Capitolo 22 - II

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― Benvenuti ragazzi!
Genio gli strinse la mano subito dopo, conquistato dal sorriso abbagliante che continuava ad esibire.
― Vi posso offrire un caffè?
― No grazie, preferiremmo andare subito a casa, per sistemarci...
― Sì, sì, ci andiamo subito, ma sedetevi un istante e ditemi come è andato il viaggio.
Lillino li fece accomodare su delle poltroncine rosse ed era assolutamente impaziente di parlare con loro. La donna che li aveva fatti entrare portò dei caffè ed un piattino con dei wafer alla nocciola, che disgraziatamente fu poggiato troppo vicino a Genio.
― Allora Martin, come stanno i tuoi? Tua madre, tuo padre, salutameli tanto...
L'uomo si attendeva da Martin un maggior trasporto nel portare a conclusione le frasi che lui chiacchierando stava lasciando sospese, ma Martin continuava a guardarlo senza cogliere il motivo del suo entusiasmo.
― Scusami Martin... ti devo sembrare pazzo... in effetti non mi conosci... ma io ed i tuoi siamo stati davvero molto amici ai tempi dell'università.
Mentre sorseggiava il caffè, Martin fece un cenno col capo come per esprimere un grande interesse, ma in realtà stava già pensando a se fosse il caso di chiamare Ludovica ed avvisarla del loro arrivo.
― E tua madre Martin, che donna stupenda, tutta Pisa era innamorata di lei. Anzi sai che io l'ho conosciuta prima di tuo padre... ma poi è arrivato Ferrante... e non c'è stata storia per nessuno.
Martin tornò di colpo alla sua voce, improvvisamente attratto dal racconto.
― Come arrivò? In che senso?
Genio ridacchiò, anche lui molto interessato alle storie della signora madre giovincella.
― Nel senso che si conobbero... e lei perse immediatamente la testa per tuo padre... io ancora mi chiedo... ma che c'avrà visto in Ferrante...
― Eh, che c'avrà visto... senti questo...
Genio era passato dal ghigno al commento di traverso sotto i baffi, purtroppo fatto però ad un volume poco adeguato.
L'uomo infatti si interruppe per guardarlo, un po' oscurato nel suo sorriso splendente dalla riflessione di Genio quasi a voce alta.
― No, no... non volevo dire... anche lei insomma... mi sembra un tipo abbastanza... capace.
Peggioramento.
Genio guardava Martin in cerca d'aiuto, ma Martin scoppiò a ridere ed anche Lillino, e dopo qualche minuto il ghiaccio era stato rotto e le chiacchiere iniziarono ad essere intime e sincere.
― Ragazzi, c'è poco da dire, Veronica e Ferrante erano una coppia che ha lasciato il segno nella storia della gioventù pisana di quegli anni. Credetemi.
― Non capisco... che vuoi dire?
Martin era davvero curioso di conoscere i dettagli riguardanti la storia dei primi anni della relazione dei suoi genitori, e gli sembrò quasi un'ironia amara averne notizia proprio in quel momento.
― Prima di essere definitivamente una coppia... e poi... tu arrivasti subito... si fecero una corte spietata, tutti e due, uno all'altra. Ma la cosa strana fu che se la fecero in tempi diversi. Non ricordo chi dei due cominciò, ma si passarono la staffetta varie volte, fino a che alla fine si decisero a coordinare le manovre... diciamo così.
Martin ascoltava affascinato, una finestra sconosciuta si apriva sui suoi genitori, e proprio non se li immaginava appassionati e coinvolti in una relazione senza quartiere. Lillino se ne accorse ed ebbe molto piacere a continuare il racconto.
― Credimi se ti dico che fecero cose pazzesche per colpirsi a vicenda, nel bene e nel male intendo.
― Come a colpirsi... in che senso?
― Sì, infatti in che senso?
Genio seguiva come fosse un film.
― Per conquistarsi. Poi sai, erano anni in cui le feste universitarie animavano le notti cittadine, non come oggi... era tutto diverso allora...
Lillino sospirò guardando l'orologio.
― Senti Martin, si è fatto tardi, devo chiudere l'agenzia e devo ancora accompagnarvi in casa... uno di questi giorni ti invito a pranzo e ti racconterò chi erano i tuoi a vent'anni. Ma dimmi, stanno bene, vero?
― Sì, sì, li ho visti giusto ieri...
― Bene, salutameli tanto e quando verranno a trovarti, ovviamente...
Si alzarono tutti insieme dalle poltroncine e raccolsero chiavi, cellulari, documenti, telecomandi e si avviarono verso la porta.
In strada Lillino non fece una piega quando vide verso quale auto parcheggiata Martin si stesse dirigendo, solo commentò velocemente che Martin fosse realmente il degno figlio di Ferrante. E Martin si accorse all'improvviso, come se nessuno glielo avesse fatto notare prima, che la sua auto avesse un ché di poco comune, e la vide per la prima volta sotto occhi differenti.
Nel giro di qualche minuto si trovarono a seguire in strada una grossa auto oscura, che si immergeva nel traffico cittadino.
Svicolarono a destra ed a sinistra, tagliarono la zona antica della città per ritornare in un area più moderna, con palazzi alti e varie pizzerie, che Genio stava quasi mappando in tutta la zona.
Parcheggiarono, scesero in strava, entrarono in un portone dalle vetrate oscure e si ritrovarono in un lungo ambiente angusto e dall'odore intriso di benzina.
Martin sembrava un po'perplesso, non per l'edificio in sé, ma perché sembrava decisamente fuori dai canoni che il padre avrebbe potuto utilizzare per scegliergli una casa.
Sulla loro destra presero un ascensore dall'aspetto molto datato, con gli interni in finta radica e salirono fino al sesto piano. Lillino aprì una delle tre porte disponibili, quella centrale e quando la porta si aprì d'avanti ai loro occhi, in realtà non furono investiti dall'emozione di entrare in un luogo speciale, ma in un appartamento che odorava di chiuso.
Lillino notò gli sguardi dei ragazzi, decisamente poco entusiasti.
― Aspettate di visitare le stanze, è un appartamento molto grande.
Iniziò ad accendere tutte le luci, ed a sollevare le tapparelle, da tirare su a mano, a forza di braccia, e spalancando le grandi finestre che si affacciavano, da un lato sulla strada principale e dall'altro su un immenso giardino privato con molti alberi che facevano arrivare quasi ai loro balconi le ultime fronde delle punte.
― Non è una soluzione di lusso... lo so. Ma è quella che mi ha chiesto Ferrante, un appartamento in cui studiare, ma anche divertirsi senza troppi problemi, anche in funzione della tipologia dei vicini, diciamo così.
― ...e questo che vuol dire?
― Martin qui potete fare che volete... nessuno vi farà storie per rumori o altro. E' un palazzo tranquillo, con molti appartamenti di studenti ed uffici, starete benissimo.
In effetti, visto in quest'ottica, l'appartamento iniziava a prendere la forma di una casa, la loro. Era davvero molto grande e spaziosa, con molte stanze piene di luce a giudicare dalla grandezza delle molte finestre. L'arredamento era abbastanza datato, un fine anni '70 fatto di lampade cromate e superfici lucide, ma decisamente si prestava ad essere vissuto... senza troppe cerimonie.
― Tuo padre mi ha detto che vuole che tu ti diverta, oltre che studiare.
― Lo so, lo so... suo padre è un grande uomo...
― Quindi... lo hai sentito in occasione della scelta della casa.
― Bè, in realtà no. Ho trattato con la sua segretaria, Fanny penso si chiami, ha fatto tutto lei, ma su indicazioni di Ferrante.
― Ah, ok, Fanny su indicazioni.
Genio ascoltava, ma continuava a ripetere svariati complimenti diretti all'uomo che avrebbe pagato ogni cosa, aumentandone il tiro delle ovazioni mentre via via continuava a visitare le infinite stanze della casa.
Alla fine del giro illustrativo, e perlustrativo, si erano tutti e tre radunati nella stanza principale ed erano rimasti in silenzio. I ragazzi ancora riflettevano, un po' disorientati, ma in realtà qualunque soluzione li avrebbe lasciati un attimo sospesi ad immaginarsi vivere in un posto nuovo.
― Bene ragazzi! Io vi lascio qui. Vi vedo un po'stanchi. Magari vi attendo domani per formalizzare il vostro arrivo, va bene? Ma non c'è fretta, riposatevi stasera.
― Eh signor Lillino, so io che vuole fare Martin questa sera...
Lillino li guardò sospettoso.
― Martin ha la ragazza a Lecce, non si vedono da quasi due mesi, o più... non so se mi spiego.
Lillino rise.
― Ma me lo dovevate dire prima! E mi sarei tolto di mezzo in due minuti, no?
Martin lo accompagnò alla porta, anche se non ricordava bene in che direzione fosse e quindi semplicemente lo segui, mentre l'uomo scompariva frettolosamente nell'ascensore.
Poi raggiunse Genio che intanto si era spostato in un altro punto della casa.
― Martin... ma è grandissima!
― In effetti, è grande.
La ripassarono tutta in rassegna e Martin anche guardando il mazzo delle chiavi che aveva fra le mani si rese conto che le porte sul pianerottolo corrispondenti al loro appartamento erano tre, come cioè se tre abitazioni fossero state unite in un unica megasoluzione, per un totale che probabilmente era pari a circa cinquecento metri quadri. Il padre-Fanny inoltre gli aveva fatto consegnare da Lillino una cartelletta con vari fogli, appunti e numeri di telefono, fra cui c'era il nome ed il recapito della donna che si sarebbe occupata di rigovernare la casa. E poi idraulico, tecnico della caldaia, antennista, elettricista, i recapiti dell'agenzia di Lillino, ed ogni altra cosa avesse pensato utile al suo trasferimento in una nuova città. C'era persino il nome del medico a cui erano state trasferite informazioni di base relativamente a Martin.
Genio notò il pacchetto competo che Martin stava sfogliando con pacato interesse, nel senso che non se la sentiva di sdegnare l'aiuto che gli veniva fornito, visto che davvero ne avrebbe avuto bisogno. Certo, magari non di tutto, come per esempio non pensava di potersi rivolgere necessariamente al parrucchiere Jean Luis David più vicino per il sol fatto che a Firenze ne frequentasse uno, ma magari sarebbero stati utili i nomi di alcuni locali che consegnavano a domicilio pizze, cinese e quant'altro.
Genio si lasciò cadere seduto su un divano di velluto color verde acido, dimostrando in viso tutto l'apprezzamento per quel grand'uomo di suo padre, e per la sua segretaria, che sicuramente sarà stata un gran pezzo di figa...
― Genio!!
― Sììììì...
Genio era stravaccato sulla poltrona, con una gamba accavallata allo schienale. Martin lo fissò, ci si doveva abituare, ormai vivevano insieme.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora