Capitolo 47 - I

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Genio si alzò dalla sua poltroncina e si diresse verso Gaeta con lo stesso entusiasmo con cui avrebbe affrontato la clausura.
Gaeta lo stava fissando incuriosito, con la fronte pensierosa e lievemente accigliato. Era certo di non averlo mai visto prima alle sue lezioni. Attese che gli si fermasse d'avanti, e fece una pausa prima di rivolgergli nuovamente la parola.
― Lei è...
Genio si lisciò la maglietta e si schiarì la voce.
― Eugenio Landi, professore.
Disorientata, Marika aveva leggermente ritirato dal mercato le sue cosce e cercava di decifrare le espressioni di Gaeta che ogni tanto la guardava, e che la vedeva essere caduta in uno stadio di indecisa sospensione fra lasciarsi scrutare ulteriormente o alzarsi ed andarsene.
Ma Gaeta di fatto era totalmente assorbito da Genio e dalla visione di Martin alle sue spalle, che avvolto dalle spine, lentamente cambiava posizione sulla poltroncina.
― Non l'avevo mai vista a lezione...
Genio si grattò la nuca, abbassando gli occhi, non avendo idea di come venire fuori da quella morsa mortale.
Martin guardando in terra non riusciva a non pensare al fatto che Genio e Gaeta stessero facendo conoscenza. Non riusciva a capacitarsene, sebbene li avesse in piedi innanzi a sé. Due facce della stessa medaglia si stavano guardando negli occhi, e la medaglia era lui, e sicuramente era una fra le tante nella collezione di Gaeta, a confermargli che Gaeta non guardasse in faccia nessuno per il proprio divertimento, e che se pur ferito a morte, doveva solo ringraziarlo per avergli concesso di sfuggire alla sua collezione. E non poteva fare a meno di guardare Marika e portarla come prova, ed invece non riusciva a guardare verso Genio e Gaeta, abitanti dei due mondi in contrasto che avevano iniziato a convivergli dentro. E Martin a quell'incontro, non era preparato. La sua vita di sempre scandagliata da Gaeta artefice di un'altra vita che era morta già prima di nascere, ma che comunque esisteva negli strati più profondi del suo cuore, preso d'assalto da sentimenti inconciliabili fra loro...
Il delirio dei suoi pensieri si bloccò quando Genio decise di lanciarsi in una spericolata conversazione con Gaeta.
― In effetti... non sono un suo studente...
La voce di Genio traballava e si spezzò a metà frase perché Gaeta gli conficcò negli occhi uno sguardo talmente affilato e divertito che anche Genio si accorse di come fosse difficile rimanere a guardalo dritto in faccia. Gaeta si era illuminato di una sorpresa che gli fece lanciare un suono divertito e prolungato.
― Quest'anno abbiamo un'invasione di fiorentini veraci!
Martin sobbalzò sul suo posto, non aveva pensato all'accento di Genio, ed ebbe un moto di confusione all'idea che l'amico venisse messo alle strette da Gaeta su qualsiasi argomento, anche perché conoscendo Genio, qualunque argomento si sarebbe potuto trasformare in una catastrofe dalle dimensioni immani. Infatti Martin notava chiaramente sul viso di Gaeta quel suo solito guizzo di pochi istanti fatto di puro divertimento mascherato dall'autorità dovuta al ruolo.
― E mi dica... lei è imparentato con Caronte?
L'aula scoppiò in una fragorosa risata, durante la quale Genio si voltò a raggiungere con lo sguardo Ludovica, che rideva con gli altri. Ma quando arrivò a fissare Martin, Genio lo trovò assente ed incapace di fornirgli nessun tipo d'aiuto, cosa a cui Genio non era abituato. Ma Gaeta sembrava volerne saperne di più.
― ...e quindi lei è...
Martin pensava a quanto fosse idiota Genio ed a cosa di assolutamente fuori posto avrebbe potuto affermare a cospetto di Gaeta, che se pur scherzando, altro non cercava che insinuarsi maggiormente nella vita di Martin, e l'ansia di Martin cresceva perché Genio era rimasto esposto alle risate di tutti ed all'attesa di Gaeta di ricevere una risposta sufficientemente succulenta da farlo smettere di scherzarci sopra.
Ma Genio temporeggiava avvolto dal casino in cui si era infilato.
Gaeta gli si fermò d'avanti, con le mani in tasca, e con Martin pienamente visibile oltre Genio, e Martin era certo che Gaeta sorridesse alla sua ansia.
― Allora, signor... Landi, sì, Landi, le do un aiuto: anche lei è di Firenze?
Gaeta aveva scandito bene la frase nella sua semplicità, e gli sembrò che a Genio mancasse giusto quella piccola spinta per partire in una spericolata presentazione di sé che Martin temeva più di ogni altra cosa in quel momento. Non era felice che Gaeta venisse a conoscenza dei suoi fatti personali se pur piccoli, e sperò che Genio non si lasciasse andare troppo, ma Genio invece, delle due, prese direzione sbagliata.
― Sì, sono di Firenze. E sono con lui.
Genio indicò Martin alle sue spalle, voltandosi in po' e guardando l'amico con aria compiaciuta per come si stesse comportando.
― Viviamo insieme... a Lecce, sì.
Gaeta strinse le labbra per non ridere, guardando Martin coprirsi il viso con una mano per sottrarsi dal suo sguardo divertito, che però non aveva niente di minaccioso, ma totalmente affascinato dalle reazioni viscerali di Martin, come anche dall'argomento apertosi a sorpresa e che a giudicare dalla sua espressione, sicuramente per Gaeta meritava di essere ulteriormente approfondito.
Intanto Ludovica aveva cambiato posto occupando quello di Genio ormai vuoto e si era avvicinata a Martin per seguire con lui l'evolversi della discussione che le stava sembrando estremamente divertente.
― Martin... ma com'è che abbiamo Genio al centro dell'aula?
― Ludo... non so che dirti... come al solito Genio... una delle sue...
Fra gli studenti si stava diffondendo una certa ilarità, dovuta al fatto che un po' tutti avevano capito il tono scherzoso con cui Gaeta lo avesse messo in mezzo. Sul viso di Genio un largo sorriso era esploso in risposta a tutti quanti, mentre spostava da un piede all'altro il peso di tutto se stesso grattandosi la nuca.
― Cioè... non è che viviamo insieme...
Gaeta non si trattenne e rise, e tutti lo seguirono, ma poi alzò la mano e fece loro cenno di fare silenzio.
Martin non poteva immaginare situazione più imbarazzante e fuori luogo, come fuori luogo trovava il tono dello scherzo con cui Gaeta sembrava voler andare avanti, una volta raggiunto il silenzio in aula.
― Ma... a parte i vostri fatti personali... che non è che proprio siano di nostro interesse...
Nuove risate comprese quelle di Ludovica e di nuovo silenzio ad un cenno di Gaeta.
― ...lei, oggi... cosa ci fa qua da noi?
Dopo aver fatto ridere tutti su una loro eventuale, ma improbabile, relazione, Gaeta aveva preso ad usare un tono da comare incuriosita, che contrastava con la postura avvitata che ancora manteneva quasi in equilibrio, perché Gaeta con le mani serrate in tasca era rimasto immobile con le gambe ad X come per voltarsi ruotando sui talloni, ma senza ancora essersi voltato, tanto era rimasto rapito ed affascinato dall'espressione di Martin sempre più emaciata ed in difficoltà, con l'intensità che solitamente gli toglieva il verde dagli occhi rendendoli quasi corvini, e Gaeta non poteva che perdersi dentro di lui e nella sua ansia altalenante e non vedeva più d'avanti a sé quel ragazzo biondo al punto da aver perso il colore dei capelli e tutte le sciocchezze che gli stava facendo dire e solo guardava Martin, e nonostante quanto gli avesse promesso, ancora si sorprendeva come fosse la prima volta nell'accorgersi di quanto non riuscisse a non considerarlo una cosa sua.
Gaeta aveva fatto a Martin una promessa impossibile per lui ad essere mantenuta, ma neanche avrebbe potuto romperla perché non avrebbe mai potuto perdonarselo. Che fosse Martin a cambiare idea era l'unica soluzione possibile, e Gaeta da quel momento in avanti si sarebbe solo battuto perché Martin decidesse di lasciarsi corteggiare.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora