Capitolo 20 - VIII

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Si mise seduto e prese in mano il cellulare. Era tardissimo, non sapeva neanche bene da quanto tempo non si sentissero o perché si fosse creato fra di loro un silenzio così difficile da interrompere, per due persone che non si conoscevano affatto, che non avevano grandi ricordi da condividere, che ad un certo punto si erano per giunta anche perse di vista. Perché Ludovica avrebbe dovuto attenderlo?
Senza neanche rendersene conto cercò il suo numero in rubrica, ma prima di lanciare la telefonata lesse e rilesse le cifre, in un senso e poi nell'altro, quasi che nascondessero qualche importante informazione da sapere prima di parlarle direttamente.
Ed alla fine, la chiamò.
Ci furono tre squilli interminabili, durante i quali Martin cercò di visualizzare il suo volto e l'espressione che avrebbe fatto leggendo in quel momento il suo nome comparire sul display dopo varie settimane.
Compariva? O lo aveva cancellato dalla rubrica? Oppure il cellulare era poggiato toppo distante ed ancora non si era accorta della sua chiamata? Oppure dormiva. Oppure invece lo aveva letto, ed aveva scelto di non rispondergli, ed attendeva dall'altra parte contando gli squilli, per misurare con quanta insistenza Martin avesse voglia di parlarle?
Gli scquilli furono quattro, poi cinque, poi sei. Martin guardava il display illuminato insistere sulla chiamata in un tempo sospeso in cui smise di respirare.
― Martin?!
― Ciao.
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale nessuno dei due aveva niente da dire, per quante erano le cose da dirsi. Così rimasero uno accanto all'altra, ma con in mezzo tutta l'Italia avvolta nel buio. Martin la sentiva respirare, ed anche Ludovica sentiva Martin essere sul punto di dirle qualche cosa, ma nessuno dei due si decideva, non per orgoglio, ma per un mare di emozioni che li aveva investiti in maniera diversa, ma ugualmente intensa. Perché Martin si era preparato alla telefonata, Ludovica no.
Passavano i minuti ed entrambi guardavano il conto dei secondi procedere in rosso sotto il nome dell'altro. Era come se il tempo stesse quantificando la loro incapacità di rompere il silenzio per ritrovarsi, seppur lontani centinaia di chilometri. Ma entrambi sapevano che era come se non fossero in silenzio, perché quel silenzio era il loro silenzio, era una maniera personale che avevano elaborato per iniziare una conversazione. Come quasi un modo di ritrovare il loro passo, l'atmosfera, il respiro dell'altro, dall'altro capo del telefono.
― Ti amo, Ludovica.
Martin la sentì sorridere e sorrise anche lui, sorpreso in pieno da ciò che aveva appena dichiarato, per la prima volta nella sua vita.
― Ne sono sicuro.
― Dove sei?
― Sono a Fiesole, in camera mia.
― Fiesole? ...e come stai?
― Sai dov'è Fiesole?
― ...studio Lettere Martin, vivi in un paese che ho già sentito nominare... Boccaccio, no?
― Sì. Vivo a Fiesole. Ma sto per trasferirmi a Lecce, Ludo. Vengo per te.
Martin faticava a parlare, ma scandiva bene ogni parola. I suoi occhi erano di un verde intenso, illuminati da vicino dalla luce del cellulare, ed aveva il cuore di rubino tirato contro il mento. Lo faceva girare fra le punte delle dita, e lo spostava lievemente da destra a sinistra e poi al contrario.
― Sono felice Martin. Vedrai, sarà bellissimo. Io, pensavo che...
― Sì, ne sono sicuro anch'io. Mi aiuterai?
― A fare cosa?
― A fare tutto. A cominciare. A ricominciare. Negli studi... in tutto.
― Fai le valigie presto, Martin, vieni a Lecce.
― Mi sento così...
― Non ti preoccupare di niente, vieni da me, e ricominceremo insieme.
― Sei così sicura di quello che dici... che...
― ...che quasi quasi ti convinco?
― Sì, forse sì, volevo dire questo.
A Ludovica parve che Martin si stesse perdendo in quella parte di acqua mancante al bicchiere mezzo pieno.
Martin rimase in silenzio.
― Manca ancora un po' all'inizio delle lezioni, ma se tu fossi qui faremmo tante cose, anche per farti conoscere la città. Sceglieremo dei corsi da seguire insieme, e poi i miei amici, ho parlato tanto di te...
― Davvero?
― Bé... non sono scesa nei dettagli ovviamente...
― Meno male.
― Perché?
― Vorrei presentarmi per come sono, non per le stronzate di cui sono capace.
― Ma di che stronzate parli, Martin. Capita non sentirsi per un po'.
Ludovica rise ed ancora il silenzio li avvolse. Anche Martin aveva un sorriso stampato sul volto, ed era steso sul letto a pancia in su a fissare il soffitto tagliato dalle proiezioni olografiche dello stereo.
I riverberi illuminavano anche il corpo di Genio definitivamente collassato al suo fianco.
― ...e poi io vivo in una casa grande, con molte stanze, c'è sicuramente posto per te...
― Con me c'è un mio amico, vivremo insieme. Abbiamo già una casa.
― Ah. ...pensavo saresti venuto a stare da me.
― Per ora no. Ma probabilmente lo farò presto.
Rimasero ancora un po' in silenzio ad ascoltarsi respirare, fino a quando fu ora di chiudere la giornata in attesa della seguente, quando finalmente l'avventura verso sud avrebbe avuto inizio.
― Buonanotte Ludo, ci vediamo domani.


Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora