Capitolo 46 - IV

713 76 95
                                    

― Senti Martin... Martin? Ma... mi stai ascoltando?
― Sì, sì... dimmi.
― Dimmi??? Come dimmi?! Che cazzo devo dirti?! Anzi, sai che ti dico? Che se lo faccia presto e che si tolga lo sfizio. Io così in attesa non ci ricavo niente. E per il dopo...che sarà, sarà... Magari il mio turno sarà dopo. Tu che dici?
Martin aveva sentito poco e niente delle ultime frasi di Genio, semplicemente abbagliato dal corpo di Gaeta, che si muoveva giusto di quel poco per farla spostare, e poi di nuovo, quando lei finiva di risistemarsi. E notava il suo sguardo, divertito ed infuocato nello stesso momento, fisso su di lei ignara di tutto e di come Gaeta la stesse facendo arrotolare nei fili delle sue stesse marionette.
― ...Martin... non mi dire che...
Martin fissò Genio come fosse stato sorpreso a rubare al supermarket.
― Cazzo Martin!! Sei davvero una merda!! Ti stai arrapando a guardare la mia donna?!
Dopo una sapiente sbirciata, Genio aveva sferrato un profondo pizzicotto sul ventre di Martin, che perse concretamente il fiato in un suono che fu sentito da tutti fino nelle ultime file.
― Adesso finitela, tutti e due! Non basta cosa sta succedendo là in mezzo?
Ludovica non resistette oltre e sbottò contro tutti e due ormai rumorosamente sovreccitati, mentre Martin guardava Ludovica con aria colpevole ed in chiaro imbarazzo.
Ma nonostante tutto il suo imbarazzo, verso Ludovica forse ingelosita, verso Genio ferito dalla sua eccitazione, e verso Gaeta agli occhi di Martin evidentemente divertito dalla situazione, Martin non poteva sapere che il vero divertimento di Gaeta, che esponeva gli argomenti della lezione continuando a fare ruotare Marika col bacino da ogni lato facendogli puntare quasi tutta l'estensione della stanza come se fra le gambe avesse avuto un bazooka carico, fosse quello di osservare le reazioni imbarazzate di Martin e le mille facce confuse e disorientate nel vederlo giocare con il corpo di una donna. Nella sua incapacità di moderarsi, nonostante quanto avesse promesso, a Gaeta sembrò che fare quanto avrebbe fatto di lì a poco, non fosse una vera infrazione al giuramento quanto piuttosto un modo di scherzarci sopra con ironia. E quindi Gaeta decise di esagerare e con un movimento a sorpresa spostò una sedia, e se pur vicino alla cattedra, andò a sedersi giusto d'avanti a lei. La ragazza sobbalzò sul posto, trovandoselo seduto alla sua altezza solo pochi metri avanti, ma sembrò accettarne la sfida, e fece scorrere le mani sull'estensione delle gambe e sollevò maggiormente, per quanto possibile, l'orlo della gonna andando ad incassarsi sulla poltroncina. Ludovica aveva smesso di ridere e non era certa se anche qualcun altro oltre loro si fosse reso conto di quanto stesse succedendo. Genio sembrava essersi appollaiato sulle spalle di Martin, e Martin non aveva coraggio sufficiente per continuare a guardare, mentre Gaeta ancora una volta perdeva il senso della ragione nel percepire il disagio di Martin per un gioco di cui Martin non aveva capito di essere lui l'unica vittima.
― Martin, porca puttana, Martin, ...qua...altro che un porno... qua lo stanno facendo venire duro anche a me, che intanto soffro! ...ma che cazzo di lezioni fate in quest'aula?!
Martin non poteva rispondergli nulla, solo cercava ti tenere Genio a freno, sconvolto alla visione di Gaeta che cedeva al gioco di una studentessa. Non lo avrebbe mai creduto capace di cadere così in basso, davanti a tutti i suoi studenti e non in un pub di estrema periferia. Ma d'altra parte non poté fare a meno di chiedersi come mai avesse potuto pensare di essere lui l'unico e solo oggetto del suo divertimento, e quel pensiero gli fece male nel profondo. Il pensiero di essere un oggetto con cui giocare, il pensiero di non essere l'unico gioco disponibile. Ma il dolore che provava non era forte abbastanza da frenare la sua eccitazione.
L'ora di lezione stava continuando mentre tutti sembravano non accorgersi del teatrino fra Marika e Gaeta e Gaeta da seduto aveva nuovamente messo alla prova Marika, che ormai pensava di avere stretto in pugno il suo obiettivo, quando ad un tratto un rumore busco si sparse nell'aula. Gaeta si era alzato in piedi all'improvviso dalla sedia e l'aveva spinta via alle sue spalle, facendone urtare la spalliera contro la cattedra.
― ...e quindi, detto questo. Chi mi aiuta alla lavagna?
Martin tornò improvvisamente presente a lezione ed ebbe l'orrore di vedere Gaeta guardare dalla sua parte. Gli notava in viso l'aria leggermente ubriaca di divertimento che era decisamente fuoriposto rispetto al contenuto della lezione, e benché, pur senza reali motivazioni avesse una quasi incondizionata fiducia nel fatto che da lui non avrebbe più dovuto temere niente, aveva comunque una forte ansia per il fatto che Gaeta gli potesse fare cenno di raggiungerlo, perché non sapeva se sarebbe stato in grado di alzarsi e muovere un passo verso di lui senza tradire le emozioni che stava provando tutte insieme mentre si accavallavano in un nodo fatto di incoerenza ed eccitazione incontenibili. 
Marika sorrideva e guardava Gaeta, convinta che Gaeta si riferisse a lei, che Gaeta, insoddisfatto dello spettacolino, avesse voluto vederla sfilare in piedi verso la lavagna, e che benché si fosse voltato verso tutti i suoi studenti per sceglierne uno da chiamare, alla fine avrebbe scelto lei, e già si stava preparando ad alzarsi, sistemando la penna con cui aveva giocherellato per tutto il tempo nella borsa poggiata ai suoi piedi.
Gaeta passò in rassegna gli occupanti delle prime file, e per un istante i suoi occhi spingendosi all'estremità delle poltroncine incrociarono quelli di Martin, che si sentì toccare dal suo sguardo, come se Gaeta avesse steso una mano su di lui per accarezzarlo, e Martin come al solito non riuscì a sostenerlo e dovette abbassare gli occhi sui suoi anfibi, fermi in una posizione innaturale come spesso amava fare Gaeta, sorprendendo tutti per i suoi modi eccentrici, e poco accademici.
Martin era come al solito certo di essere un libro aperto ai suoi occhi, ed ormai, esserne consapevole era una realtà con cui sapeva che avrebbe dovuto convivere. Però, dopo la scena a cui aveva assistito, sentirsi il suo sguardo addosso indugiare e non procedere oltre, ed essere colto nello stato di eccitazione in cui versava, era l'ultima cosa che Martin desiderava potesse accadergli. E Gaeta, dopo averlo tenuto un poco sulle spine quasi respirando la sua ansia malcelata che non fece altro che far aumentare la sua voglia di eccedere, tornò indietro con lo sguardo e con un passo, soffermandosi su Genio, mentre in viso ormai aveva solo il tono sempre più divertito all'aria sorpresa che assaliva Martin ad ogni colpo di scena con cui Gaeta quasi si stava sfrenando oltremisura.
Gaeta fissò Genio negli occhi, spingendolo nella stessa voragine in cui già era caduto Martin.
― Prego, venga lei e mi aiuti a scrivere alla lavagna.
Dopo aver ingoiato le loro anime col sorriso negli occhi, Gaeta già non guardava più dalla loro parte. Era tornato alla cattedra velocemente ed attendeva l'arrivo di Genio in mezzo dell'aula, mentre cercava il foglio su cui erano segnati i titoli degli articoli da consigliare agli studenti.
Genio passò da una profonda eccitazione mista a rabbia alla vuotezza dello sguardo smarrito, piantato su Martin nel tentativo che l'amico gli risolvesse la bomba che stava per esplodergli in faccia, e di fronte a tutti, e soprattutto di fronte a Marika, che ancora a gambe leggermente divaricate pensava di condurre un gioco sofisticato.
Gaeta si voltò verso Genio, che era ancora seduto accanto a Martin.
― ...allora? C'è qualche problema?
Genio ingoiò a vuoto, capendo come Martin non potesse fare niente per aiutarlo. Trafitto dalla paura davanti all'imprevisto, Martin poteva solo guardare dritto innanzi a sé verso Gaeta che continuava a scompigliare le carte in tavola, ed a Genio sembrò di notare che Martin tremasse, ma che ugualmente continuasse a guardare la lavagna senza suggerirgli cosa fare, ma solo accecato da come i fatti stessero velocemente precipitando.

Tre maggiore di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora