Capitolo 18 - IV

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― Ah! A spasso con la morta! Martin le lanciò uno sguardo intenso seguito da un sorriso che di colpo fece ricordare alla ragazza il perché si era cacciata in quella assurda situazione. Si muoveva sul sedile come se lo stesse cavalcando, quasi convinta che in quella maniera l'auto potesse andare più veloce.
Ma l'auto di Martin era veloce già di suo e Martin la completava come la più pregiata delle rifiniture di lusso. Sorpassarono alcune auto che, rispetto a loro che sfrecciavano, parevano quasi ferme in mezzo alla carreggiata. Si infilarono nella scia lungo cui stava viaggiando il pullman, che però era ancora abbastanza lontano, benché ne potessero ben vedere la parte superiore.
La ragazza era rimasta imbambolata a fissare Martin, quasi solo in quel momento consapevole di essere in auto con uno sconosciuto. Bellissimo, ma sconosciuto. Martin percepì a pelle i suoi pensieri, cristallini come cristallina era la surrealtà che stavano vivendo.
― Io sono Martin, piacere di aiutarti.
― Insomma, mi sembra che tu mi abbia anche aiutata ad entrare in questo casino!
― Insomma, non mi sembra di averti trascinata per i capelli.
― No, per i capelli no. Ma per il culo sì.
Martin scoppiò ridere ancora e finalmente lei rise anche lei, stringendosi nelle spalle e scuotendo la testa, facendo ondeggiare i capelli il più possibile ed osservandosi riflessa contro le superfici cromate dei dettagli d'interno.

― Com'è che guidi un'auto simile?
― L'ho rubata.
― Spero a tuo padre.
― ...in un certo senso.
― Nel senso che quando torni a casa ti fa un culo a tarallo, o nel senso che è stato il regalino dell'ultimo compleanno?
Martin rimase con un sorriso stampato in viso ad osservare il profilo dell'asfalto interrotto dalle auto innanzi a sé, e decise di non rispondere.
― Stiamo tornando a Forlì.
― Ad essere precisi... loro stanno tornando a Forlì, tu li insegui.
Martin allungò un braccio verso la ragazza e la abbracciò per rincuorarla, estremamente divertito, forse troppo.
― Grazie tante, grande scopatore, grazie di cuore, intanto corri però, non so cosa può accadere in una situazione simile.
― Che ti fanno una lavata di capo, ti tolgono il lavoro, ti mettono agli arresti domiciliari e buttano la chiave, cose così, niente di grave.
― Niente di grave?! Corri cazzo, stiamo quasi per raggiungerli!
L'auto avanzava guadagnando metri velocemente, superando le auto frapposte fra di loro.
Le forme attraverso i vetri del pullman divenivano più nitide e Laura cercava di capire che aria tirasse là dentro e perché nessuno si fosse acconto della sua assenza.
― Ehm, senti...ma una volta che li raggiungiamo?...
― Non so, non so... tu per ora corri, qualcosa ci verrà in mente!
― Telefona a qualcuno, fai fare in modo che si fermino per una puttanata... e la cosa è fatta.
Laura lo guardava da vicino, e lo stava a sentire come se avesse scoperto la cura per il cancro. Gli schioccò un bacio sul collo e lui se la tirò contro passandole un braccio in vita, e con l'altro continuò a tenere saldo il volante.
Finalmente furono con il muso dell'auto sotto il finestrone del fondo del pullman e Martin suonò il clacson con discrezione, ma in quel momento si accorse che dall'altra parte del vetro erano in molti ad osservarli con il viso appiccicato alla superficie, in una situazione abbastanza confusa. Ma non riusciva a credere ai suoi occhi: Genio era nel mezzo del gruppo, come intrappolato in un acquario impazzito e pieno di gente. Aveva le mani poggiate sul vetro e guardava Martin fisso negli occhi. Martin esclamò con un suono intenso di sorpresa tutta la follia di quel momento intricato più di quanto pensasse solo pochi secondi prima. Diede un colpo secco battendo le mani, per poi mostrare a Genio il dito medio quasi in segno di saluto. Genio si strinse le dita fra i denti. Era davvero nei guai.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora