Capitolo 35 - I

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Il nome di Gaeta sulle labbra di Ludovica lo scosse con violenza di uno spasmo che Ludovica faticò a fargli passare.
― Stai calmo Martin, cerca di dormire, io rimango qui, tesoro mio.
Martin riuscì ad afferrarsi forte al braccio che Ludovica gli aveva passato sotto al corpo per abbracciarlo forte e lo strinse con entrambe le mani con intensità. A Ludovica sembrò che le dita di Martin le stessero iniettando dentro alla muscolatura una dose di dolore troppo grande per essere trattenuta.
Rimasero distesi ed in silenzio per molto tempo, ed anche Ludovica prese sonno lievemente. Ormai era giorno inoltrato, in strada il traffico impazzito della via del centro cittadino lanciava grida di clacson e schiamazzate che li fecero svegliare nello stesso momento.
La porta della stanza si socchiuse, di pochissimo. Genio, evidentemente stritolato fra due cuori, aveva bisogno di sbirciare dentro, pur non volendo eventualmente interrompere, o peggio spiare, qualche momento di intimità. Quindi si limitò ad aprire di qualche millimetro ed a schiacciarci contro l'occhio fino quasi a cecarsi sullo stipite, cercando di distinguervi nella penombra qualche movimento.
Martin lo notò subito, anche perché il colpo di mannaia di luce ormai fortissima era impossibile che passasse inosservato ai due che ancora erano con la tapparella abbassata.
― Genio!
Martin lo chiamò, senza gridare, ma con un tono di voce sufficiente perché l'amico sentisse.
Genio rispose sottovoce premendo le labbra sulla fessura, ma tenendo sempre la porta quasi chiusa.
― Martin! Sei là dentro?
― Sì.
― Tutto bene?
― Sì Genio.
E dopo un po' aggiunse un grazie.
Ludovica sorrise dietro la testa di Martin per il loro scambio di battute, chiaro ed essenziale, e che riassumeva il loro rapporto, e rise al tono di Martin che da quasi severo si era sciolto in un ringraziamento di vera riconoscenza e gentilezza, e rise anche perché Genio, prima di chiudere la porta, infilò nella stanza una mano e fece loro il segno del pollice alzato e subito dopo quello di poter continuare qualunque cosa stessero facendo. Poi chiuse in silenzio, e non lo sentirono più in tutta la casa.
Martin si voltò un po' verso di lei, mettendosi supino e trovandosela accanto, che lo fissava in viso dall'alto, con un espressione fra il preoccupato ed il dispiaciuto. Ludovica era dispiaciuta per lui, pur senza sapere per cosa essere dispiaciuta, e Martin sentiva che Ludovica lo amava incondizionatamente, fiduciosamente, profondamente, al punto da non fare domande.
Martin sfilò le braccia dall'abbraccio di lei e la strinse forte, con un gesto di gratitudine per il suo essere presente ed in silenzio. La baciò con delicatezza, ma subito se ne pentì, perché ricordò che da quando era tornato in casa non si era ancora lavato. Aveva poggiato le sue labbra su quelle di Ludovica senza prima essersi tolto di dosso quelle di Gaeta, il suo sapore forte fatto di alcol e di tutto un altro mondo di profumi forti che non riusciva a distinguere. Ludovica rimase sorpresa di come Martin l'avesse allontanata bruscamente.
Di colpo Martin si alzò seduto. Puntellò le mani contro le ginocchia e respirò forte. Era ora di fare i conti con l'accaduto. Si girò a guardare Ludovica ancora stesa alle sue spalle. Sì, era ora davvero di fare i conti con quanto fosse accaduto la sera prima, farlo quanto meno con se stesso.
― Cristo, quanto sto male.
Riuscì a dire solo quello. Ludovica si accorse di come fosse ridotto, e di quanto l'affermazione fosse vera.
― Martin, vuoi fare un bagno?
Martin la guardò aggrottando le ciglia, e pensò che non faceva un bagno forse da quando era bambino. Il suo silenzio fece sorridere Ludovica che subito si corresse, completando la proposta scattando in ginocchio sopra al letto.
― La mia non è una proposta sessuale, tipo sai... nell'acqua, no.
Martin sorrise debolmente, era l'ultima cosa a cui avesse pensato.
― Ah, no?
― Eh no, per come sembra che stai... hai solo bisogno di un bel bagno. Tu stai qui tranquillo, preparo tutto io. Ho visto che hai schiume da tirare a lucido la città.
Martin la guardava davvero tentato di lasciare nelle sue mani il proseguo della giornata.
― Lascia fare a me. Puoi lasciar fare a qualcun altro... per una volta?
Quella frase lo colpì più di quanto avrebbe voluto, ma decise di non far pesare a Ludovica una sua frustrazione della quale lei non era colpevole. Così, dopo essere tornato un po' più serio e pensieroso, le sorrise nuovamente, e tornò a stendersi.
― Va bene, io aspetto qui.
Ludovica scattò in piedi come avesse avuto il fuoco sotto, e corse in bagno chiudendosi dietro la porta. Martin sentiva l'acqua iniziare a scorrere abbondante, e subito dopo fu raggiunto da un profumo di bagno schiuma che sapeva essere sulla mensola del bagno. Non era fra i suoi preferiti, ma la scelta di Ludovica era caduta su quel prodotto, che probabilmente Martin da quel momento avrebbe amato un poco di più. Poi Ludovica ricomparve accanto al letto. Afferrò con forza entrambe le sue mani e lo tirò ad alzarsi. Martin la assecondò, aveva gli occhi rossi ed un odore addosso che Ludovica non gli aveva mai sentito, forse perché non lo aveva mai visto tanto sporco.
Lo accompagnò in bagno, e Martin indossava i jeans, la maglia ed era a piedi nudi. Avvicinandosi gli diede un bacio sul collo.
― Ludo... ma non avevi detto che non era una proposta... sessuale?
Martin sorrise, sfinito e docile, mostrandole il verde in fondo agli occhi completamente disciolto e liquido come il bagno schiuma alle alghe marine.
― Infatti, non c'è niente di sessuale nel toglierti i pantaloni ed immergerti nell'acqua, dai retta a me.
Ludovica gli sbottonò i pantaloni e tirò giù tutto il tessuto che riuscì ad afferrare, tirando anche i boxer verso il pavimento. Martin aveva alzato le braccia al cielo e sorrideva sereno accanto a lei assecondandone i movimenti con cui gli sfilava anche la maglia.
― Ludo... mi sento nudo come un verme... d'avanti a te, perfettamente vestita... in piena luce... ma che cazzo stai facendo?
Martin un po' rideva ed anche Ludovica, che lo guardava essere rimasto davanti a lei immobile e con i capelli sparati verso il cielo. Il corpo di Martin ancora abbronzato sembrava esprimere la stessa dolorosa tristezza della sua voce. E Ludovica era senza fiato, perché era bellissimo, ed ammaccato, e totalmente suo.
― Martin, veramente, ti sto facendo un bagno! Volevi farlo vestito?
― No, ma...
Ludovica immerse una mano nell'acqua per sentirne la temperatura.
― E' che... sei talmente abituato a storie a secondo fine che... non riesci a concepire un bagno per il semplice gusto di lavarsi, di rilassarsi, di farsi fare un massaggio dentro l'acqua.
Martin sorrideva e si passava le mani fra i capelli, Ludovica gli stava dando la possibilità di non pensare a niente, di essere coccolato come raramente gli accadeva, e forse era il caso di godersela.
― E adesso sbrigati ed entra dentro, che l'acqua si fredda!
Martin scavalcò il bordo della vasca di ghisa, di un tono rosa confetto, ed a Ludovica veniva da ridere a vederlo stendersi là dentro. La schiuma nascose immediatamente il corpo di Martin, ingoiandolo come in una meringa profumata e riemergendo dalle fessure fra le braccia ed il torace e richiudendoglisi addosso.
Martin era steso, poggiava la nuca contro il muro piastrellato, e guardava Ludovica starsene seduta sul bordo. Aveva un così forte bisogno che lei lo ricoprisse di attenzioni e baci che quasi non riusciva a guardarla per non tradirsi. Avrebbe potuto chiederglielo e Ludovica non avrebbe voluto sentirsi dire nulla di più, ma Martin non era capace di chiederle una cosa simile, era solo in grado di elargirla.
― E adesso... che facciamo?
Con la voce rotta, stava chiedendo a Ludovica di prendere un'iniziativa qualunque. Oltre questo, non riuscì a chiedere.
― Cosa facciamo?! Tu, niente, solo rilassati e lasciati avvolgere dall'acqua profumata. Stendi lunghe le braccia lungo i fianchi... e poi...
E mentre gli dava indicazioni, Ludovica disponeva le membra di Martin come desiderava che rimanessero immobili.
― Stai in silenzio, ad occhi chiusi... e che non ti venga in mente, per nessun motivo di schizzarmi, o di tirarmi dentro a tradimento!
Martin sbarrò gli occhi a squadrarla ed un po' sorrise.
― Ludo, non puoi chiedermi questo, ti prego, per che cazzo si fa un bagno, se non per...
― Si fa, si fa. Il bagno si fa per un senso di igiene che tutti dovremmo avere e coltivare con dedizione...
Martin batté le mani incredulo, schizzando un ventaglio di bollicine profumate.
― Ma che cazzo sai dicendo? Scoppiò a ridere passandosi le dita cariche di schiuma fra i capelli e Ludovica vide nel fondo dei suoi occhi quanto bisogno avesse di distrarsi, di parlare con lei e di allontanare dalla sua mente la nottata appena trascorsa, qualunque cosa gli fosse successa. Ci sarebbe stato tempo per capirne qualcosa, per sapere le cose essenziali. In quel momento le interessava solo farlo sorridere e ricoprirlo di attenzioni. Benché in quel momento avesse una voglia incredibile di entrare nell'acqua, e fare l'amore con lui, e consolarlo con ogni parte del suo corpo, ma fece molta attenzione a non farglielo capire, a rispettare il suo momento di intima sofferenza.
Ludovica agguantò una bellissima spugna che aveva trovato in un cassettone, la bagnò e la riempì di salone liquido. La strofinò su un palmo della mano, per sentirne il profumo e per aumentarne la schiuma. Seduta sul taglio della vasca, iniziò a massaggiargli il petto, mentre continuava a chiedergli di rilassarsi ad occhi chiusi, magari di dormicchiare un po' se ci fosse riuscito. La spugna di Ludovica gli accarezzò tutto il torace, ma non scese molto in basso, e Martin ad occhi chiusi la sentiva sorridere a pochi centimetri dal suo viso. Poi continuò lungo il collo, sulle spalle e Martin abbassò la testa in avanti perché lei potesse seguire la linea della colonna vertebrale, per soffermarsi sui fianchi, sulle reni. Poi passò a tutta l'estensione delle gambe, e Ludovica sentiva, e vedeva, ai suoi passaggi la muscolatura di Martin guizzare dentro l'acqua ed il suo viso cambiare espressione, in un bagno di serenità assoluta e delicatezza.
― Ti piace? Vuoi che continuo?

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