Juliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura.
Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...
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Pigiai su "chiama" e mi voltai infuriata verso casa mia per rientrare. Aspettai impaziente che Ken rispondesse. Non sapevo bene cosa mi avesse portato immediatamente a chiamare Ken, quando ero arrabbiata, anzi, infuriata con Aiden. Probabilmente sarebbe partito e mi avrebbe finalmente lasciata in pace.
Cosa dico. Fino a un momento fa volevo che mi dicesse che voleva solo me. Salii le scale per andare in camera che incrociai lo sguardo con mia madre e mio padre. Stavano discutendo di quello che era appena successo fuori e si zittirono non appena mi videro.
Potevo vedere dal modo in cui mia madre sospirò che era soddisfatta del suo "intuito" a proposito di Aiden. E adesso si sarebbe aspettata che tornassi a essere la sua piccola perfettamente Juliet.
«Pronto?», rispose Ken alla chiamata. Era chiaro che era confuso.
Mi chiusi la porta alle spalle e mi feci cadere di schiena sul letto. Esitai un attimo a rispondere, in cerca di qualcosa da dire. «Ken! Come stai?», balbettai.
La verità era che volevo dimenticarmi di essere insignificante per Aiden, ricevendo attenzioni da parte di Ken. Mi sembrava assurdo che potessi fare qualcosa di così diverso da me. Odiavo i motivi disperati per dimenticarsi di qualcuno. Odi un sacco di cose...
«Sto... sto bene. Cosa vuoi?», domandò Ken. Era chiaro che era ancora seccato per il fatto che lo avevo piantato in asso per Aiden alla festa. Che stupida.
«Niente volevo solo chiederti scusa per il modo in cui mi sono comportata alle festa. La verità è che mi fa venire un po' di ansia stare tra così tante persone e dovevo andarmene», mentii. Misi in vivavoce e mi spogliai per indossare il mio pigiama.
«Ma te ne sei andata con Aiden», ribadì serio.
«Solo perché pensavo che mi avrebbe portato a casa», continuai a mentire. Non avevo mai detto talmente tante bugie in vita mia e lo odiavo. Odiavo il modo in cui mi aveva cambiata Aiden. «Ti giuro che mi dispiace.»
Mi lanciai cambiata nuovamente sul letto per prendere il telefono in mano. Ken rimase un attimo in silenzio, poi però continuò. «Va bene. Se vuoi ti vengo a prendere domani prima di scuola e ne parliamo», borbottò evidentemente scettico.
«Certo! Grazie Ken. Domani ti spiegherò meglio!» Spiegare cosa? Che stai strisciando indietro da lui solo per farla pagare a Aiden. Brava.
Ci salutammo e chiusi la chiamata. Mi lasciai andare col capo sul cuscino con uno sbuffo. Non sapevo se essere arrabbiata o triste, forse dovevo esserlo entrambi. Solo pensare a Aiden che mi teneva la mano nelle sua macchina mentre guidava mi dava il voltastomaco.
Mi sentivo una bambina: non avevo ascoltato mia madre, nonostante evidentemente avesse conosciuto ragazzi come Aiden e avevo evitato di pensare al male in lui. Decisi di scacciare quei pensieri e buttarmi sotto le coperte esausta.
Il giorno dopo mi svegliai con una lentezza di certo non da me. Ero certa che per il resto della giornata sarei stata di mal umore. Non volevo però ammettere il motivo. Quando ebbi finito di prepararmi e lavarmi scesi in cucina per salutare i miei: sapevo che avrei dovuto rimediare alla scenata della sera prima e che sennò non mi avrebbero più fatta andare da nessuna parte.
Mia madre mi rivolse con un sorriso compiaciuto un bacio sulla guancia mentre mio padre mi lanciò uno sguardo per poi rivolgersi nuovamente al telefono. Emma invece era evidentemente infuriata: stava addentando con estrema forza la sua fetta biscottata e mi guardava con due occhi socchiusi in fessure.
A disagio uscii di casa per poi aspettare per due minuti che arrivasse Ken. Non appena mi parcheggiò davanti entrai con un sorriso più naturale possibile. Era dannatamente difficile farlo.
«Ciao. Grazie per essermi venuto a prendere», lo ringraziai mentre mi misi la cintura.
«Di niente.»
Ken rise dal mio gesto per poi partire. Ero grata che non fosse arrabbiato come la sera precedente, ma non ne capivo il motivo di quel sbalzo d'umore. Solo Aiden era capace di una cosa del genere e non volevo pensare che esistessero più persone come lui.
«Comunque puoi stare tranquilla, Juliet. Sei perdonata», mi rassicurò.
Abbozzai un sorriso sollevata. «Davvero? Così in fretta?»
«Sì, dai.»
Sospirai. «Alla fine come era finita la festa?», domandai per iniziare un discorso, nonostante non ne avessi alcuna voglia.
«Come sempre, sinceramente. Casy e Scott sono andati a scopare in camera dei genitori. Quando loro sono tornati siamo dovuti scappare.»
«Ah», borbottai perplessa.
Non sapevo per il fatto che fossero andati a fare cose in camera dei genitori o che Casy e Scott avevano fatto sesso. Ero certa che quella sera lei e Aiden fossero presi l'uno dall'altra, o almeno lei da lui.
«Pensavo che a Casy piacesse Aiden», ammisi.
Ken rise. «Quindi? Aiden l'ha piantata in asso quella sera e poi si può sempre scopare senza farsi dei problemi. A volte è carino il quanto tu sia innocente», sorrise con un ché di malizioso e si voltò per guardarmi.
Mi rivolsi alla strada per evitare il suo sguardo, a disagio. Cosa mi era passato per la testa?
«A proposito. Quindi Aiden non lo vedi più?», domandò.
«Sinceramente non so neanche se ci siamo mai visti davvero», ammisi, della delusione nella mia voce. «Adesso sicuramente no.»
Ken sospirò. «Non te la devi prendere, Juliet. Sappiamo tutti come è fatto Aiden. E poi non è mai stato una persona... seria», si spiegò. Rimase in silenzio come se stesse avendo una lotta interiore, ma poi aprì bocca per aggiungere: «Non ha nemmeno mai portato una ragazza a casa. Sai... per via del padre.»
Annuii confusa. C'era un modo divertito e misterioso con cui aveva detto quell'ultima frase che mi innervosì. Come mai mi aveva fatta conoscere meglio dal padre, dopo quella cena di lavoro? Di certo non perché ero diversa o queste cavolate.
«Ah...», pensai di cambiare argomento, ma Ken mi interruppe.
«Ti ci ha portato al nuovo appartamento?», mi domandò con lo stesso tono divertito e misterioso di prima.
«Quale appartamento? Di chi?», chiesi confusa. Non avevo sentito parlare di alcun appartamento o cose del genere.
Capii dal modo in cui si morse il labbro che stava pensando due volte se dirmelo. Cosa sta succedendo?
«Ma no, niente di importante. Solo il nuovo appartamento di Aiden», sbottò franco Ken, cogliendomi di sorpresa. Ignorò la mia bocca spalancata per la sorpresa. «L'ha preso qualche giorno fa. Non te l'ha detto?»
No che non me l'aveva detto. Aiden si era preso un appartamento e mi aveva continuato a portare a casa del padre. Perché non me ne aveva parlato? Era difficile che se ne fosse dimenticato.
«No, non me l'ha detto.»
«Se lo sarà dimenticato.» Finalmente dopo un'eternità parcheggiammo davanti scuola.
Ken e io ci scambiammo uno sguardo di sfuggita prima di scendere dall'auto. Avrei voluto continuare a porre domande su Aiden, ma se volevo davvero dimenticarlo dovevo dimenticare di pormi mille domande.
Mi chiesi però se avesse fatto come sempre: sarebbe tornato con una scusa e l'avrei perdonato?