Martin si era lasciato girare dentro fuori, anche se per pochi istanti tutto sommato, ma lo aveva fatto. E anche solo il pensiero lo turbava nuovamente e non era sicuro che si trattasse di eccitazione o rabbia, o ribrezzo, o passione, o sorpresa, o quasi sbornia in piena notte. Non lo sapeva, non riusciva ad essere onesto perché era accecato da Gaeta, dal ricordo di Gaeta, fino a quando il suo corpo non rispose al suo posto. Tutti i muscoli di Martin si indurirono quasi fino a fargli male, e Martin dovette stringere gli occhi, perché d'un tratto in cucina la luce del giorno gli sembrò accecarlo, come se pensando a Gaeta fosse caduto al centro del sole.
Gaeta gli aveva scompaginato la vita in pochi istanti, e niente gli sembrava più essere lo stesso. La stessa voce di Ludovica era come se gli si fosse allontanata nella mente.
Ludovica era ancora seduta di fronte a lui, e Martin si chiese quanto di tutto quel subbuglio le fosse arrivato addosso. A guardarla sembrava essere fresca e rilassata, nel tentativo di fare conversazione sull'unico argomento, ironia della sorte, che non avrebbe dovuto venir fuori.
E Martin non poté fare a meno di chiedersi se fosse davvero l'ironia della sorte, o se invece si trattasse di una strana legge di compensazione che andava a scavare nel punto giusto, al momento giusto, ma per la motivazione sbagliata.
E Martin anche si rendeva conto di come Gaeta sortisse lo stesso effetto su chiunque incrociasse il suo cammino. Infatti anche Ludovica, più che parlare della mancata lezione di Gaeta, sembrava invece essere maggiormente interessata a spettegolare su di lui come uomo, come anche innegabile era il vespaio di ragazze in calore che continuavano ad aumentare di giorno in giorno e che durante le poche volte che gli era stato possibile notare, ronzavano intorno al professore come quasi fosse l'unica lezione da seguire in tutto l'universo. Ed ovviamente Martin era certo di quanto anche Gaeta ne fosse consapevole, e forse anche infastidito, ma certamente gratificato e spinto a rimanere fedele al mito che quasi si era costituito intorno alla sua figura, come quando lo aveva visto sfrenato primeggiare al Camelot, o come quando non si era creato nessun problema a considerare Martin una cosa a sua disposizione...
Vertigine. Martin tornò a sedersi.
... o come quando accadeva a lui esattamente la stessa cosa, di essere al centro dei discorsi delle ragazze ammassate nei bagni della scuola all'ora di ginnastica, mentre parlavano di lui e delle storiette che sempre qualcuna di loro tirava fuori, e come quando camminava per i corridoi della scuola, e qualcuna lo salutava e tutte le altre subito dietro a parlottare e darsi di gomito, o come quando alle feste c'era sempre quella che gli portava da bere, o che gli proponeva improbabili giri alla ricerca del cellulare... cose così Martin ne poteva elencare a bizzeffe...
Martin alzò involontariamente il viso verso l'alto, sfiorandosi il mento.
― Dai Martin! Ma mi stai ascoltando?
Martin non finse, perché era palesemente distratto, visto che senza volerlo si era anche un po' girato dall'altro lato rispetto a Ludovica.
Come riafferrato per i capelli dall'esclamazione ad alta voce della ragazza, Martin con la mente tornò in cucina. Allungò la mano verso la sua e infilò le dita fra le sue nocche, strinse forte, ed avrebbe voluto che Ludovica ricambiasse la stretta, per fargli sentire che sapeva quanto Martin avesse bisogno di una carezza sul cuore, su quel cuore rosso fuoco che aveva infilato in una collana e che mai come in quel momento prima gli sembrava stesse appeso su un baratro di dolore ed incertezza. I suoi occhi verdissimi erano colpiti dalla luce trasversale ed erano trasparenti, gli zigomi sembravano essersi sollevati, scolpiti dai chiaroscuri radenti al viso, l'ombra delle labbra tagliava a metà il suo volto, in un irreale gioco di volumi ed espressioni intense.
Ma Ludovica liberò la mano velocemente con uno scossone e continuò a gesticolare innanzi al proprio volto forme vuote descrivendo fatti accaduti l'anno prima durante le vecchie lezioni di Gaeta.
― Sì, ti sto ascoltando, solo che... capirai che...
Ludovica rise, e gli scrollò il braccio.
― Tu come lo vedi?
― ...vedo cosa?
― Come cosa?! Gaeta! Pensi sia un puttaniere?
― ...non... saprei...
A Martin girava la testa, in un turbine di confusione generale all'incredibile capacità di Ludovica a sviscerare l'argomento più inopportuno in quel momento.
― Ludo, sinceramente... sono chiacchiere da donne... ma che ne so? Cosa ci cambia a lezione?
― No, appunto, appunto perché sono chiacchiere da donne mi interessa sapere il tuo parere. Tu come lo vedi?
Martin rimase in silenzio ad ascoltarla, voleva davvero rendersi conto in che senso il punto di vista maschile potesse influire sull'argomento.
― Voglio dire... tipo puttaniere senza pietà, come a tutti da l'impressione di essere, oppure... tipo introverso e solitario, amante della notte, evanescente, un sognatore...
Ma Ludovica, presa dalla foga del suo ragionamento neanche attese l'eventuale risposta di Martin, continuando a sproloquiare sulle varie teorie delle sue amiche a tal proposito.
― No perché, con il fisicaccio che si ritrova, con quell'aria da maledetto, così maturo, così colto...
― Ludo... insegna Letteratura Italiana alla facoltà di Lettere... minimo ha letto quattro libri.
...ma non l'Isola di Arturo... gli venne da pensare con un sorriso nella mente...
― Scherza, scherza... ma lo sai che i retroscena, la vita privata dei docenti... è interessante più delle loro materie?
― ...immagino.
Martin le sorrise, iniziava a sorridere sull'argomento che sembrava completamente conquistare l'attenzione di Ludovica. Ludovica però si bloccò a fissarlo sospettosa.
― Ma scusa, perché ridi? ...se io mi tirassi una storia con Gaeta... tu non saresti geloso?
E mentre terminava la frase già scoppiava a ridere, osservando l'espressione strabuzzata di Martin che non seppe decifrare, tant'era sorpresa ed interdetta.
Gli diede un altro colpetto sul polso.
― Dai, dai, stai tranquillo! Era per dire... ha quasi gli anni di mio padre!
Silenzio.
― No, anzi, ti dico subito... ti dico esattamente quanti anni ha...
Ludovica, allungandosi sul tavolo ed oltrepassando le braccia di Martin lunghe ed immobili, impugnò il cellulare e fece una veloce ricerca.
― Esattamente ha... aspetta... l'avevo trovato ieri... ecco... per quanto dichiara qui... aspetta un attimo... Gaeta ha quarantadue anni... l'ho trovato su LinkedIn.
Martin sorseggiava il suo latte e caffè. Ascoltava senza fare alcun commento.
― Ma che cazzo...guarda che cavolo di foto da psicopatico ha caricato...
Ludovica passò il cellulare a Martin, che a stendo degnò lo schermo di uno sguardo.
Mentre erano ancora in cucina, e senza che il discorso si allontanasse molto dall'argomento Gaeta, Ludovica ricevette un messaggio che la aggiornava sulla sorte delle lezioni di letteratura.
― Loretta è ancora là, dice che Gaeta è arrivato, che non ha fatto lezione, ma che ha confermato le altre date... tipo... domani alle dieci.
― Basta Ludo... finiamola qui... mi sembrano chiacchiere da ciclo!
Martin scoppiò a ridere, mantenendo comunque in fondo al cuore una nota amara che ancora non riusciva a sciogliere.
― E cosa sarebbero, le chiacchiere da ciclo?!
― Le chiacchiere delle femmine in calore...
Martin le si buttò sopra abbracciandola forte prendendola alle spalle, nel radicale tentativo di chiudere definitivamente la discussione.
― Ludo...
Immerse il viso fra i suoi capelli e ne respirò il profumo, poi le baciò il collo, raggiungendole la nuca con le labbra.
Lei allungò le braccia all'indietro, e anche lei lo abbracciò alla cieca.
― Ludo, grazie di tutto. Grazie di essermi rimasta accanto... oggi.
Ludovica, senza sfuggire all'abbraccio di Martin, riuscì a ruotare un po'sulla sedia, fino a trovarselo quasi di fronte. Se lo tirò sopra e Martin finì col sedersi sulle sue ginocchia. In quella posizione innaturale i loro corpi faticavano a mantenersi in equilibrio, perché l'altezza di Martin gli faceva allungare molto le gambe sul pavimento. Con la schiena curva in avanti si era lasciato stringere come fosse stato quasi un neonato, mentre sorrideva, con il viso riverso in avanti ed i capelli che gli nascondevano gli occhi nonostante Ludovica glieli raccogliesse dietro alle orecchie.
― Martin... io non voglio chiederti cosa ti sia successo... ma...
― Mi credi se ti dico che non è successo niente di così importante come tu... e Genio... avete pensato?
Ludovica continuava ad accarezzargli i capelli lungo il collo, in un atteggiamento forse troppo materno, che Martin non era sicuro di gradire proprio fin in fondo.
― E' che, certe volte... è colpa mia, sono io... con certi cazzi in gloria nella mente...
― ...si tratta di tua madre?
Martin si scostò da lei per guardarla negli occhi, con un aria che Ludovica non riuscì a decifrare.
― Che c'entra mia madre? Cosa vuoi dire?
Ludovica abbassò lo sguardo colta in contropiede.
Martin sorrise, ma in effetti non fu felice di scoprire in quel modo che Ludovica fosse al corrente di fatti così personali e ancora troppo recenti per divenire argomento di conversazione.
― Fammi indovinare... Genio?
― Scusa Martin, non avrei dovuto accennare a nulla, ma mi è sfuggito... visto come stavi...
Martin la lasciò parlare, non la corresse sull'errore, anzi fu sollevato dal non dover dare altre spiegazioni, ma anche oppresso dalla piaga che nuovamente aveva ricominciato ad aprirglisi dentro, come ogni volta che anche da lontano il suo ricordo tornava sui fatti della notte appena trascorsa.
― Hai avuto sue notizie?
Ma di chi? Di sua madre? Martin la guardava in silenzio.
― ...niente che già non sapessi...
― Va bé, dai, cose che accadono, purtroppo.
Ludovica chiuse il discorso, avendo constatato che Martin non aveva voglia di parlarne, ma anche abbastanza rincuorata del fatto di aver centrato il punto dolente che, grazie alle sue chiacchiere, sembrava lentamente smussarsi nell'animo di Martin.
― Abbiamo tutta la giornata libera, ti va di fare una passeggiata al mare? E Genio? Poverino, dov'è finito?
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Tre maggiore di due
RomanceRomanzo New Adult LGBT Intreccio di storie di tre ragazzi che nei primi anni universitari scoprono sulla propria pelle cosa voglia dire crescere, misurare i propri desideri, conoscere i propri limiti, superarli e pagarne il prezzo. Il racconto parte...