Capitolo 31 - II

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Ludovica si schiarì la voce, di certo nervosa all'idea di essere la prima studentessa dell'anno a prendere la parola, dopo che Gaeta l'aveva tolta a Martin per sua incapacità a rispondere.
― Penso che sia tutto molto interessante, soprattutto quello che ci ha fatto notare sulle differenze che potrebbero esserci se la Divina Commedia venisse scritta oggi.
Martin la guardò, cercando di recuperare il senso di tutto, cercando di raccattare da terra il proprio orgoglio, inaspettatamente sbriciolatosi durante la durata di uno sguardo. Martin non era abituato a rimanere senza nulla da dire, soprattutto a scuola, sempre impeccabile e profondo delle proprie riflessioni. Meccanicamente si tirò il ciondolo in bocca, dispiaciuto, confuso, sorpreso e fuori tempo.
― Bene signorina. In effetti quello che dice lei è davvero il cuore del discorso.
Niente avrebbe fatto più piacere a Martin che capire se Gaeta stesse o no per ripetere 'il cuore del discorso': ma di che cazzo stavano parlando? Come aveva potuto allontanarsi tanto con la mente dalla sua prima lezione? Il cuore che aveva sulla lingua batté contro i denti facendo un rumore che si sentì nitidamente intorno a Martin.
― Per come siamo oggi noi, con le nostre debolezze, le insicurezze, l'incertezza sul nostro futuro, sulla nostra cultura, sulla nostra natura di esseri viventi... a nessuno oggi verrebbe in mente di strutturare un racconto che dal basso salga verso l'alto, cioè che dall'abisso dell'inferno si cominci una risalita verso il Paradiso, verso la serenità, l'ottimismo...
Martin iniziava a connettere, la voce di Gaeta iniziava a dire cose di senso compiuto... piuttosto insolite... ma con un certo criterio.
― Il bisogno di purificazione medievale porta dal buio alla luce, dal basso verso l'alto, dal male al bene...
Martin osservava la gestualità di Gaeta mentre con le braccia era come se convogliasse tutta l'aria della stanza a salire verso il soffitto.
― Ma oggi... oggi non va. Immaginate i rapper, le loro storie, o ancora prima il movimento punk, o le grandi pellicole... che so, i western postatomici di George Miller, ogni cosa...
La mente di Martin ondeggiava in un mondo di immagini e suoni che si stavano sommando ed incollando tutte insieme addosso alla voce di Gaeta, che quasi stava ipotizzando che Mad Max avrebbe prima o poi raggiunto Caronte a bordo di una macchina metallica e infernale.
― ...Oggi un poeta ispirato, che volesse raccontare i nostri tempi con un viaggio e non direttamente con una vacanza all'inferno, forse partirebbe dal Paradiso e lo farebbe per provocare, perché farebbe cominciare il viaggio dalla perfezione apparente delle cose per poi scoprire piano piano l'abisso sopra cui viviamo, sopra cui galleggiamo, il vuoto che c'è sotto di noi, il deserto polveroso che non sempre vediamo. Sotto di noi, e dentro.
Martin, come tutti i presenti, era rimasto incastrato fra le sue parole e continuava ad impigliarsi sempre più totalmente, come se la sua carne si aprisse a connessioni vertebrali con i meccanismi ferrosi che popolavano le scene dei film che Gaeta stava citando a raffica.
― Se oggi si volessero rifare le tavole che illustrano le scene dantesche che tutti conosciamo, Doré sarebbe sostituito da Giger... che insomma, è morto due anni fa, ma le avrebbe sicuramente rifatte con piacere.
Martin non poteva credere a ciò che stava ascoltando, Gaeta stava parlando di Giger, dell'autore a cui Martin aveva dedicato la parete principale della sua stanza a Fiesole ricoprendola con un costosissimo immenso poster originale che il padre gli aveva regalato acquistandolo direttamente da un museo newyorchese.
Ma come poteva rimanere attento mentre tutto il suo corpo tremava dalla sorpresa. Ad ogni sobbalzo il vuoto e l'incertezza su cui si sentiva sospeso sembrava tirarlo verso il basso. E poi la poesia di Dante, la voce di Gaeta, Ludovica che gli era seduta accanto... non si rendeva conto di come sempre e sempre la mente si spostasse involontariamente altrove, lasciandolo vagare fra i suoi pensieri. Martin si rese conto chiaramente di quanto gli fosse difficile concentrarsi sulla voce di Gaeta per seguirne il contenuto. Gaeta lo trascinava irrimediabilmente lontano in ogni istante, verso luoghi talmente suoi da non esistere altrove.
― ...ognuno conosce il proprio inferno, ragazzi, quel luogo che ci ammazza e insieme ci ricorda di essere ancora vivi solo per ammazzarci nuovamente. E' inutile negarlo. E l'inferno a volte è proprio in fondo alle strade più assolate, dentro le vite più serene, nelle fessure dell'esistenza di tutti, anche di chi a prima vista più sembra privo di ombre, di preoccupazioni, di dolore. L'inferno è una condizione mentale, uno stato d'animo incoerente... un quadro.
Martin, nell'andirivieni della sua attenzione dall'aula verso gli sprofondi solo suoi, si sentì preso da un senso di liberazione che per un istante gli fece girare la testa. Martin era rimasto avvolto fra i riverberi sonnolenti della luce del primo pomeriggio riflessa sulle superfici metalliche che intravedeva fuori dalla finestra e la voce di Gaeta che lo abbagliava nella stessa maniera confusa ed inquietante.
― L'inferno è la vita vera. Oggi, il paradiso forse è solo il desiderio che abbiamo di essere quello che non siamo, anche se non sappiamo cosa vorremmo essere nonostante tutti i lifting possibili, o cosa vorremmo avere, o fare.
Gaeta guardò i suoi studenti atterriti, inchiodati alle poltroncine un po' presi alla sprovvista. Gaeta davanti a loro sembrava quasi una crepa verticale lungo la moquette azzurra delle pareti e da cui usciva una luce nera ad illividire i loro visi confusi dall'assurdità della piega che quel corso stava cominciando a prendere.
― Animo ragazzi!! E' solo un punto di vista, non una condanna per tutti ad una vita infelice!
Sospiri.
― Ogni torre ha la sua prigione. Ma ogni prigione ha la sua porta, ed ogni porta ha la sua chiave.
Altri sospiri, un po' velati dal soffio di sorrisi lievi che sfumavano l'atmosfera greve che si era impossessata della stanza. Ludovica guardò Martin con una strana luce negli occhi, Martin aveva sollevato un poco il bordo della maglia contro il viso e scarabocchiava il suo quaderno guardandolo di traverso, ma con nella mente le parole confuse del professore che sembrava quasi fotografare i momenti di indescrivibile solitudine e sconnessione che spesso viveva proprio nelle situazioni che potevano sembrare le più serene e travolgenti. In fondo anche tutta la sua vita poteva essere descritta in quelle poche parole... Quante volte aveva sentito Genio ricordargli come luminoso fosse il paradiso in cui era condannato a vivere. Forse appunto... il punto non era non riconoscere il fatto di vivere davvero in paradiso, ma di sospettare l'esistenza del doppio fondo dell'abisso che si apre al di sotto delle nuvolette su cui poggiava i piedi e dentro, nel petto di Martin che ormai riusciva a fatica a continuare a seguire il resto della chiacchierata quasi informale che ormai Gaeta stava tenendo con i suoi studenti.
Senza che Martin se lo aspettasse, durante la lezione di letteratura Gaeta gli stava mostrando una nuova maniera di guardarsi, e di capirsi più a fondo, seduto sul orlo di quel crepaccio che affondava dentro la sua mente, la sua anima, e che forse mai aveva visto ben chiaro dentro di sé come in quel momento.
Con le mani si strinse le ginocchia, e con molta noncuranza cercò di sbirciare l'orologio, per rendersi conto quanto ancora dovesse durare lo strazio di verità a cui Gaeta lo stava sottoponendo. Era chiaro che Gaeta avesse messo in piedi quel teatrino personale in cui si stava tremendamente divertendo solo per godersi la sensazione di disorientamento degli studenti in aula.
Fino a quando la lezione non finì.
Tutti gli studenti iniziarono ad uscire ad ondate, ma Martin era rimasto seduto, in attesa che Ludovica finisse di raccogliere i mille oggetti che aveva messo fuori dallo zaino per seguire una semplice lezione di letteratura. Martin sorrise guardandola armeggiare con un astuccio tutto macchiato di inchiostro, cercando di nascondere il fatto di essere parecchio scosso.
― Ma si può sapere che cazzo te ne fai di un temperamatite... adesso?
Ludovica sussultò nel sentire la sua voce un po' alterata e stridula.
― E che vuoi che ci faccio? Tempero le matite.
― Ma non le puoi temperare prima di entrare in classe... tipo a casa?
Ludovica lo ignorò, continuando a chiudere le sue cose. Martin era visibilmente desideroso di bisticciare per sciocchezze.
Mentre ancora punzecchiava Ludovica, Martin non aveva perso di vista per un attimo Gaeta, che con calma conservava nella sua borsa alcuni fogli in disordine sulla cattedra. Poi si sentì la suoneria di un cellulare, era quello di Gaeta. Il suono attirò l'attenzione di tutti gli studenti rimasti in aula e tutti trattennero il fiato. Gaeta rispose senza interrompere i suoi movimenti. Sembrava sorridere a chi dall'altra parte gli stava raccontando chissà cosa, e con un'espressione divertita in volto, uscì dall'aula senza guardare nessuno dei presenti. La porta spalancata lo inghiottì velocemente facendolo scomparire dagli sguardi di chi ancora dentro aveva sperato di cogliere anche un minuscolo frammento della sua vita privata.
Uscito il docente più temuto dell'ateneo, altri studenti iniziarono a precipitarsi dentro l'aula rimasta quasi vuota per ottenere un posto in ultima fila per la lezione che sarebbe cominciata entro pochi minuti. Così Ludovica, Martin e gli altri rimasti furono quasi spinti fuori dalla nuova ondata in ingresso che li scostava a piene mani in ogni direzione.
Una volta fuori, Martin respirò a pieni polmoni quasi fosse riemerso da profondità incalcolabili.
― Che lezione insolita... che lezione del cazzo.
Martin gettò là la frase.
― Gaeta è famoso per questi cazziatoni senza capo e coda...
― Mah, insomma... proprio senza capo e coda... non direi.

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INFORMAZIONI UTILI PER CHI NON AVESSE ASSOLUTAMENTE IDEA DI COSA STIA DICENDO GAETA 
Nhurene consiglia di cercare su Wikipedia:
1) George Miller, regista di tutta la saga di Mad Max ed iniziatore di un nuovo linguaggio cinematografico.


Oltre che su wikipedia, una ricerca per immagini google può essere anche fatta per:
2) Caronte, demonio traghettatore alle porte dell'Inferno;
3) Doré, Gustave Doré è l'autore delle più famose tavole illustrative delle scene della Divina Commedia;
4) Giger, Hans Ruedi Giger, artista visionario, scultore e disegnatore, autore dei mechanoid.


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