Capitolo 39 - I

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Martin si era lasciato cadere seduto su una panca disposta in corridoio. Si passava frequentemente le dita fra i capelli e per quante volte lo aveva fatto, aveva la sensazione che si fossero sporcati. Voleva solo andare a casa e buttarsi sotto l'acqua, ed invece attendeva che Ludovica e le sue amiche terminassero di sviscerare fatti e vicende irrilevanti, ma che alla fine andavano sempre a sbattere contro al corpo di Gaeta ed al suo fascino incontrovertibilmente fisico e mentale.
Aveva poggiato la testa contro l'angolo della parete e quasi assopito attendeva un cenno di Ludovica per tirare via le tende e finalmente ritornare a casa, ma comunque non rinunciava a seguire se pur distrattamente l'evoluzione delle loro teorie riguardanti Marika e la tattica che avrebbe utilizzato per portarsi a letto Gaeta. Marika intanto però era andata via, lasciando libera evoluzione alle chiacchiere che la riguardavano. Nella sua mente Martin non era in grado di articolare nulla, si sentiva stanco e senza forze, e non riusciva a capire come uscire dallo stato di confusione ed insicurezza in cui scivolava ciclicamente, per poi riemergere, per poi ripiombare e sprofondare, al folle ritmo del sentire anche solo pronunciare il nome di Gaeta. La sua immagine fra i suoi pensieri tornava a rinnovarsi qualunque cosa decidesse di pensare, e con la tempia contro il fresco della parete, sperò solo di assopirsi nell'attesa che Ludovica decidesse fosse ora di andar via.
Anche se a casa di Ludovica non ci era mai stato, l'incubo dell'idea di pensare Gaeta girovagare di primo mattino... e magari incontrarlo accanto al frigo alle prime luci dell'alba, quando la sete ti assale e non puoi far altro che farti accecare le pupille dall'illuminazione interna nel cercare qualcosa da bere... la cosa lo infastidiva profondamente... aveva le idee confuse, pensava a Gaeta accanto ad un frigo... in una casa con altri studenti... non era neanche lontanamente possibile...
Come anche non gli sembrava poter essere possibile una storia fra una studentessa disposta a tutto ed un docente come Gaeta, un uomo di quel calibro, e non un vecchio bavoso come quelli che incontrava nei corridoi, attorniati da altrettante studentesse altrettanto disposte a più di tutto per un voto... ce ne passava...
...Gaeta accanto al frigo in casa di Ludovica di primo mattino in cerca di una birra...
La mente gli tornò al furgone dei panini ed a Gaeta che gli passava la bottiglia appena aperta, mentre sorrideva ed accennava ad un brindisi, non poté che sobbalzare e riportare l'attenzione nel corridoio dell'Ateneo, ad ascoltare la voce di Ludovica in lontananza.
― Che facciamo ancora qui? Cos'altro hai da fare?
Martin tentò di protestare non appena Ludovica lo raggiunse staccandosi per qualche istante dal gruppetto che cinguettava in corridoio e sembrava avere un gran da fare fra fogli ed appunti di ogni genere. Le aveva afferrato una mano, l'aveva voltata con il palmo all'insù e la fissava da vicino.
― Sì, hai ragione Martin, è che però... anche queste cose sono importanti, stiamo cercando di distribuire degli appunti che non so chi ci ha fornito. Sembrano essere relativi a delle lezioni di Gaeta di un po' di tempo fa, e che potrebbero essere molto utili quest'anno.
― Ho capito. Io comunque, preferirei studiare sui libri, per conto mio, e non su scarabocchi messi giù chissà da chi.
Ludovica gli fece cenno che aveva ragione, ma poi si allontanò velocemente quando vide che da una stanzetta usciva qualcuno per mostrare a tutti qualcosa. Martin si rassegnò ad ostentare altra pazienza, una pazienza cieca, sbuffando e socchiudendo gli occhi nel bisbiglio sostenuto di un mucchio di gente che andava avanti ed indietro per i corridoi luminosi al primo piano. Lontano dalle ansie che sembravano animare tutti, quasi disteso per quanto aveva allungato le gambe in avanti, totalmente avvolto dalla sonnolenza mista alla noia, si sentiva come un messicano all'ombra di un cactus, rilassato, ma con la schiena premuta su un manto di spine.
Con le mani in tasca e socchiudendo gli occhi ogni tanto, si rese conto che molta gente sembrava non poter fare a meno di infilarsi nella stanza in cui era sparita Ludovica, che invece ne uscì come una furia correndogli incontro. Martin la guardava come avrebbe fatto con un alieno appena sbarcato sulla terra. Nonostante il fatto l'amasse sinceramente, e che fosse felice di essere con lei a condividere l'esperienza dello studio, in quel momento si chiese come avrebbe affrontato l'impatto con le lezioni se non ci fosse stata lei ad impostare ogni cosa. Se non si fosse iscritto a Lecce per seguirla di certo non avrebbe avuto il problema di considerare gli appunti di Gaeta un bene fondamentale nell'universo. E sopra ogni cosa non avrebbe mai conosciuto Gaeta.
Si sentì profondamente spossato e disturbato al ricordo della sua lezione appena conclusasi ed il malessere che aveva provato era stato talmente intenso al punto che lentamente iniziava a sostituire il ricordo dei fatti accaduti nella sua auto. Ma invariata rimaneva la sensazione sfuggente e liquida che lo faceva stare in uno stato di quasi torpore e squilibrio emotivo. 
Ormai erano quasi due giorni che tentava di dare un senso agli episodi che continuavano a sommarsi, ed innegabile ormai era il momento di...
Ludovica lo stava chiamando ad alta voce e lui, pur guadandola, non lo aveva capito. La ragazza dovette agitare le braccia verso l'alto per attirarne l'attenzione, distraendolo dai suoi pensieri. Martin la raggiunse, aspettandosi di tutto, vista la confusione che si stava creando intorno alla stanza degli uscieri.
― Martin, ti prego, occupati tu di questa cosa... io devo correre al piano terra per...
Ludovica allontanandosi correndo aveva continuato a gridargli cosa fare, e cosa stesse invece andando a fare lei... e mentre terminava la frase in lontananza, era sparita inghiottita dalle rampe delle scale prima di spiegare a Martin cosa concretamente gli stesse chiedendo di fare nella minuscola stanza che gli aveva indicato.
Cancellato dalla noia, Martin guardò la porta oltre la quale molte persone erano stipate ed interessate ai fogli che una fotocopiatrice stava gettando fuori a raffica. Martin dedusse che Ludovica gli avesse chiesto di conquistarne una copia anche per loro prima che la carta terminasse. Si gettò dentro senza pensarci e si trovò subito schiacciato contro un armadietto un poco più alto di lui. Lentamente cercò di avvicinarsi alla macchina, cercando di approfittare dei piccoli spostamenti che si creavano fra i presenti non appena qualcuno usciva. Fino a quando non riuscì a raggiungere un'amica di Ludovica che sembrava essere l'artefice dell'iniziativa, del festino ad alta densità di popolazione che si stava svolgendo nella stanzetta delle fotocopie. La ragazza lo riconobbe, si erano presentati poco prima, alla fine della lezione.
― Ciao Martin, prendi, questo è vostro... penso siano abbastanza leggibili.
Martin era sul punto di ringraziarla quando un improvviso silenzio lentamente iniziò ad impossessarsi dell'ambiente ormai totalmente invaso da studenti ammassati contro una fotocopiatrice che quasi furtivamente stava spacciando a contrabbando appunti estorti al caso della vita e che non avrebbero dovuto neanche esistere.
Ad uno ad uno in molti sembravano smettere di parlottare per nascondere in borsa i fogli spinti dentro alla rinfusa. Martin era proteso verso la mano che gli stava passando il suo fascicolo e non si accorse di come nella stanzetta fosse entrato anche Gaeta, che stava tentando di farsi strada al pari degli studenti verso la macchina fotocopiatrice, cercando di infilarsi fra di loro e senza parlare. Martin dava le spalle alla porta, ma vide riflesso negli occhi dilatati della ragazza con cui stava parlando, e nel cambio del tono della sua voce, il fuoco nero che stava per investirlo.
Gaeta era immobile alle sue spalle e Martin immediatamente ne riconobbe la mano quando Gaeta lo toccò d'un lato, sulle costole, sotto al braccio che Martin stava tendendo in avanti per afferrare gli appunti. Gaeta aveva nuovamente poggiato su lui le sue mani, una mano calda, e Martin sentiva contro di sé la sua spinta leggera, perché Gaeta lo stava spostando per passare.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora