga un metro di puro legno massello con nel mezzo la testa di un gatto tramortito dalla paura, e con il dito bagnato di latte cercava di farlo riprendere dalla fatica facendolo bere.
― ...in questi casi... la disidratazione... è il primo pericolo di morte.
Telefunken diede una pacca di consenso a Genio, che quasi gli aveva tolto le parole di bocca.
― Quindi scusa... vuoi una birra?
Martin era rimasto seduto per terra ad osservare tutti i presenti, che finalmente poteva bene guardare in viso e tutti in piena luce. Gli amici di Ludovica gli si pararono d'avanti nel pieno delle loro facoltà confusionali, e Martin pensò che fosse giusto così, che l'allegria che aveva provato con loro anche per quel poco tempo trascorso sotto a un tavolo era la vita che si sarebbe aspettato arrivando a Lecce.
D'avanti a lui c'era Orazio, inginocchiato con il Mago e Smog a coccolare un gattino che aveva per collana un'asse di legno, ed Il Mago Silvan era una ragazza dagli occhi spiritati, i capelli corvini e cortissimi, che serenamente accosciata accanto ad un termosifone immergeva le dita in una tazzina di latta con dei fiori arancio stampati e si faceva leccare la mano da Morgana, rimandando a tempi da definire la rottura dell'asse, e c'era Telefunken che sorseggiava commentando scetticamente ogni movimento in casa, il Rosso che per tutto il tempo non si era voluto sbilanciare ed aveva continuato a giocare con la PS nella stanza accanto, Smog che diceva solo cose ovvie e che già con Genio stava intavolando la sua materia forte, l'importanza di non fumare in casa ma sul balcone, mentre Genio annuendo cercava Marika con gli occhi e con ogni altra parte del proprio corpo. La cugina Francesca fissava Martin con insistenza da lontano e quasi sembrava prendergli le misure, la Zorba già parlava d'altro con Ludovica stentando un italiano estremamente sintagmatico spettinandosi i capelli ricci e ramati prima di rilegarseli nuovamente, c'era Lara avvolta in una nuvola di fumo di sigaretta denso fino a farla disciogliere al suo interno per quanto era magra e piccola, e che parlava sottovoce con Marika dell'accaduto ed ignorando Smog che le indicava la porta del balcone. E c'era Marika, stivali al ginocchio, trucco esagerato, labbra da mignotta, scollatura vertiginosa e tette spettacolari, capelli mogano piastrati e pronta in ghingheri per girare un porno... Martin sorrise fra sé, in effetti... conoscendo i gusti raffinati di Genio... Marika era da togliere il fiato.
Martin sovrappensiero rimase a guardare Marika dal basso, rendendosi conto di quanto la sua gonna fosse corta ed attillata e di quanto non lasciasse nulla da immaginare a cosa ci fosse sotto, e dentro gli slip leggermente ricamati. E rimase a guardare tutti rendendosi conto che era un gruppo di amici come lui non ne aveva mai avuti, e che trasferirsi a Lecce con Ludovica sarebbe stata l'occasione per colmare la lacuna.
Ludovica gli si getto accanto, abbracciandolo forte quasi per chiedergli scusa dell'incredibile situazione in cui lo aveva trascinato.
―...io vivo qui. Spero ti troverai bene anche tu.
Martin la strinse sorridendo, mentre si guardava le mani ricoperte da peluria oscura e graffi sottili.
― Sono felice Ludo, di tutto.
― ...che vuoi dire?
― Niente.
Martin continuò a stringerla e scherzò con lei pulendosi addosso ai jeans di Ludovica il miscuglio sudato che gli impastava le mani. Lei gli diede un colpo sulle dita, ma poi gli baciò i graffi.
― Io invece... avevo un po' paura che tu... con loro... So che vieni da un altro ambiente... insomma... hai capito, no?
Martin non fece in tempo a dire niente perché Orazio li raggiunse sciando sulle ginocchia e spostandosi in avanti sul pavimento.
― Bell'inizio conoscerti così. Comunque... benvenuto.
Martin gli strinse la mano e ricambiò la pacca sulla spalla.
― ...ed ancora non hai visto niente...
― Ah!! Martin!! Ma allora esisti!!
― ...uhm... Martin... che figura di merda...
― Alcuni di loro vivono qui, gli altri li abbiamo adottati... e... qualcuno... sì, qualcuno in questo momento manca all'appello.
― Ah, però.
Ludovica rise.
Qualcuno rise passandogli una birra mentre lo aiutavano a rialzarsi.
― Questa casa è così, facci l'abitudine.
― ...lasciate ogni speranza... o voi che entrate...
La frase dantesca gettata retoricamente con una risata dall'altro lato della stanza ebbe il potere di infastidirlo per un istante. Martin non si chiese se lo scherzo fosse stato fatto da qualcuno che già fosse a conoscenza del suo cognome, come in altre occasione avrebbe fatto infastidendosi, ma solo pensò alle lezioni di letteratura del giorno dopo, ed al fatto che per tutto quel lasso di tempo, dopo tanto tempo, Gaeta non aveva intossicato i suoi pensieri.
Genio lo guardò, cogliendo al volo lo sguardo cupo dell'amico, e gli tese una mano per farlo alzare del tutto e per parlargli in un orecchio.
― Hai visto che pezzo di figa?
― Eh sì, da sotto il tavolo avevo una bella visuale...
Genio gli diede un colpo secco in testa.
― Stai calmo, là ci ho messo la firma io!
― ...adesso non si può neanche guardare sotto ad una gonna...
Martin gli ricambiò il colpo e Marika, che non aveva sentito bene cosa si stessero dicendo, ma ne aveva capito il senso, rise nella loro direzione, facendo a Genio un segno con un dito in bocca che lo fece andare fuori di testa.
Genio abbracciò Martin e se lo portò in disparte, ancora parlandogli sottovoce.
― Ma la vedi come fa la troia? Mi tiene sul filo... mi lascia immaginare che mi farebbe un pompino anche subito e poi...
Martin continuava a ridere ed a sentire il solletico del fiato di Genio nell'orecchio.
― Guarda che fa! Guarda quella porca!
Martin scuoteva la testa come per dargli ragione.
― Ma hai visto che qui hanno tutti un soprannome? Sai come si chiama Marika?
― ...no, Genio... non l'ho sentito...
― P.a.s.t.a.m.a.t.i.k!!!
Martin scoppiò in una fragorosa risata battendo le mani per sua faccia stralunata.
― Ma dico Martin... ti immagini perché possano averle dato un nome simile??? Quelle manine laboriose... chissà quante cose sanno fare!!!
― Genio, ti prego... smettila... non puoi continuare così...
― E certo che non posso continuare! Mi scoppierà il cazzo se non faccio qualcosa! Aspetta domani e vedrai!
― E che succede domani?
― Niente, niente.
Genio sembrò calmarsi per pochi istanti, ma tornò alla carica in pochi minuti più infervorito di prima. Per parlare a Martin cambiò orecchio e lo abbracciò dall'altra parte.
― Parla a tutti di 'sto cazzo di docente paraculo... ma tu lo conosci, no? Ti sembra una cosa possibile? Ma chi è? Martin, tu, come la vedi?
Martin si liberò da Genio come spesso faceva per contenere la sua necessità fisica di arrampicarglisi addosso ogni volta che voleva parlargli in confidenza. E quando lo faceva, Genio involontariamente gli risistemava i vestiti, gli accarezzava il petto lisciandogli la camicia, la maglia, come per cancellargli di dosso le zampate isteriche che spesso sconquassavano Martin prima e durante una sua confessione.
Martin come al solito rideva, ma quella volta rideva perché era rimasto chiuso in un discorso difficile e senza via d'uscita, ma Genio insisteva pressante cercando di sapere cosa realmente pensasse Martin di Gaeta e della reale possibilità che i due davvero potessero arrivare a scopare alle sue spalle. Martin si tirò dietro i capelli e tentò di dire qualcosa.
― Genio... io non ti riconosco... ma quando mai ti è importato qualcosa della vita privata delle ragazze che frequenti? Ma che ti interessa se si scopa tutto il corpo docente? Te la devi sposare?
― No Martin, come faccio a sposarla, non so neanche come scopa? Solo è che... questo Gaeta... mi sta sul cazzo senza neanche conoscerlo.
Martin non rispose.
― Anzi, ho deciso... voglio guardarlo in faccia questo stronzo pedofilo approfittatore. Domani vengo a lezione con voi.
Martin sentì una botta di panico sottopelle anche solo all'idea di entrare nell'aula di Gaeta insieme a Genio, come se Genio avesse potuto mai percepire i fatti per come erano accaduti, o avesse potuto anche lontanamente cogliere il mare di delirio e confusione che ormai abitava nel cuore di Martin ed in ogni sua restante parte. Pensare che Genio potesse vedere oltre, e dentro i suoi pensieri, lo rendeva cieco dal terrore.
― Domani... non ricordo se domani... ma penso che... domani non avremo lezione con... Gaeta.
A Martin tremò la voce a nominarlo.
― Quando sarà. Ti prego avvertimi, voglio venire con te a lezione, voglio guardarlo negli occhi, capire chi è, e perché Marika deve farselo per forza.
― ... Genio... non mi coinvolgere in questa storia, ti prego, lasciami fuori...
― Perché, che storia è? Storia di gnocca! Cos'è, la prima volta che ce la ragioniamo insieme?
― Sì, hai ragione... ma lui, ...Gaeta... è un mio docente, quello del corso più importante... non mettermi nei casini, dai, fammelo per carità.
― Guarda, ti giuro, Martin, t.i g.i.u.r.o che non ti accorgerai di me, do solo una sbirciatina, neanche mi vedrà.
Arrivò fra loro Ludovica ad annunciare che vista l'ora, visti gli imprevisti e visto che comunque nessuno era andato a fare la spesa, non avrebbero più preparato la cena a base di pesce, e che quindi stavano ordinando delle pizze.
― Per voi va bene?
Martin chiuse gli occhi, le sorrise, la fece bere dalla bottiglia che aveva in mano e la baciò. Tutto procedeva regolarmente, avrebbe dovuto solo crederci un po' di più.
― Ludo scusa, giacché sei qui, Martin non se lo ricorda... quand'è la prossima lezione di Gaeta?
― Domani.
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Tre maggiore di due
RomanceRomanzo New Adult LGBT Intreccio di storie di tre ragazzi che nei primi anni universitari scoprono sulla propria pelle cosa voglia dire crescere, misurare i propri desideri, conoscere i propri limiti, superarli e pagarne il prezzo. Il racconto parte...