Capitolo 17 - VI

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― Mi hai assicurato che il nostro viaggio sarebbe stato indimenticabile. Spero non ti riferissi ai nostri studi!
― No, ma neanche all'andare a scopare in giro come conigli... negli autogrill appena fuori Firenze!
― Però Martin, a voler essere precisi come piace a te, in realtà il tuo discorso, che ti ripeto, e di dico: t.i r.i.p.e.t.o, non fa una piega, io l'ho interpretato come riferito a Lecce, alla nostra vita a Lecce. Giusto?
― ...porca puttana... giusto.
Martin sapeva dove il discorso stava inevitabilmente andando a parare.
― ...e... dove siamo adesso?
― A tre chilometri da Firenze, Genio. E con questo?
― E con questo?! Non per niente mi chiami Genio. E dunque io ti esento finché non arriveremo a Lecce di fare tutto quello che ci siamo ripromessi. Tu qui sei ancora il testa di cazzo che conosco, ed adoro. A Lecce... bè, a Lecce poi vedremo.
Martin stava già rallentando, puntando l'auto verso la rampa d'uscita. Era perplesso sulla scelta appena fatta, ma impossibilitato a contrariare Genio già subito all'inizio, in qualcosa doveva cedere.
― Martin... mancano 850 chilometri dalla nostra nuova vita: non ne vuoi approfittare?
E mentre lanciava la proposta, Genio aveva già sistemato il giubbotto e messo a posto i capelli.
Poi si era voltato verso Martin con fare inquieto, quasi convulso. Cercava di controllarsi nello specchietto retrovisore un pezzetto alla volta, fino a sollevarsi così tanto da urtare varie volte la testa contro il tettuccio dell'auto.
― Non vorrai anche controllarti i boxer con lo specchietto retrovisore, no?
― Perché... dovrei?
Il volto sembrò per un momento smarrito e preso di sorpresa. Poi sorrise già con la mente proiettata alla piazzuola popolata di ragazzi sparpagliati in ogni direzione.
― Martin! Martin sbrigati!!
Genio guardava la piazzola antistante all'autogrill. Era totalmente disseminata di gruppetti di studenti e studentesse vestiti in maniera molto colorata. Più l'auto si avvicinava al parcheggio, più il vociare intenso arrivava alle orecchie di Genio, quasi fosse un potente feromone sonoro che lo attirava a far parcheggiare il più presto possibile.
Martin sorrideva divertito, a guardare il viso di Genio che guardava fuori mentre tutti li guardavano arrivare con un auto piuttosto vistosa. E per tenerlo maggiormente sulle spine, compì un inutile giro intorno a niente, facendo un po' di rumore ed attirando l'attenzione di quei pochi ragazzi che ancora non li avevano notati.
Genio, che all'inizio gli stava per sferrare un pugno in piena coscia, quando vide l'inaspettato effetto gli prese la testa fra le mani e gli schioccò un bacione sonoro su una guancia, ed un po' lo fece anche sbandare.
― Tu, tu sei un genio, amico mio!! Che arrivo ad effetto!! Ci stanno guardando tutte! Dai presto, ferma questa cazzo di macchina e scendiamo!! Ma non fermarti lontano, ma neanche in mezzo, anzi, no, in mezzo...
― Cazzo ma la finisci!! Guarda cosa faccio, così sei ancora più contento, e cafone!
Martin finalmente fermò l'auto con una manovra ad U che alzò polvere e stridore di freni.
Come se fosse un ingresso trionfale sulla scena dello spettacolo del mondo, Genio appena possibile spalancò lo sportello, e ripreso il controllo dei propri ormoni muscolari, come diceva Martin, scese dall'auto con tutta la calma studiata possibile. Rimase immobile a guardare innanzi a sé, quasi fosse stato un Mad Max giusto fuori Firenze Sud, e con la lentezza studiata anni allo specchio, si sfilò gli occhiali da sole come ogni volta uscendo da quell'auto. Ma li rimise subito, perché il sole era davvero accecante.
― Cazzo Martin, mi hai fatto atterrare al centro di Figalandia!
Martin scese dopo di lui, e schiacciò il pulsante della chiusura automatica. Il beep attirò ancora altra attenzione ed un mare di occhi iniziò a scrutarli senza remore. Martin si avvicinò all'amico un po' stringendo gli occhi sotto le lenti.
― Prendiamo un caffè?

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora