Capitolo 34 - II

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Martin finalmente sorrise, alzando gli occhi su di lui, ritrovando sulla visione di Genio un pezzo della sua casa. Senza staccare gli occhi dalla strada, Genio allungò un braccio su Martin e come spesso faceva nei momenti di bene, ed in quelli di male, glielo strinse al collo come una presa a schiaccianoci.
― Ma che cazzo mi combini fratellone?!
Martin finalmente respirò sollevato, chiuso in una stretta che più che soffocarlo gli stava ridando il terreno sotto i piedi.
― So io, so io certamente che cazzo ti è successo... solo che... cazzo due volte Martin... Ludovica... l'hai scaricata a me!
Martin rise, un po' sputando, un po' mettendosi a sedere in posizione più eretta contro lo schienale.
― Va bè, facciamo così... adesso ti racconto che ho fatto io.
Martin rimase ad osservarlo, un po' sorridente, un po' consumato, un po' sorpreso dell'essere ancora in vita e con la testa svuotata da tutto, perché non poteva neanche pensare di aprirne il coperchio per guardarci dentro, ma il conto alla rovescia era partito, perché Genio stava parcheggiando poco lontano dal portone.
― Innanzi tutto... le amiche di Ludovica... sono delle fighe pazzesche!
Martin lo guardò di sbieco, rasserenato all'idea che Genio si stesse ancora trattenendo in auto a fare due chiacchiere, di quelle che sapeva fare solo lui, leggero e lontano da tutti i problemi del mondo, ma intenso come se i suoi problemi fossero stati i più gravi di quel mondo, abitato solo da lui, dal suo corpo indistruttibile e votato a tutto, votato al divertimento innanzitutto, ma votato anche ad esprimere la sua forza e la sua saggezza solo d'avanti a Martin ed ai suoi squilibri.
― Martin cazzo, ma che stai guardando? Ma mi ascolti o no? C'ho qualcosa in faccia?
― No, Genio, niente, anzi... sì.
―Lo sapevo, cazzo; cosa?
Genio si sporgeva per guardarsi nello specchietto retrovisore.
― ...la tua faccia.
Lo sguardo fisso di Genio su Martin diede a Martin la misura di quanto stesse veramente male, e Genio non fece nessuna battuta.
― ...ti stavo dicendo... ma te lo sto dicendo così... giusto per metterti al corrente... ma tanto, da quello che vedo...
E Genio lo indicò dalla testa ai piedi come per sottolineare come si fosse ridotto in un'uscita da single, la sua prima uscita a Lecce.
Martin ancora rise, ma per non piangere.
― Certe tette... certi culi a pesca... non sai che ti sei perso, ma tanto... là stanno, prima o poi li consocerai.
Martin notò che Genio era sul punto di aprire lo sportello per scendere. Martin continuava ad avere paura di tornare a casa.
― Una in particolare non ha fatto che sedersi addosso a me per tutta la serata. Ti giuro Martin, non ero io a cercarla! Aspettava che io mi mettessi in una bella posizione comoda... e insomma, quella sì, la agevolavo io, quando ho capito a che gioco volesse giocare, lo ammetto. Ma lei... ti giuro, mi si piantava contro, ed assestava bene il culo su di me... muovendosi ben bene.
Martin si passò una mano sugli occhi, non riusciva a reggere oltre, per un attimo volante gli tornarono in mente quelle mani, ed il suo abbraccio che lo aveva frantumato ed incollato al sedile... ma non riusciva a pensarne il nome, ed il viso, sentiva solo la sua stretta forte, accecato dala voce di Genio che scomparve per un istante.
― Che arrapantezza, che arrapantezza Martin, tu non puoi sapere!!! Ed ogni tanto... qualche manata l'ha gettata anche lei...
Martin aveva di nuovo voglia di vomitare e cercava con gli occhi una via di fuga. Aprì lo sportello.
― Guarda... non ti aggiungo altro: davanti a tutti, proprio nel centro della stanza dove eravamo... solo muovendosi in questa maniera... mi ha fatto un lavoretto... che ancora le sto sotto... guarda, mi viene ancora duro a pensarci!
Genio scoppiò a ridere, e cominciò a mimare movimenti sul sedile come se la ragazza gli fosse stata ancora seduta sopra, alzandosela ed abbassandosela a piene mani, e per Martin fu troppo. Martin scese dall'auto mentre ancora Genio parlava e ridacchiava con un tono di voce molto alterato, e che nella strada deserta faceva eco oltremisura.
― Era davvero una troia navigata. Davvero, non aveva ritegno!! Anche perché, sì, qualcuno ha fatto qualche battuta, ma tutto lì, nessuno si è accorto di cosa realmente mi stesse facendo... oppure lo sapevano tutti, non so... ma era davvero esperta, bella troiona rotta in culo... la prossima volta che la prendo... le faccio vedere io cosa so fare senza pantaloni...
Insolitamente Genio si accorse che Martin non stava ridendo ai suoi racconti, e capì che era davvero stanco, e distratto da altro. Martin aveva lo sguardo vuoto e fisso in fondo alla strada.
Per farlo ridere e riattirare su di sé l'attenzione, Genio mimò con più forza la sua scopata fantasma, assestando ogni tanto gli ultimi colpi secchi sbattendo col bacino sotto al volante, un po' più forti ed accompagnati da grugniti, ma niente, quella sera niente sembrava funzionare. Martin non c'era.
― Oltre a questo... niente, tutto qui... ok, va bene... saliamo a casa... ah no, aspetta, un'altra cosa... avevo dimenticato di dirti che la troia rotta in culo... è la cugina di Ludovica, ah sì, l'hai conosciuta prima all'ateneo... forse si chiama Francesca... spero che la cosa non sia un problema per te.
Martin si voltò bruscamente a guardarlo.
― No, davvero Martin, se è un problema, dimmelo sinceramente e la cancello... ma credimi, è davvero una troia... io ci ho messo davvero poco di mio, ti giuro, ha fatto tutto lei...
Martin strinse gli occhi, lo fissò ancora seduto in auto.
― Genio... ma di cosa stai parlando?
Genio rimase muto, finalmente senza più niente da dire. E scese dall'auto.
Anche Martin aveva inesorabilmente imboccato la strada di casa. Si voltò a dare un occhiata all'auto che si stava lasciando alle spalle e solo allora si accorse che era parcheggiata nell'unico posto libero dove poter parcheggiare, quello lasciato libero dall'auto di Gaeta, che considerata l'ora, nessuno aveva occupato nel frattempo. Gaeta ancora era presente pur non essendoci, capace anche da lontano di sconvolgergli persino la visione di un parcheggio. Ormai non riusciva a tenere più gli occhi ben aperti. Barcollava e la testa continuava ad esplodergli ripetutamente in deflagrazioni totali, e di nuovo, e di nuovo come quando Gaeta continuava ad accarezzargli il palato sollevandogli la testa, mentre lui glielo lasciava fare attendendo solo che continuasse.
― Ma che cazzo ti sei tirato questa sera?? Ma ti rendi conto di come stai?
Martin fulminò Genio e lo guardò con uno sguardo che raggiunse Genio oltrepassando il tettuccio dell'auto che era frapposta fra di loro.
― Ho avuto una serata di merda Genio, va bene? Vuoi sentirmelo dire nero su bianco? Ok: h.o    a.v.u.t.o   u.n.a   s.e.r.a.t.a   d.i   m.e.r.d.a. Ecco fatto.
Dopo avergli gridato contro, Martin tornò indietro e diede un colpo forte a pungo chiuso sul tetto della sua auto, lasciando Genio immobile ed incredulo, ancora fermo dall'altra parte. Poi si diresse velocemente al portone, entrò ed imboccò le rampe delle scale macinando i gradini a due a due. No volle prendere l'ascensore con lui.
Martin arrivò per primo alla porta di casa, aprì ed entrò nel buio e senza accendere nulla. Quando anche Genio arrivò ed entrò, trovò l'appartamento avvolto dal buio più totale,e capì che Martin si era chiuso in camera.
Nonostante la stanchezza che anche lui stava sentendo addosso, Genio si trattenne in cucina per molto tempo, facendo ogni tanto volutamente del rumore, come per far capire a Martin che fosse ancora sveglio ed in giro, magari avesse avuto voglia di raggiungerlo, e di dare qualche spiegazione, o solo far due chiacchiere, anche su altri argomenti. Ma Martin non riemerse dal fondo del burrone dove sembrava essere sprofondato dall'altro lato della porta. Genio aspettò fino alle prime luci dell'alba. Poi decise di rinunciare ed andò a dormire, dopo aver agguantato un pacco di fette biscottate ed un barattolino di nutella.

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