Capitolo 42 - IV

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Ludovica rideva, scambiando occhiate  con Martin e cercando nei suoi occhi il divertimento che continuava a covare all'idea di dover dare a Genio quell'ultima notizia che aleggiava nell'aria, cercando in lui la complicità della costruzione del colpo di grazia che entrambi stavano per assestagli. Ma notò come Martin invece non fosse interessato allo scherzo, lontano ed assorto in altri pensieri, mentre in realtà più che pensare a qualcosa Martin cercava di riprendere il controllo dei proprio ragionamenti impazziti, nell'impossibilità anche solo ipotetica di partecipare alla situazione che si stava come raggrumando e crescendo a dismisura. Martin semplicemente rimase seduto, con le braccia distese dinanzi a sé lunghe sul tavolo, giocherellando con una tazzina vuota di caffè che ossessivamente continuava a passarsi da una mano all'altra.
Ludovica invece si era totalmente appassionata al dramma di Genio, e trovava ormai inevitabile non aggiungerci il carico più grosso, che avrebbe steso il ragazzo al tappeto e che sarebbe stato il culmine di tutta la vicenda. Eppure continuava a non trovare la complicità di Martin. Così decise di procedere di sua iniziativa in quella direzione ed iniziò a guardare Genio preoccupata, volutamente esagerando l'espressione, e Genio se ne accorse.
― E adesso che c'è? Cos'è quella faccia? Scusami se ti sei offesa, so che è una tua amica ma... è davvero una troia... ma per me non è un offesa, è per questo che mi piace. Ma tu non offenderti... la corteggio in amicizia.
― ... e sì, vedo che amicizia...
Genio alzò le spalle dispiaciuto per un istante, per poi riassatanarsi completamente.
― Dai Ludo... che cazzo di faccia stai facendo... a cosa stai pensando? Dimmelo e basta!!
― Genio... mi dispiace essere io a dirtelo...
Ancora Ludovica non credeva possibile che Martin non volesse partecipare allo scherzo, e dare lui la mazzolata forte, ed ancora volle provare a coinvolgerlo.
― ...non so... forse dovrebbe essere qui il tuo amico a darti la notizia...
Ludovica guardò Martin. Cedergli la palla ancora di più sarebbe stato impossibile, ormai le era chiaro come Martin non volesse entrare nel discorso. Martin solo la guardò in silenzio, ed attese che fosse Ludovica a terminare la frase per far soffrire maggiormente Genio e ridersela a crepacuore, mentre Genio scorticava Martin con gli occhi in attesa di spiegazioni.
― Cazzo, Martin, parla! Cosa mi nascondete? Te la sei già fatta tu?
Ed appena disse quelle ultime parole già stava chiedendo scusa a tutti e due, facendo capire che ovviamente quella era una ipotesi del tutto ipotetica, ma Martin lo fulminò senza neanche muovere un muscolo, al contrario di Ludovica che aveva riso forte.
― No Genio... c'è di peggio...
― Peggio a che Martin mi anticipi su una scopata... ma che dici... tu non ci conosci...
Martin ancora più nero lo annichiliva bucandolo da parte a parte con uno sguardo che di verde aveva davvero ben poco.
― Per carità, ogni riferimento alle presenti... è puramente casuale...
― Genio, non rompere i coglioni a tutte le ore, fai la cortesia.
― Va bene, andiamo oltre... Ludovica... vuoi parlare o mi taglio le vene così come sto... anzi guarda, Martin, passami quel coltello e facciamola finita!
Martin finalmente accennò un sorriso, all'amico capace di chiacchiere a raffica intorno a mille centri del discorso, che si aprivano e chiudevano come scatole cinesi.
Ludovica si sporse in avanti verso Genio, come per confessargli un indicibile segreto, e cambiò tono di voce, e parlò a voce bassa, e scandì bene ogni parola, in modo che Genio le comprendesse fino in fondo. Nel farlo però, tentò di tirarsi in avanti anche Martin, che invece rimase con la schiena puntata contro la spalliera della sedia. Lei lo guardò per qualche istante, ma poi decise di continuare la pantomima, troppo divertita alla faccia sgomenta di Genio che attendeva qualche dichiarazione forte.
― Genio... il fatto è che... Gaeta... non è proprio... come dire... il vecchio sfatto e rincoglionito di cui stai parlando...
Martin si sentì spinto all'indietro all'espressione con cui Genio lo assalì disperato, mentre sembrava sbiancare a vista d'occhio, con le mani rimaste immobili a stritolare l'aria innanzi a sé, in attesa di maggiori informazioni sulla questione.
― Ah, no?
― Eh... no.
Sorriso sottile e silenzio rotto da poche parole sibilate sottovoce. Ludovica si sporse ancora più in avanti.
― Gaeta è... un pezzo di maschio... da collezione...
― ...cioè?...
― Apri una rivista, scegli il più pezzo di figo... e comincia a moltiplicare...
― ...Ludo... ma è... un docente...
― Fattene una ragione: Gaeta è un gran pezzo di figo maschio sulla quarantina, un uomo pazzesco, fuori dal mondo, bello da fare cadere le pareti di tutto l'ateneo, in forma come un atleta, affascinante come davvero, davvero pochi.
Martin involontariamente si incassò maggiormente all'indietro quasi per allontanarsi dalla descrizione, come se la descrizione lo potesse far materializzare in qualche modo. Perse il fiato un attimo e non resse oltre a guardare innanzi a sé. Lo sguardo gli cadde in terra all'improvviso vuoto di stomaco che lo fece vacillare e che gli riportò inaspettatamente in bocca il sapore di quel bacio, e perse ancora più energie quando sentì che non riusciva a controllare un'erezione improvvisa, fuori luogo, accecante, che lo portò a gemere di rabbia e confusione. L'unica cosa che poté fare fu evitare di alzarsi in piedi di colpo per uscire dalla stanza ed attirare maggiormente l'attenzione di Ludovica su di sé.
― Ti prego... basta così Ludovica, ho capito. Magari vuoi anche dirmi che davvero Marika ci ha fatto un pensierino... indipendentemente dall'esame?
― ...mi sa che volevo dirti questo.
― ...ma...
Ludovica diede uno strattone a Martin, che ancora planava fra le onde delle sue sensazioni forti e quasi non li sentiva più, e Martin, alla sua mano che lo aveva afferrato forte, sobbalzò con violenza e fastidio.
― E guarda... perché adesso qui c'è lui... ma anche io... se solo capitasse...
Genio sgranò gli occhi incredulo a Martin che sembrava assalito da una fretta cieca di tornare a respirare.
― Ma che cazzo dici Ludovica!! Non ci credo! Mi dici questo mentre ti spompi il mio amico come fosse... Cristo, ma siete tutte impazzite a quel corso?! State davvero tutte facendo a gara a chi si scopa prima Gaeta?! Ma che cazzo di materia è?!
Ludovica rise sminuendo la sua dichiarazione onesta e rilasciata a ciel sereno.
― E va bene, dai, e che sarà mai? ...anche se passasse Brad Pitt direi la stessa cosa... ma certamente... non passerà.
Nella cucina era calato il silenzio.
― E comunque, a pensarci... Marika è il terzo anno che frequenta il corso di Gaeta... secondo me, a questo punto, possiamo anche ipotizzare il fatto che già l'anno scorso potrebbe averci provato, e che magari quest'anno voglia andarci con la mano più pesante.
― Ma perché non ci va con me con la mano pesante?! Pesante, leggera, incollaticcia, all'olio di mandorla, all'olio di motore, che faccia che vuole... nelle mie mutande, avrebbe carta bianca...
― Genio... ha ragione Martin... sei davvero un porco!
― Ludo... ti assicuro... ho avuto un grande maestro.
Martin improvvisamente tornò presente fra loro. Gli lanciò addosso un mazzo di tovagliolini di carta e Ludovica rise abbracciandolo, ma Martin la allontanò per non farle notare lo stato di eccitazione in cui ancora era, e si inarcò maggiormente in avanti per evitarne il pericolo.
Martin aveva ancora tutto il corpo in subbuglio, così vicino a Ludovica, che lo accarezzava e gli mordeva il collo, ma il suo sangue si era illividito, i suoi pensieri non erano più in quella stanza, ed in quel momento non sapeva come avrebbero potuto tornarci, e come lui mai avrebbe potuto continuare a chiacchierare con loro e ridere delle sciocchezze dell'amico.
Gaeta era in grado di marchiarlo a fuoco anche da lontano ed attraverso la voce degli altri.
Genio si versò un bicchierone di succo di frutta per buttar giù le sue disgrazie.
― Così va il mondo amici miei. Cristo dà il pane a chi non ha denti... e dà i denti a chi non dovrebbe usarli.
Il ricordo dei denti di Gaeta che sbattevano delicatamente contro i suoi, la sera in auto sotto casa, la mano sul mento che lo stringeva e gli sollevava il viso, il sapore di Gaeta che di nuovo gli tornava nella mente gli fecero perdere definitivamente il ritmo del respiro, e Martin dovette cambiare posizione sulla sedia, voltarsi dall'altro lato e passarsi entrambe le mani contro il viso e fra i capelli per fare in modo che i suoi occhi tornassero a vedere i mobili della cucina, il pranzo freddo abbandonato sul tavolo, il volto di Ludovica che lo guardava con un velo di preoccupazione.
― Va bene signori cari, così stanno le cose. Adesso però muovete il culo ed andatevi a vestire sul serio. Dobbiamo tornare di là, a casa di Ludovica ci aspettano per preparare la cena, e per parlare di tante cose.

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