Capitolo 17 - V

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L'auto partì molto rumorosamente, e giusto per esagerare Martin fece vari giri quasi testa coda su se stesso, alzando un polverone bianco, frenando e riprendendo in velocità. Sul terreno rimasero i segni della loro partenza, le mezze lune sfocate che quasi furono una firma ai piedi della casa che sarebbe rimasta orfana del suo unico figlio.
Quando Martin finalmente decise di puntare il cancello che si era aperto d'avanti a loro sotto il lampeggiante arancio, Genio lanciò un urlo che rimbombò mischiandosi alla musica ad alto volume.
Varcarono la soglia in uscita gridando insieme frasi sconce... e sconnesse... solo lievemente in sincrono col pezzo che ascoltavano. Martin aveva tirato la catena d'oro fra le labbra, e teneva le braccia indurite e tese conto il volante come se la sua auto si stesse lanciando dentro un burrone verso l'ignoto.
Oltrepassarono le colonne di pietra a gran velocità.
― ...lasciate ogni speranza... o voi...
― Sì Genio, ma qui stiamo uscendo.
― E che ne sai? Magari l'inferno è là fuori! Vedi, persino Dante l'amico tuo ti mette in guardia! ...però dai Martin, con 'sto punk rock del cazzo che neanche mio nonno, anzi peggio, mio padre!!
Martin rise mentre ormai guidava rilassato. Si infilò in tangenziale, e girò intorno alla città finché non raggiunsero l'uscita dell'autostrada che puntava verso il sud. Sui cartelli comparve la scritta 'Bari', e Genio lanciò l'ultimo sospiro di dolore.
― Io ho scelto la città... tu scegli la musica.
Genio armeggiò con CD e manopole di bassi e volume per poi incassarsi nel sedile, scivolando più sotto e prendendo una posizione quasi distesa del tutto.
Entrarono in autostrada, e subito comparve un'immensa insegna che annunciava un mega autogrill accessibile da ogni lato, a cavallo del doppio senso di marcia. Nel parcheggio, già da lontano si intravedevano fermi in sosta molti pullman coloratissimi, con gli specchietti retrovisori verde pisello come fossero state antenne di insetti psichedelici.
Genio si drizzò subito sul suo posto, valutando la scena.
― Guarda Martin! Sai che sono?
― ...non saprei... vari pullman fermi in un area di sosta?
― Sì certo, ma sai che cosa sono?
Martin li fissò con più attenzione, pensando che Genio si riferisse a qualche viaggio in particolare, tipo una trasferta di una squadra di calcio, o...
― Sono bruchi portafiga. Martin, non ti trovo preparato!
Martin lo fissò mentre ancora lui soppesava quanti fossero e se si trattasse di gite scolastiche, o pellegrinaggi religiosi, quelli no, mai sia... o comitive di turisti nord europei a caccia di Brunelleschi, quelli... insomma.
― Ma come è possibile! Genio ti avverto, non stiamo partendo con il piede giusto.
― Il tuo piede non so, ma il mio cazzo è al posto giusto... e punta dritto ai bruchi.
Martin sapeva che a Genio bastava raccontare a se stesso storie di quel tipo per farselo venire duro in pochi secondi. Ed a quel punto poco c'era da fare per fargli cambiare idea.
― Martin lo sai, io sono un rabdomante, un rabdomante della figa... ed io non posso oppormi alla mia natura... è contro le regole di dio.
Martin lo fissò cercando di valutare la gravità della situazione.
― Martin... devo andare al bagno.
― Sì certo. Mi fai così coglione?
― Martin non scherzo: se non entri subito là dentro te la sgancio qui su questo bel sedile di pellacchiera umana, ti ho avvisato.
― Cambia proprio nota Genio, siamo appena partiti e già...
― Se ti avessi detto che sento la figa nell'aria... mi avresti accontentato?
― In effetti no, neanche così.
― Martin!!
Genio con entrambe le mani gli stringeva il braccio più vicino.
― Mi hai appena detto che avrei potuto scegliere la musica: la mia musica è questa!
Martin gli lanciò una seconda occhiata, ma questa volta alzando gli occhiali da sole.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora