Capitolo 41 - I

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Martin correva con l'auto verso casa come se fare l'amore con Ludovica fosse stata in quel momento l'unica cosa che avrebbe potuto fare per sentirsi meglio di come non stesse. Non riusciva neanche a guardarla per quanto forte era in quel momento il desiderio cieco di scoparsela annientandole ogni suo tentativo di capirci qualcosa con domande inutili e fuori obiettivo.
E Ludovica si era resa conto del profondo stato di alterazione in cui fosse Martin, e si sentiva fremere ad ogni curva sapendo cosa Martin avesse tanta fretta di andare a fare. Ogni piccolissimo suono che Martin emetteva anche solo respirando la faceva sobbalzare come se già lui le fosse entrato dentro.
Martin intanto aveva parcheggiato e già apriva il portone di casa mentre lei scendeva per raggiungerlo, e lo fissava bellissimo e chiaramente impaziente di trascinarla con sé nell'abisso cieco in cui Ludovica aveva capito ogni tanto Martin sprofondava e continuava a rannicchiarsi sempre più scendendo a fondo. E per Ludovica, quel luogo, iniziava ad essere un luogo da favola, perché ogni volta Martin alla fine la portava con sé, e le faceva vivere l'emozione forte di un amore travolgente e senza speranza di sole.
Già mentre Martin chiamava l'ascensore, e lo aveva fatto con una sproporzionata manata sul pulsante, che aveva fatto rimbombare e vibrare l'acciaio su cui si era conficcato, Ludovica era stata chiusa contro lo sportello, premuta da tutta la sua forza, e Martin, più che abbracciare Ludovica con un impeto fuori luogo rispetto al luogo in cui ancora erano, sembrava voler mantenere con l'apertura delle braccia tutta la colonna di cemento dentro cui l'ascensore stava scendendo verso di loro. Con le mani Martin aveva afferrato forte il marmo che era ai lati della porta e con tutta la forza possibile schiacciava Ludovica contro la lamiera retrostante. Martin la accarezzava usando tutto il suo corpo, strofinandosi contro di lei e spingendola forte contro il metallo della porta scorrevole, come se con tutta la sua anima la stesse amando e possedendo già in quel momento, sulle scale, ed intensamente. Sentiva premuti contro il petto i seni di Ludovica, morbidi e tondi, e con movimenti regolari strisciava contro di lei maggiormente e contro i suoi capezzoli duri, che riusciva a sentire anche attraverso tutti gli strati di vestiti che ancora li dividevano. Ludovica si era totalmente abbandonata a quel gioco partito a sorpresa e senza preavviso, e che invece era stato annunciato da un disastro senza fine che lei aveva solo intravisto e non capito nel suo malumore, nel suo malessere, nel suo voler raggiungere l'aria aperta per ritrovare la vita, ed aveva abbandonato la testa all'indietro, e Martin respirava fra i suoi capelli come adorava fare e sentiva i suoi ciuffi entrargli in bocca ogni tanto, fra un bacio e l'altro, mentre con la lingua cercava anche dentro di lei tutta la voglia che il corpo della ragazza gli stava trasmettendo affinché non smettesse di esplorarla con una voracità tale da lasciarla senza fiato.
Ludovica con le mani cercò le sue, ancora inchiodate sulle sporgenze dei marmi, ma Martin non cedette al tocco delle sue dita, anzi, maggiormente fece presa sulla pietra fredda per schiacciarsi su di lei ancora di più, per farle sentire contro la carne viva sotto i jeans l'arrivo violento di un'erezione voluminosa e quasi dolorosa, a giudicare dall'espressione del viso di Martin nel fissarla negli occhi.
― Ludovica.
Martin le bisbigliò il suo nome in un orecchio, ma alla ragazza sembrò chiaro che non la stesse chiamando, ma solo nominando, perché Martin non attendeva una risposta, ma solo una conferma della sua presenza, e della propria accanto a lei. E come spesso faceva, la fissava in fondo agli occhi, per cercare di sentire, e di capire che fossero insieme, nello stesso posto. E mai come allora quella volta gli era necessario capire dove fossero.
― Ludovica, voglio che tu mi senta, voglio farti sentire che ci sono, voglio farti morire per quanto ci sono.
Ludovica rise alla frase che le sembrò senza senso e quasi frutto delle solite stravaganze di Martin fatte di frasi dense ma solo all'apparenza. Ludovica sapeva quanto a Martin piacesse quasi sproloquiare nei momenti di intimità, e ormai lo lasciava fare e senza interferire, ed al massimo gli sorrideva, e gli concedeva più parte del proprio corpo.
Martin continuava a schiacciarsi su di lei, ed a parlarle sottovoce, ed ormai l'ascensore era alle loro spalle, e Ludovica faticò parecchio ad armeggiare indietreggiando alla cieca per cercare di non cadere all'aprirsi dello sportello mentre insieme quasi esplodevano dentro l'abitacolo dell'ascensore. Non appena ci fu spazio libero dietro la ragazza, i due, che sembravano muoversi come una cosa sola, precipitarono dentro sbattendo sull'altra parete che nuovamente a malapena riusciva a contenerli. La luce tremolante dell'illuminazione a disco, dava ai tratti del viso di Martin un aria quasi metallica ed aliena, i suoi occhi erano sbarrati su di lei, e la illuminavano della loro luce verdastra. Martin vedeva solo lei, e la piaga che aveva nel cuore era quasi stata cancellata dalle leccate di rimedio. I baci di Martin erano i punti di sutura di una lacerazione immensa, dolorosa, e che aveva il sapore, e l'odore, di una figura che avrebbe solo voluto cancellare per sempre dai suoi pensieri. Ma i pensieri non sempre si lasciano riscrivere a proprio piacimento. Ma accantonare, sì.
In casa di Martin non c'era nessuno. Genio non era tornato, e non era certo che lo avrebbe fatto. Appena chiusa la porta, Martin infilò le mani sotto la sua camicetta ed a Ludovica sembrò che quasi la volesse sollevare da terra afferrandola per i seni. Martin non la fece neanche camminare in posizione corretta, perché sorridendo, a grandi passi ed a colpi di bacino la spinse verso la sua camera, che Ludovica raggiunse muovendosi a ritroso.
Martin era entrato nella sua camicetta con entrambi gli avambracci e fino al gomito, e con un colpo la allargò improvvisamente fino a farle saltare i bottoni, che un po' si staccarono spargendosi sul pavimento, un po' si sbottonarono con violenza. Ludovica era totalmente travolta dall'impeto di Martin, quasi accecato al punto da dimenticarsi della sua fragilità, della sua natura dolce, che avrebbe voluto ricoprire di attenzioni e che invece in quel momento stava travolgendo con la passione piena ed a volte poco rispettosa di cui era capace, con quella foga che spesso aveva usato in altre occasioni, con altre ragazze, in altre storie, in un altra città e che oramai per Martin non era più adatta ad essere usata con Ludovica.
Quel pensiero, la consapevolezza dell'esagerazione, gli donò un istante di lucidità, in cui riuscì ad osservare Ludovica con fermezza. Ludovica aprì gli occhi un attimo, e trattenne il respiro in attesa che Martin le spiegasse perché si fosse fermato a riflettere, e su cosa, in un momento tanto forte e travolgente. Ma Martin sembrava aver perso il filo dei suoi pensieri, sorpreso di guardarla negli occhi e quasi messo alla sbarra per un qualche chiarimento, e non seppe cosa dire.
― Martin, non fermarti adesso! Sei impazzito?
Martin sorrise mostrando il bianco dei suoi denti lucidi. Ludovica gli aveva dato la spinta a continuare ed era divertito, ed animato da una furia che di colpo era diventata felice perché aveva visto che anche Ludovica era felice insieme a lui. Gli sembrò come fossero stati una cosa sola. Così la sollevò da terra afferrandola per il busto, e mentre Ludovica scalciava, la lanciò sul letto come fosse stato un peso morto. Ludovica atterrò con un rimbalzo di cuscini e per un attimo sospeso in aria ci fu anche il telecomando dello stereo. Martin le si lanciò dietro, arrivandole addosso inginocchiato a cavalcioni sull'addome. Ludovica aveva alzato in alto le braccia poggiandole contro la testata fredda in ferro battuto, e Martin capiva come lei lo stesse autorizzando a fare qualunque cosa, e che era pronta a morire sotto di lui.
Il reggiseno di Ludovica fu spinto in alto e cadde dietro alla spalliera del letto, incastrandosi e rimanendo appeso fra le onde metalliche dei tubolari. Martin si schiacciò sul viso la sua carne, il suo seno caldo, che ancora aveva impresso sulla pelle il segno del doppio colore dell'abbronzatura oltre il costume da bagno. A Martin sembrava che la parte bianca fosse la più morbida, più soffice ad essere stritolata e ricoperta di baci. Ludovica piegò una gamba e col ginocchio gli urtò la schiena. Martin scese a cercare di sbottonarle i jeans strettissimi, mentre ugualmente stava cercando di fare Ludovica con lui. Ma i loro vestiti sembravano essere stati cuciti addosso, e i movimenti confusi non stavano aiutando a liberarli. Martin scoppiò a ridere.
― Ferma così!
Martin quasi le gridò di non muoversi, ed in un istante si svestì da solo, rimanendo nei suoi boxer aderenti, che Ludovica adorava e che sembrava possedere tutti dello stesso colore a decine. Dopo di che si lanciò al suo fianco e afferrò il bordo dei pantaloni di Ludovica in corrispondenza del bottone, ed ancora a Ludovica parve che volesse sollevarla prendendola come per una maniglia. La schiena di Ludovica si arcuò, le dita di Martin le premevano il ventre mentre la sbottonava frettolosamente ed ogni tanto volutamente si alzavano su di lei, come se Martin stesse manovrando un coltello con cui affondare fra le sue viscere. Il solletico che Ludovica sentiva le provocava ondate di piacere e quasi era intimorita dall'irruenza con cui Martin stava scoprendo ogni parte del suo corpo.
Ludovica sapeva che Martin poteva essere un amante non solo generoso, ma anche molto commovente nei modi. Il sesso con Martin era sempre stato un'esperienza diversa da quelle che aveva vissuto in precedenza. Le era stato chiaro fin dalla prima volta in cui si erano incontrati per caso nel bar dove lavorava, quando aveva visto il cielo verde dei suoi occhi ad ogni sua carezza. A Ludovica sembrava che Martin a differenza dai ragazzi con cui era stata prima, fosse ossessionato dall'idea di voler lasciare un segno. Questa sua necessità quasi fisica, spostava ogni gesto di Martin da se stesso e dal raggiungimento del proprio piacere personale, all'altra persona, facendo quasi in modo che ogni cosa fosse pensata per il totale sconvolgimento, in una corsa senza fiato verso una meta che Martin prendeva di mira, ma che poi non riusciva mai a raggiungere nell'animo di chi in quel momento gli era accanto. Ludovica si rendeva conto di quanto Martin avesse bisogno di avere il controllo di ogni cosa per fare in modo che ciò potesse accadere, e lei glielo lasciava del tutto, consapevole che ne avrebbe avuto solo da guadagnarci.
Ma quella volta Ludovica non poteva accorgersi che, nel gioco di rincorse e di sprofondi che aveva imparato a conoscere, ormai non erano più soli.

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