― Ma la porta... è chiusa a chiave?
―No, ma... è meglio non entrare, fidati.
― ...ma dove siamo?
― Cazzo, Martin! Alla lezione di Gaeta!
― E... che facciamo qua fuori?
― Non lo so Martin, non lo so!
Martin continuava a guardare dentro dall'oblò, e si sentiva quasi un pesce in una bolla di vetro, perché i ragazzi dentro alternavano il loro sguardo soddisfatto fra il docente dritto innanzi a loro e la visione delle facce che comparivano negli oblò sulle porte, che sicuramente da dentro dovevano offrire una buffa prospettiva. Ludovica e Martin furono presto raggiunti da altri studenti arrivato ancora più in ritardo, finché fuori dall'aula si creò un brusio insistente, di gente che spingeva contro i vetri tondi per sbirciare cosa stesse accadendo dentro. Martin aveva ceduto il suo posto ad una ragazza un po' cicciotta che era ancora incredula di essere arrivata così tardi alla prima lezione di Gaeta e che continuava a sbraitare sulla gravità della cosa.
― E' sempre il solito stronzo! Ha chiuso in anticipo!
― Stronzo bastardo! Dovrebbe restare zoppo!
Qualcuno continuava ad urtare la porta con lo zaino, mentre la piccola calca continuava a crescere, premendo in avanti ed alternandosi in prima fila per guardare dentro.
― Mi mancano solo i suoi due esami alla fine... che anno di merda!
Un tizio con una terribile camicia a scacchi sbofonchiava il dato di fatto che quell'anno non avrebbe potuto scappellarsi i suoi corsi, e che già soffriva sangue all'idea di quanto Gaeta gliel'avrebbe fatta pagare per averli lasciati per ultimi.
― Onestamente... io speravo che morisse, o che lo ritrasferissero a Catania, ma niente cazzo, sta sempre qui a rompere i coglioni!
Ludovica aveva il viso allarmato, e Martin sapeva quanto ci tenesse a non trovarsi in difficoltà con i docenti. In fondo era una ragazza semplice, Martin lo notava in quelle piccole cose. Ma Martin in tutto quel trambusto non si sentiva a suo agio e si stava dunque lentamente defilando dal gruppetto, lasciandosi dietro anche Ludovica, ancora immersa nei commenti di alcuni presenti che conosceva dall'anno precedente. Stava tentando di raggiungere le seggiole chiodate in terra per accasciarsi e decidere che fare, quando la porta dell'aula si spalancò, facendo piombare nel silenzio il mercato del pesce ed imprecazioni che si era formato giusto fuori.
― Signori!
Chi voltava le spalle all'ingresso dell'aula non si era accorto che questa si fosse aperta, e continuava a parlare.
― SIGNORI!!
Si voltarono tutti, riconoscendo la voce autoritaria di Gaeta che cercava di attrarre l'attenzione di tutti i presenti. Anche Martin seduto un po' lontano si voltò a guardare cosa stesse succedendo.
Sulla porta era comparso un uomo alto, magro e dall'aspetto estremamente giovane. Martin lo superò con lo sguardo, cercando di individuare alle sue spalle il docente che aveva appena parlato ad alta voce rivolto a tutti. Non vide nessuno, ma il timore che lesse sui visi di tutti gli fece capire che qualcosa nel suo ragionamento non andava.
L'uomo rimase ad osservare gli studenti rimasti nei corridoi, ed una volta ottenuto il silenzio totale, sembrò cambiare tono ed espressione in viso.
― Siete davvero molti ad essere rimasti fuori.
L'uomo si voltò a guardar dentro l'aula, fermo in silenzio sulla soglia. Ludovica intanto era riuscita a raggiungere Martin.
― E questo pirla... chi cazzo è?
― Martin! Quel pirla... è Gaeta! Ti prego però, abbassa la voce, non voglio che guardi da questa parte.
Gaeta sembrò sentire nitidamente pronunciare il suo nome in varie direzioni, e con gli occhi fece un po' il giro sui presenti, anche per valutare quanti fossero. Per un istante il suo sguardo passò anche su di loro.
Martin rimase a guardarlo abbastanza sorpreso. Forse Ludovica aveva dimenticato di dirgli quanto fosse giovane. Soprattutto per il contrasto che si era creato fra il suo aspetto, anche a causa del suo abbigliamento molto in linea con la sua età, e il carisma che sembrava avere fra gli studenti, immobili innanzi a lui in attesa che qualunque cosa, anche il crollo dell'edificio, sbloccasse lo stallo della situazione in corridoio.
― Siete davvero troppi...
Gaeta si allontanò dall'aula molto di fretta e quasi correndo, tagliando nel mezzo il gruppetto di studenti, ed andò a scomparire lungo le rampe della scala che portava ai piani superiori. Li lasciò tutti lì come stavano, chi seduto in aula, chi in piedi in corridoio a nascondere il viso, per andarsene senza dare spiegazioni sul da farsi.
Da dentro l'aula si alzarono commenti scocciati ed ironici.
― Uno a zero per noi quest'anno: l'abbiamo spaventato!! Eravamo davvero troppi anche per lui!!
Un tizio esaltato e vestito con colori particolarmente sgargianti era balzato in piedi sfuggendo dalla morsa di un banco verso il fondo e zompettava là accanto incitando tutti a ridere e rompere le righe.
― L'abbiamo travolto, muori cazzone di merda!
― In effetti, quest'anno siamo più del doppio dell'anno scorso, che dico... di più.
Anche Ludovica commentava l'insolito numero di studenti, esageratamente tanti e che continuavano ad arrivare ed apprendevano cosa fosse appena successo, che Gaeta fosse scappato via per il numero eccessivo degli studenti.
― Cazzo, Ludo, ma siete tutti sconvolti!
― Eh... e siamo anche in tanti quest'anno probabilmente perché quasi tutti abbiamo lasciato in coda i suoi esami... ed ora siamo tutti qui, tipo nodo al pettine.
I commenti si accavallavano in successione e Martin era in silenzio a gustarsi l'evolversi dei fatti e ad osservare Ludovica, così bella e così sua anche al centro dell'Ateneo ed in fibrillazione.
Il silenzio ripiombò cupo quando un bidello piccolino e con pochi capelli incitò tutti ad uscire per spostarsi in un'altra aula più grande al piano di sopra.
Il suo annuncio scatenò all'improvviso il finimondo. Tutti gli studenti che erano fuori si ritrovarono inaspettatamente in prima linea per conquistare un posto a sedere nel nuovo luogo indicato dal bidello. Chi era dentro si affrettava ad uscire, penalizzato dalla posizione che solo pochi minuti prima sembrava a tutti gli altri vantaggiosa ed invidiabile. I corpi si mescolarono velocemente, chi si alzava, chi spingeva, chi tentava di chiudere dentro lo zaino quaderni, penne che cadevano, un casino generale. Ludovica era riuscita quasi subito a riafferrare Martin per un polso ed a tirarselo dietro in una corsa cieca. Tutti ridevano e correvano, e Martin era incredulo nel vedere in cosa consistesse il suo primo giorno di lezione.
― Ma dove mi sono iscritto? Al pentatlon ad ostacoli con libri sotto il braccio?
Ludovica rideva e continuava a tirarlo voltando gli angoli dei corridoi in una corsa radente alle pareti.
― Ti prego Martin, tu adesso corri e basta!
Ludovica e Martin erano fra i primi ad aprire l'ondata in corsa, e quando in fondo al percorso trovarono una porta a due ante spalancata, entrarono come un fiume in piena insieme a tutti gli altri e si lasciarono cadere su due sedie di colore azzurro giusto accanto a un finestrone. Erano imbottite e comode e Martin vide che sulle pareti c'era la moquette, e tutte sembrava più formale. Ludovica gli spiegò che l'aula in cui erano entrati era quella generalmente dedicata alle sedute di laurea.
Ludovica aveva un po' di fiatone, soprattutto perché correndo avevano continuato a ridere e commentare, come tutti gli altri. La confusione non accennava a scendere, come gli studenti che continuavano a riversarsi in aula. Finché tutto sembrò calmarsi, anche perché una volta dentro gli studenti si accorsero che Gaeta li stava attendendo al suo posto, in piedi immobile puntellato sui pugni poggiati contro il ripiano della cattedra, guardando verso il basso ed in attesa che il rumore finisse. Quando il fiotto umano in ingresso terminò e tutta la bolgia sembrò essersi calmata, Gaeta si mosse verso la porta. Mentre ne accostava le ante, due ragazze si infilarono di taglio rosse fuoco e chiedendo scusa con un filo di voce.
Gaeta le guardò divertito e cinico, come solitamente amava fare. I suoi lineamenti asciutti non lasciavano spazio a nessun altro tipo di emozione.
― ...lasciate ogni speranza...
Le sue parole, quasi dirette alle due ultime studentesse che entravano e cercavano di confondersi con gli altri, fecero da eco al rumore netto della porta che si chiuse definitivamente alle loro spalle.
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Tre maggiore di due
RomanceRomanzo New Adult LGBT Intreccio di storie di tre ragazzi che nei primi anni universitari scoprono sulla propria pelle cosa voglia dire crescere, misurare i propri desideri, conoscere i propri limiti, superarli e pagarne il prezzo. Il racconto parte...