Capitolo 43 - I

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Martin non era mai andato a casa di Ludovica. Da quando si era trasferito a Lecce, era stata sempre lei a raggiungerlo nel suo appartamento. Si erano seduti in auto tutti e tre e Martin guidava sotto le indicazioni di entrambi che non sempre erano concordi, con Genio seduto dietro, nel mezzo, affacciato in avanti fra di loro a continuare le sue discussioni concitate e ricche di ampi gesti. Ludovica sembrava totalmente conquistata dalla sua allegria. Non avevano smesso di parlare un minuto, e l'argomento era sempre lo stesso, tritato e sviscerato in ogni direzione. Martin ormai era caduto in una profonda assuefazione mentale, che lo stava portando solo a sentire nausea come fosse stato in altomare.
D'un tratto Genio divenne perplesso e silenzioso, quasi a voler raccogliere le idee prima dell'arrivo in casa di Ludovica, e per fare il punto della situazione.
― Ma adesso io dico, sì, va bene tutto, tutto quello che volete, tutto quello che mi avete gentilmente raccontato, ok, mi va bene tutto. Ma, secondo voi: Marika parla sul serio quando dice che si deve fare il professore prima della fine del corso?
Ludovica si voltò verso di lui.
― Secondo me, se ne avrà la possibilità... certo che lo farà... tu non la conosci, e non conosci Gaeta. Tu che dici Martin?
Martin non rispose, guardava la strada che conosceva poco e cercava di memorizzare ogni cosa, di contare i lampioni, di scorgere gatti fra le auto parcheggiate, di darsi qualcosa a cui pensare a tutti i costi.
― Eh, sapessi quanto vorrei conoscerla, credimi, vorrei conoscerla in profondità, in intimità... metterla a nuuuudo!!!
I suoi gesti diventavano sempre più espliciti e Ludovica ancora rideva di lui e delle facce che riusciva a fare.
― E poi... aspetta un attimo... qua Martin, gira qua...
Ludovica dava indicazioni a Martin mentre continuava a parlare con Genio, mentre Martin non staccava gli occhi dalla strada, in un silenzio che continuava ad ostentare, autoescludendosi dalla conversazione.
― E poi Genio, dicevo... bisogna anche capire se Gaeta si lasci coinvolgere in una storia con una studentessa.
― Ludo, credimi, mai sottovalutare il potere della figa, mai.
Martin pensò alla possibilità che Gaeta fosse capace o meno di avere un'avventura con un'allieva. Nella mente di Martin quella domanda ne sollevava molte altre, troppo complicate per essere viste chiaramente e per le quali Martin non aveva nessuna risposta. E mentre ci pensava, Martin non poté non ricordare con una fitta al cuore l'accenno alla denuncia, al fatto che Gaeta si sarebbe assunto le sue responsabilità per tutto quanto successo fra di loro. Altro colpo al cuore da nascondere sotto i vestiti.
― Tu che ne pensi, Martin?
Martin sobbalzando tornò con la mente in auto, Ludovica lo aveva direttamente interpellato ad esprimere un giudizio sull'argomento.
― Di cosa?
― Come di cosa?... come vuoi, guarda... cambiamo discorso, tanto ho già visto che non riusciremo mai a coinvolgerti al problema.
Martin, cercando di rimanere concentrato sulla strada, ormai accusava un indistinto malessere che non gli permetteva di stare bene insieme a loro.
― Cazzo, Martin!! Dovevi girare a destra! Ma che ti dice la testa!
― Scusa Ludo... non sono pratico della zona...
― E certo, quando uno non è pratico della zona... scollega il cervello e pensa ai cazzi suoi, no?
Genio fece come per strozzarlo, e Martin rise guardandolo nello specchietto retrovisore.
― Finitela voi due! E tu, parcheggia dove trovi, siamo arrivati!
In pochi minuti si trovarono sulle rampe delle scale da percorrere a piedi, con Genio che si gettava sulla schiena di Martin e gli chiedeva un passaggio e Martin che se lo caricava scalino dopo scalino come fosse stato il guscio di un paguro. Ludovica intanto era già sul pianerottolo ed apriva la porta di casa.
― Tutti dentro e non fate casino, almeno nei primi cinque minuti. Ci tengo molto che i miei amici ti conoscano Martin, ho parlato tanto di te.
La prima persona che incontrarono entrando fu un ragazzo magro, con una spalla poggiata contro la parete e che, con aria scettica e brandendo una bottiglia di birra sembrava dare indicazioni ad altra gente. Telefunken studiava ingegneria, li vide entrare, li salutò con un cenno e continuò a commentare il lavoro che altre persone stavano svolgendo nella stanza accanto. Era chiaro ci fosse un gran movimento e fortissimo rumore.
― Ma che sta succedendo?
Ludovica si affacciò in cucina e vide parecchi dei suoi amici, residenti in quella casa e non, tutti stipati ed intenti a spostare mobili ed a spingere il frigo contro la finestra. Fra la confusione generale e le risate miste a parolacce, ogni tanto si sentiva rotolare in terra una bottiglia vuota urtata per caso dai piedi di qualcuno.
Ludovica li guardava dalla porta, con i suoi ospiti alle spalle in attesa di capirci qualche cosa.
― Ma che state facendo? ...è un nuovo gioco? ... un 'Alza la Lara' in cucina?
― Dai Ludovica, togliti di mezzo!
Qualcuno uscendo la allontanò in corridoio e da quella posizione Ludovica poté notare che sul pavimento il Mago Silvan era inginocchiata sotto al tavolo e stava parlottando molto animatamente con quella che sembrava essere la gamba di una sedia dall'altro lato della stanza.
Orazio, che aveva fatto allontanare Ludovica dal passaggio, tornò correndo in cucina e si affacciò sotto al tavolo per controllare la situazione.
Smog e la Zorba stavano spingendo da un lato una pesante credenza e procedevano molto lentamente, provocando un forte rumore vibrato seguito dai tintinnii dei bicchieri che conteneva e che assordavano tutti i presenti.
Ludovica fu sorpresa di vedere Orazio in casa, visto che Genio le aveva detto che sarebbe partito.
― E tu che ci fai qui?
Orazio starnutiva e cercava insieme di respirare un po' meglio.
― E tu lo dici a me?! Tu che ci fai qui, Ludo!! Brutta troia in calore... dico... non hai più casa?
Ludovica gli diede un colpo su una spalla mentre Orazio tornò verso di lei per darle un bacio sorridendo, mentre Martin e Genio sembravano sopraffatti dal circo che li aveva accolti a braccia aperte.
Ludovica guardò Martin indicando l'amico, che nel frattempo era già risparito in cucina.
― Martin... lui era... Orazio.
Ludovica non aveva immaginato così il momento in cui avrebbe presentato a tutti il suo Martin, e Martin vide quel ragazzo dai lineamenti olivastri e quasi asiatici, alto e visibilmente tatuato, inginocchiarsi a terra per parlare con la ragazza sotto al tavolo. Ludovica avrebbe voluto presentare Martin durante una cena, fare in modo che Martin partecipasse un poco al suo mondo, e ne era stata felice anche solo a pensarlo durante il tragitto in auto, anche se poi aveva parlato per tutto il tempo con Genio di Marika e Gaeta. E invece nessuno dei suoi amici sembrava aver notato Martin nel corridoio. Smog stringeva in mano una confezione di ovatta, e mentre Genio e Martin quasi isolati da tutto attendevano chissà cosa in corridoio, una porta d'un tratto si aprì, e ne uscì Marika con in mano una tronchese. Il viso di Genio si illuminò con un sorriso a trecento milioni di denti, mentre si gettava su Martin per confessargli in un orecchio tutto il suo amore ed il suo grado di arrapamento improvviso. Martin scoppiò a ridere e lo abbracciò per non far sentire alla ragazza l'ondata di oscenità che Genio gli stava confessando anche solo a guardarla passare, con la falcata forte, stivalata fino alle ginocchia e con in mano un arnese con cui Genio da lei si sarebbe fatto fare di tutto. Martin rideva, ed ancora non capiva in che situazione si fossero trovati ad arrivare.
― Orazio!! Ecco cosa ho trovato nel ripostiglio... dici che può servirci?
Orazio prese la tronchese e la scaraventò con forza sul divano nell'altra stanza.
― Guarda che qui non si decapita nessuno!
Telefunken si avvicinò a Orazio mostrandogli uno spiedo per carne e Orazio, starnutendo a raffica lo spinse contro il muro mandandolo a fare in culo.
Ludovica finalmente riuscì ad agguantare Marika per la camicetta riuscendo a fermarla.
― Marika, ma che sta succedendo?! Perché Il Mago è sotto al tavolo?! E con chi sta parlando??
― Con Morgana!
― E... chi è Morgana?
― Morgana, il gattino nero di Orazio. Ha infilato la testa in un buco sotto al tavolo, sai, dove si infilano le aste per farlo più lungo... e non stiamo riuscendo a tirargliela fuori. Ce ne siamo accorti per caso, si stava quasi impiccando, quel cazzo di gatto di merda!! Ma lo sai che mi ha ridotto a sfilacci la pashmina rosa... che gatto di merda!
Starnuti di Orazio, vibrazioni di mobili spinti a schiena, pareri di Telefunken ancora poggiato contro il muro del corridoio.
Martin la stava raggiungendo in quel momento, per confermarle la notizia.
― Ludo, in effetti... in cucina c'è un gattino con la testa incastrata in un buco del tavolo. Stanno cercando di ribaltare il tavolo per liberarlo.
― Perché... ribaltare il tavolo?
― Perché la testa è davvero incastrata, il collo non gira neanche di un millimetro. Vorrebbero rivoltare il tavolo sotto sopra per smontare la traversa con il buco, e poi vedere come continuare.
Genio in cucina stava aiutando a spingere il frigorifero mentre guardava Marika che spiegava a Ludovica e Martin il livello di difficoltà del salvataggio.
― ...la cucina è piccola, non c'è abbastanza spazio per far ruotare il tavolo. All'inizio ci avevamo provato spostando tutti i mobili, poi ci siamo accorti che comunque non era sufficiente, e quindi abbiamo deciso di portare il tavolo nell'ingresso, e ribaltarlo là.
Grida, il Mago Silvan da sotto al tavolo imprecava contro tutti, tenendo le mani unite sotto il soffitto massiccio per sorreggere il gattino e cercare di tenerlo fermo, senza farlo scalciare contro il legno nel tentativo di liberarsi dall'asse un po' sporca di sangue.
― Ragazzi, mi sentite là sopra? Al mio via ci muoviamo verso la porta!
La carovana sincronizzata sollevò da terra il tavolo pesantissimo e cominciò a muoversi verso la porta della cucina per giungere lentissimamente nell'ingresso. Il Mago gridava e si lamentava all'andatura in sincrono che doveva sostenere comminando accosciata e reggendo saldamente a braccia alzate il gatto fra le dita.
Una volta nell'ingresso poggiarono il tavolo in terra, suonandolo in testa al Mago che lanciò una pesante imprecazione contro tutti.
― E adesso... che facciamo?
Telefunken nell'indecisione generale si era aperto un'altra birra e la sorseggiava guardando il quadretto.
― ...ragazzi, sembrate un'installazione della Biennale.
― Adesso al mio via... risollevate il tavolo e ruotiamolo verso destra, verso la finestra!
― ...uhm... pessima idea... ruotarlo testa sotto e farlo a pezzi... la vedo difficile...
Starnuti di Orazio, movimenti teorici da fare con il tavolo in rotazione disegnati nell'aria un po' da tutti, ma nessuno era d'accordo su come fare.
― Ma insomma, vi date una mossa!! Ho le cosce in fiamme!! Devo uscire da qui sotto al più presto!! Dai! Al mio via!!!
Martin si gettò quasi steso sul tavolo per fermarli.
― Aspettate! Se continuate così gli svitate la testa!!
Il gruppetto si bloccò e tutti si voltarono insieme a fissarlo.
― Voglio dire che se vi mettere a ruotare il tavolo, se il collo del gatto non scorre... non so come dire... gli svitate la testa, lo strozzate insomma.
― E chi cazzo è 'sto scienziato!
― Che vuoi dire!
― Lui è Martin...
― Come non possiamo?!
― Ragazzi, lui è Martin... eccolo qua...
― Voglio dire che dovete far ruotare anche il gatto... fidatevi... se il gatto è incastrato, se girate solo il tavolo... gli torcerete in collo, in un attimo!
― Ehi! Porca puttana, e c'ha ragione!
Risate e parolacce.
― Stiamo svitando la testa ad un gatto usando un tavolo... non ci eravamo mai spinti tanto oltre... ragazzi... qua bisogna darsi delle regole...
Telefunken scuoteva la testa perplesso, mentre Il Mago da sotto chiedeva chiarimenti.
― Ehi, scusate... perché non viene qualcun altro a fare un pompino al tavolo? ...facciamo i turni, no? Morgana di merda... ma proprio qui dovevi grattarti le corna?!
― Sì, sì, di che non ti piace stare la sotto... chissà quanti ne hai fatti...
Telefunken sorseggiando dalla sua bottiglia, continuava a sbofonchiare commenti lapidari.
― Ehi, brutto stronzo, se non ti togli di lì e la smetti di fare il saggio fuori campo, ti affosso con un calcio, e poi vediamo quanti altri pompini potranno fare a te!
Fra le risate generali, il Mago allungò una gamba, riuscendo a sfiorarlo con la punta bianca della scarpa da ginnastica, ma Telefunken si scostò solo di pochi passi, tirando un altro sorso.
Orazio saltò sul ripiano e sembrava quasi essersi seduto sulla testa del Mago.
― Silenzio Silvana, dobbiamo riflettere!
― Veloci! Per favore!
Martin si inginocchiò accanto al tavolo e vide per la prima volta in faccia il Mago Silvan.
― Io non ti conosco, ma ti ringrazio per avermi risparmiato l'esperienza di torcere il collo a questa stronzetta... ma visto che sei così esperto... non è che mi daresti il cambio?
― Ciao, sono Martin.
― Ah, il famoso Martin...
― Eh, so che Ludovica un po' vi ha parlato di me...
― Sì, Ludovica... e poi tutto il palazzo... sei quello della Maserati, no?
Il altre occasioni Martin sarebbe rimasto infastidito da quel commento, ma considerata la situazione ed il contesto, decise che fosse più corretto ridere, presentarsi sotto un tavolo e farsi passare in mano il mozzicone di gatto nero che ancora scalciava e si dimenava come un forsennato.
― Ma che cazzo state facendo là sotto! Vi date una mossa? Come sta quel rompipalle!!
Orazio gridava dando piccoli colpetti sul ripiano su cui era seduto come se stesse bussando ad una porta orizzontale.
― Sì, dai, esci tranquilla, penso di farcela...
Martin si avvicinò a lei procedendo accosciato e senza distinguere bene la sagoma del gatto, che era davvero piccolissimo e nero. Seguì con le sue mani il bianco di quelle del Mago e se lo trovò tremante fra le dita, con il corpicino morbido che bruscamente finiva contro un asse di legno come ingoiato da un foro.
― Lascialo a me, l'ho preso bene.
Il Mago Silvan sfilò le sue dita da quelle di Martin e dai peli morbidi del cucciolo che piangeva e miagolava senza tregua.
― Devi tenergli in dietro le zampine, altrimenti la testa se la stacca da sola... sta comunque cercando di liberarsi.
Silvana si era poggiata sulle sue spalle per non perdere l'equilibrio e guadagnare una posizione giusta per uscire fuori da sotto al tavolo.
― Grazie, grazie veramente, mi hai salvato la vita, a me ed a questo cazzo di gatto tritamaroni.
Orazio si affacciò oltre al bordo e diede il segno del lato verso cui avrebbero iniziato a far ruotale il tavolo.
― Ludovica... ci sei?
― Sì, Martin, per tutta la vita!
― Eh Ludo, forse Munit  intendeva più limitatamente a questa cazzo di situazione...
― Telefunken!!! Se non la smetti ti tronco le palle!!

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