Capitolo 53 - III

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Martin ebbe la sensazione che Gaeta avesse vacillato, Gaeta che lo guardava dentro da così vicino, ma talmente vicino che Martin lo sentiva entrargli dentro senza che nessuna parte della sua anima potesse sottrarsi al suo sguardo fermo ed oscuro e tremò di disperazione all'idea di essersi regalato a lui così completamente e non riusciva a non sentirsi morire dal desiderio che Gaeta continuasse ad accarezzarlo ed a farlo sentire importante per lui, almeno per quell'ultima parte di serata che gli stava dedicando. Sentì che i suoi occhi si riempirono di nuovo di lacrime, mentre non poteva che abbandonarsi di più fra le sue braccia e chiudere gli occhi ed accorgersi che Gaeta se possibile continuava a stringerselo addosso di più, quasi disperatamente ed a piene mani ed aveva ricominciato a farlo morire e farlo piangere forte e farlo continuare a farfugliare qualcosa senza che neanche Martin sapesse cosa fosse.
― Martin, io sono qui con te e ti stringo forte...
Alla sua ennesima carezza Martin non riuscì a non urlare e ad asciugarsi il viso contro il petto di Gaeta che non smetteva di baciarlo e raggiungere quelle parti di Martin così intime e profonde da lasciarlo vuoto veramente, e senza fiato.
― Il vuoto non esiste Martin. Per te, non ci sarà più...
Martin si stava rendendo conto che l'orgasmo a cui lo stava portato Gaeta sarebbe stato devastante.
― Hai capito Martin? Mai più...
Gaeta lo stava facendo urlare disumanamente per esser certo che capisse il suo ragionamento, con un ritmo che era quello della sua voce, delle sue carezze e Martin aveva capito da Gaeta non aveva intenzione di fermarsi nonostante fosse totalmente attraversato da un orgasmo violento, perché voleva portarlo ancora oltre, ed ancora, ed ancora, ed ancora Martin non riusciva a crederlo possibile, mentre Gaeta aveva ripreso a fare scorrere le dita nelle sue profondità e Martin non sapeva che il suo corpo potesse provare tanto, tanto ma tanto piacere in un solo momento, così lungo e sempre più in attesa che il mondo finisse nel suo pianto, nel suo urlo soffocato dai baci di Gaeta che gli chiedeva di continuare a fargli sentire quanto stesse godendo, quanto il suo corpo stesse accettando le sue mani, quanto non avrebbe mai più potuto farne più a meno.
― ...solo ti dico che va tutto bene, ma che ancora non è niente...
Gaeta faticava a tenerlo fermo, la schiena di Martin era rivoltata all'indietro quasi fino a spezzarsi, le sue gambe tremavano, il suo battito era impazzito, il suo respiro si fermava per poi riprendere violento, il suo viso era stravolto da una forma di possesso che Gaeta aveva sfrenato su di lui senza nessun limite. Martin era stremato da un orgasmo infinito ed accecante, e la voce di Gaeta gli diceva di mantenersi calmo, di aspettare una vetta finale che ancora non gli aveva fatto raggiungere. Martin stava godendo fra le braccia di Gaeta, fra le sue dita, sotto il suo totale potere di ogni cosa, ed ancora Gaeta gli prometteva parlandogli sottovoce che avrebbe potuto aumentare il livello delle sue emozioni se solo si fosse lasciato andare ancora di più, alla definitiva conclusione di quello che aveva deciso di fargli vivere.
― Sei una cosa mia Martin, e se ti dico che ancora non è il momento, tu mi devi credere.
Ma Martin sentì che tutte le sue forze si erano esaurite in un orgasmo che avrebbe solo potuto concludersi nell'esplosione impazzita che Gaeta gli stava facendo ritardare, e che ormai Martin non poteva più trattenere, non poteva più, perché ormai Gaeta lo aveva portato oltre il proprio limite personale, e l'unica cosa che Martin avrebbe potuto fare per migliorarla sarebbe stato quella di porgli fine.
Martin venne con una violenza che non si aspettava, il suo sperma sparì nell'oscurità innanzi a loro, e Martin gridò come non aveva fatto mai, tutto il suo corpo fu percorso dall'urlo e dallo spasmo che lo investì da dentro ed uscì fuori come una furia, e di nuovo Gaeta faticò a tenersi in equilibrio, a tenere Martin in equilibrio fra la vita e la vita, e fra le sue braccia che lo strinsero forte, e Gaeta non avrebbe più voluto lasciarlo andare, ed avrebbe voluto nutrirsi del suo pianto forte, del suo tremore, della sua paura, della forza con cui Martin si era stretto a lui e non accennava ad allentare la presa, col viso stravolto e senza fiato.
― Sono qui Martin, sono qui, aggrappati a me, a quello che posso darti solo io.
Martin aveva l'affanno, era accecato, tossiva e tremava come se si fosse appena svegliato di soprassalto da un incubo favoloso, e Gaeta gli passò una mano delicatamente sul petto. Il cuore gli stava scoppiando fra le costole e Gaeta riuscì a baciarglielo e morderglielo facendolo rabbrividire ancora. E continuava a massaggiarlo, ad accarezzarlo come per impossessarsi anche del suo respiro, finché Martin sembrò quasi lasciarsi andare su di lui in una morte profonda e silenziosa, esanime e privo di ossa.
Gaeta gli sollevò il viso che era rimasto abbandonato sul un suo petto, e lo baciò con una dolcezza che spesso non sembrava appartenergli. Martin era impastato di pianto, di dolore, di paura, ed aveva il viso bagnato e Gaeta volle assaggiare le sue lacrime che iniziavano a rapprendersi. Gli passò la lingua sugli occhi, poi lo baciò sulle labbra, sul mento, scese sul collo, tutto il suo corpo era rigato di linee di sale e quelle sul viso scendevano fino a puntare sulla sua collana, che tagliava di netto tutte le scolature luminose essiccateglisi sulla gola. Gaeta con le labbra arrivò alla sua collana, che nell'oscurità rifletteva le luci in lontananza. Gli baciò tutta la pelle che correva intorno alla catena d'oro e prese nella sua bocca il ciondolo rubino. Se lo sentì tintinnare contro i denti, e lo tirò a sé fino a sollevare verso il proprio viso la collana che Martin sempre portava addosso. Martin lo guardò così vicino, ma non abbastanza perché non potesse notare l'isolita situazione di vedere per un istante scomparire fra le labbra di Gaeta il cuore rosso fuoco come quasi ad esserne ingoiato. Ma la paura di aver perso il cuore durò un istante perché con un bacio Gaeta entrò nella sua mente accarezzandogli il palato come Martin adorava e la sua lingua glielo restituì facendolo urtare in ogni direzione, dovunque, nella bocca di entrambi e Martin si abbandonò a quel bacio insolito e rumoroso, perché i denti di Gaeta sbattevano sull'oro, sul rubino, contro i suoi, e Martin non aveva parole, né coraggio, né niente, per riuscire a staccarsi da lui e guardarlo negli occhi. Gaeta era arrivato in luoghi che Martin non gli aveva concesso, che continuasse a giocare con la sua collana, con la sua lingua, con i suoi baci devastanti che oramai si erano arricchiti di quella nuova presenza fra di loro, Martin non lo aveva previsto. Martin sentiva di aver perso il senso della misura, Martin si era sbriciolato su di lui, si era lasciato completamente distruggere, affondare, spezzare fino all'ultima fibra. Martin si era perso d'amore, Martin si sentiva morire ad ogni bacio, perché sapeva che ognuno era uno di meno, e che presto non gli sarebbe rimasto niente, perché a Gaeta aveva dato tutto il suo cuore, ed anche l'altro.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora