Capitolo 42 - II

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― Voglio dire, che appunto per parlare del gatto di merda, per fare il punto sulla situazione drammatica, stiamo organizzando una cenetta a base di pesce, penso. Abbiamo contato anche voi, venite, no?
― Genio scusa, stai parlando come se tu abitassi là e non qua con me...
― No Martin che dici... è che... poi ti spiego, roba grossa.
Martin guardò Ludovica quasi certo del motivo della sua riservatezza, sicuramente c'era di mezzo qualche ragazza sua amica, e mentre continuava ad ascoltare l'amico parlare di fatti e posti, e stanze, e persone, di cui lui era allo scuro, la cosa lo fece sentire quasi tagliato fuori, invidioso di non essere stato con loro, e di essersene invece andato in giro da solo a tarda ora... fino al Camelot. Tutto sarebbe stato diverso se quella sera non si fossero separati. Oppure no? Ma Martin cancellò velocemente il pensiero della serata al Camelot e di tutta la restante parte della storia, perché la vicinanza di Genio lo faceva sentire in obbligo di stare allegro, e l'allegria contagiosa di Genio era esattamente quello che a Martin mancava per far finalmente iniziare la sua nuova vita da studente in città, con Ludovica ed i nuovi amici che sicuramente si sarebbe fatto presto. Il senso di pesantezza e confusione che invece lo aveva assalito negli ultimi giorni era esattamente il contrario di ciò che si sarebbe aspettato trasferendosi a Lecce con lei.
Ludovica intanto lo osservava e notava come, totalmente assorbito dai proprio ragionamenti dietro chissà cosa, Martin ancora non aveva risposto a Genio. E quindi lo fece lei per entrambi.
― E certo che ci saremo. Anche perché... povero amore mio... meriti del cibo commestibile, ogni tanto.
La ragazza gli tolse di mano una palletta informe, un po'schiacciata e completamente inzuppata di liquido di pomodoro uscito chissà da dove e raccoltosi sul fondo della teglia.
Genio invece continuò a mangiucchiare distrattamente assaggiando un po' tutto, e sembrava gradire abbastanza nonostante l'aspetto poco invitante.
Martin le prese una mano nella sua, e la accarezzò con l'altra, continuando a guardare Genio in attesa del resto del resoconto.
― Senti un po', povero amore suo...
Martin scoppiò a ridere nel sentirsi chiamare così da Genio che scimmiottava Ludovica.
― ...sei sempre triste, bianchiccio, con la testa chissà dove... e così si scopa male, è vero, ha ragione lei...
― Genio!!!
Ludovica era diventata livida in viso e fissava Genio come colta da un malore, mentre Martin rimase sorpreso dall'argomento che Genio aveva tirato dentro al corpo principale del suo delirio.
― ...in che senso? ...che vuoi dire?
― No, non voglio essere indiscreto però... sono molto interessato all'argomento... e devo dire Martin, che la cosa non mi sorprende, e no che non mi sorprende... anzi ti dirò di più, sono anni che attendo di non essere sorpreso da un fatto come questo...
― Smettila Genio!!
Martin guardava Ludovica agitarsi fra lo scherzo e l'imbarazzo, e capì come Genio lo stesse prendendo in giro sapendo di poterselo permettere, ma partendo da qualcosa che Ludovica poteva avergli detto sulla loro intimità.
― C'hai una cera Martin, nessuno potrebbe farcela in queste condizioni, neanche tu.
― Ludo, è da quando Genio è arrivato che allude a qualcosa... ma che cazzo gli hai raccontato?
Quasi come colto contropiede Martin notò come Ludovica avesse assunto un espressione allarmata, evitando di guardarlo in viso, e rimase gelato anche solo al pensiero di pensare come Ludovica avesse mai potuto accorgersi di certe sue difficoltà interiori, troppo interiori perché le fossero visibili. Dallo scherzo, senza fasi di passaggio Martin era stato spostato in un luogo differente, in cui, attraverso la voce di Genio, veniva messo a conoscenza di qualcosa che Ludovica non era stata in grado di dirgli di persona.
Genio si accorse improvvisamente che Martin non aveva in viso il tono dello scherzo, e forse per la prima volta in vita sua ebbe la sensazione di mettere il dito in una piaga di cui Martin non gli aveva mai parlato. E Genio sapeva che prima o poi sarebbe dovuto succedere, e cioè che con l'arrivo di Ludovica, Martin non sarebbe stato più solo suo, e che Martin, per la prima volta nella loro vita di amici inseparabili, avrebbe iniziato ad avere dei segreti anche con lui.
Martin fissò Genio e Genio Ludovica e Ludovica nessuno dei due, semplicemente finì di masticare un sofficino, ignorando l'atmosfera sfuggente che si era creata, senza che nessuno avesse detto nulla di preciso. E Martin pensò che gli sembrava fosse passato un millennio da quando gli bastava una birra con Genio per sentirsi in pace con il mondo, e con questo, Ludovica, c'entrava poco e niente.
Sentì una fitta al cuore, e poi una seconda, ma quando giunse alla terza, capì che ormai non c'era più niente da fare, che Genio era l'amico del passato. Sospirò triste, aggiungendo anche quel dolore alla lista dei regali ricevuti da Gaeta.
― ...e per il resto? Cos'altro ti è successo?
La voce di Martin era cambiata, e Genio per un istante parve accorgersene in pieno, ma non volle crederci e tirò dritto con un ragionamento che aveva quasi involontariamente confezionato come ogni volta per far divertire Martin e ridersela con lui. Ma quella volta, tutto gli sembrò per sempre più difficile.
― Il resto guarda... ti dicevo... sì... un disastro, sono distrutto, avvilito e senza speranza!
Martin si sforzò di ridere ed alla fine rise, e si infossò maggiormente sulla sedia, sperando che il racconto pirotecnico che sicuramente Genio avrebbe fatto di lì a poco avesse avuto la forza di un tempo di trasportarlo via e farlo volare leggero sopra ogni inquietitudine.
― Va bene, dai, spara di che si tratta. Anche se... solo un argomento può farti soffrire tanto.
― Bravo, bravo amico mio! Bravissimo!
Genio si buttò sulle mani di Martin staccandolo da Ludovica e gliele baciò con devozione come fosse stato il Papa in persona a confessarlo, ma Martin capiva che quel contatto fisico in quel momento, così forte e sincero ed esagerato, era il modo di Genio di non farsi lasciare in dietro.
Martin rise e lo spinse via, ma poi gli afferrò un braccio saldamente, mentre Ludovica si godeva la scena come fosse al cabaret, sorseggiando del succo di frutta verde.
― E quindi? Chi è la fortunata vittima questa volta?
― Marika, quella gran pezzo di gnocca che mi sta girando dentro fuori... ma così, a fiducia.
Martin scoppiando a ridere dovette asciugarsi le labbra e nascondere il viso con un tovagliolo, imbarazzato al pensiero che Ludovica fosse presente a quei commenti. In effetti si rendeva conto che i loro modi di dire da maschi perennemente a caccia, potevano non essere i più adatti di fronte a lei. Infatti subito Ludovica chiese divertita altre spiegazioni.
― Come a fiducia?
― E sì, a fiducia, ma a forte, fortissima fiducia... Ludooooo!!! Non me l'ha fatta neanche odorare!!
Martin rideva forte allontanandosi il piatto d'avanti, e si sentiva trasportato dalla corrente delle chiacchiere, mentre ormai il pomeriggio avanzava, ed era ancora semisvestito accanto a Ludovica che indossava una sua camicia glicine e che benché parlasse con Genio, e distruggesse svariate confezioni di cibo congelato, aveva negli occhi la luce intensa dell'amore che li aveva uniti poco prima. Ma come era possibile che nonostante tutto, e nonostante gli sproloqui di Genio su gatti indemoniati, fighe bagnate e stoico sacrificio per il raggiungimento di un obiettivo, Martin percepisse come un senso di rottura incolmabile, e che lo stava per sempre allontanando da entrambi.
― E insomma, anche oggi, ho buttato il sangue dietro quel cazzo di gatto, che mi ha anche graffiato, e quando mi sono infilato sotto il letto mi si è attaccato al naso ed ho sentito quelle merdosissime unghiette dentro la narice... cazzo che male... era piccolissimo... ma così stronzo che lo avrei fatto volare a calci in culo sul parcheggio di fronte ad alto e piombo...
― E dai, basta! Povero gattino!!
― Povero gattino?! Aspetta, aspetta che ti smagli qualche perizoma di pizzo... qualche...
Martin gli diede un colpo secco dietro la testa.
― Continua a parlare del gatto.
― Sì, sì, il gatto...ma vedrai se non succederà... e comunque... che cazzo c'entra il gatto? Stavo parlando di Marika, di quella troia che ha deciso di rinsavire da quando mi conosce... anche se però poi con i fatti...
Martin applaudì per il salto di concetti che solo Genio sapeva infilare uno dietro l'altro in quella maniera.
― Ma io dico... mi fai la lap dance sul cazzo ogni volta che mi vedi...
Ludovica rinunciò persino a protestare nel tentativo di difendere l'amica coinquilina, anche perché, ad essere onesti pensò, Genio non stava dichiarando il falso.
― Me lo fai diventare duro appena mi incontri... e non perché sono un arrapato cronico...
― No, e chi lo stava pensando?!
― Me lo fai venire duro ogni volta che mi ti siedi sopra, che ti strusci, che mi fai i massaggi all'olio di mandorla...
Martin e Ludovica erano diventati attenti e pendevano dalle sue labbra.
― Ma io dico, no?, io dico... ma che cazzo me ne faccio dell'olio di mandorla?!
Risate generali.
― Capite?! L'olio di mandorla sul collo!! Che mi si impiastricciavano i capelli, che schifo, cazzo!!
Genio iniziava a gridare come al suo solito, iniziando a disegnare nell'aria a grandi gesti e quasi a squarciagola il suo delirio.
― Ma che mi lubrifichi a fare il collo!! Mi devi prendere il cazzo! Me lo devi fare impazzire, me lo devi fare sognare, fargli immaginare nuovi mondi e nuove civiltà, fino ad arrivare là dove nessun cazzo si è mai spinto prima!!
La confusione crebbe fra di loro rumorosamente mentre Genio intonava la sigla di Star Trek come fosse stato un inno nazionale.
― E insomma...questa qua...
Genio, tornato quasi normale dopo lo sfogo, spostava delle briciole con la punta di un dito.
― ...questa qua... ha deciso di aspettare il mio arrivo a Lecce per iniziare a darla con parsimonia. Ma io non mi arrendo, assolutamente no.
― E no, arrendersi davanti alla gnocca... è peccato mortale.
― Ma. C'è un ma.
Martin rideva, ed aveva avvicinato la sua sedia a quella di Ludovica per abbracciarla, quasi bastasse spostare una sedia, mentre continuava ad ascoltare le ciancerie dell'amico con il mento poggiato sulla spalla di Ludovica attendendo il resto del racconto.
― Dicevo... c'è un 'ma' che complica le cose.
― ...il tuo taglio di capelli?
A questa battuta fu Genio a dare un colpo a Martin, facendogli sfuggire l'appoggio su cui era puntellato.
― Dico veramente Genio, i tuoi capelli... potrebbero non aiutarti... in certe situazioni.
Genio si passò le dita da parte a parte della testa, ed a giudicare da come ne rimanevano imbrigliate, fu chiaro che i suoi capelli da tempo ignorassero l'esistenza del pettine. Martin ridendo, per consolare l'amico respinto dalla sua nuova fiamma, allungò una mano sulla sua testa, quasi bastasse per sentirlo ancora l'amico di sempre, misurando con varie passate quanto si fossero fatti lunghi e senza forma, e con affetto lo guardava da vicino inscenare un melodramma, visto e rivisto tante volte, e privo di colpi di scena.
― Gaeta.
Così vicino a Genio, a quel nome Martin si sentì incidere a carne viva la bocca dello stomaco, da una lama che gli entrava dentro silenziosamente e piano. Il suo corpo ormai non era in grado di difendersi da qualunque cosa si riferisse a quel nome, di controllare il dolore che sentiva ogni volta, e solo incassava il colpo che Genio gli aveva assestano in pieno, anche solo pronunciandolo quasi a tradimento.
― Ma chi cazzo è questo Gaeta?

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