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«Aiden, guardami

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«Aiden, guardami. Non la ascoltare!», lo pregai non appena chiuse i pugni talmente forte da far diventare le nocche bianche.

Rimase però con lo sguardo fisso su mia madre. Poi prese un respiro profondo per voltarsi e avviarci verso la sua auto. Mi scivolò dalla mia presa.

Mia madre mi lanciò uno sguardo saccente. «Vedi che non esita a lasciarti», sbottò prima di tornare dentro. Sentii le lacrima aumentare non appena mi voltai verso Aiden.

Mi stava davvero lasciando per via di mia madre, quando gli avevo detto che avrei lasciato praticamente tutto per lui.

«Aiden! Ti prego non te ne andare», piagnucolai. Afferrai il suo braccio per farlo voltare e prendergli il viso tra le mani.

Non mi toccò, mi guardò soltanto malinconico. Non mi piaceva l'Aiden triste.

«Juliet, lasciami andare in macchina», mormorò con lo sguardo distolto dal mio. «Fidati che è meglio per te.»

«Meglio per me? Ma cosa dici-»

«Juliet, tu non mi conosci. Puoi pensare di farlo, ma ti assicuro che non è così», enunciò, stringendo i pugni.

Sentii un'ondata di rabbia. Gli diedi una forte spinta, ma rimase stranamente fermo. Fece però due passi in dietro per la botta.

«Sei solo uno stronzo! Io sarei andata contro a mia madre per te!», urlai furiosa. «Se c'è qualcosa che mi nascondi dimmelo, invece di andartene così.»

Gli diedi un'altra spinta sul petto, ma non avanzò. «È proprio questo il fottuto problema, Juliet! Non posso lasciare che tu rinuncia a tutto per me. Tua madre ha ragione cazzo! Sono una pessima influenza!»

«Cosa?», scoppiai nuovamente a piangere e provai nuovamente a prendergli il viso tra le mani, «Tu sei la migliore influenza che mi sia mai capitata! Ti prego... ti prego...»

«Ho già commesso lo stesso errore. Non lo ripeterò.»

«Di cosa stai parlando? Puoi dirmi per una dannata volta di cosa parli?», esclamai infuriata. Di quale errore stava parlando? Odiavo quando faceva il misterioso.

Scosse il capo chino e si liberò dalla mia presa sul suo viso. Si voltò nuovamente verso la macchina, ma gli diede una botta talmente forte che lo fece sbattere contro la portiera.

«Perché mi hai detto tutto quelle cose? Se non ti importa niente di me-»

«È proprio per questo che lo sto facendo, cazzo!», urlò di colpo furioso. Si voltò verso di me con sguardo irato. Iniziai a singhiozzare più forte, le mani stese sui miei fianchi. «Perché ti... perché mi importa, ecco.»

Sentii il respiro bloccato in gola e per un attimo pensavo di poter morire dalla gioia. Mi stava per dire che mi amava o me lo ero immaginata? Probabilmente la seconda...  Mi era chiaro che ero innamorata di lui. Più di quanto una persona probabilmente dovrebbe. Ma il modo in cui provò a entrare in macchina, mi fece capir che non cambiava nulla.

Gli chiusi la portiera con forza prima che potesse entrare e feci incontrare i nostri sguardi. Avevo la vista sfocata dalle lacrime. «Se ti importa perché mi stai piantando in asso come fai con tutte?»

«Non ti sto piantanti in asso, Juliet! Cazzo perché non riesci a capire», ringhiò irritato, ma allo stesso tempo potevo sentire un filo di tristezza nella sua voce. Non riuscivo a credere che fosse davvero triste.

«Allora resta con me. E fammi capire», lo implorai.

Sapevo di essere ridicola, a implorare una persona di restare. La me di qualche mese fa non avrebbe neanche pensato di fare qualcosa del genere. Ma la me di qualche mese fa non aveva conosciuto Aiden.

Negò col capo e fece per avvicinarsi, ma cambio idea e indossò un'espressione distaccata. Troppo distaccata. «Juliet, smettila di starmi addosso. Capisci che non ti voglio più? È stato divertente ma ora basta», sbottò. Lo guardai con gli occhi serrati e un dolore del petto. Non lo pensa davvero.

«Avevi detto che volevi stare con me. Avevi intenzione di prendermi in giro pure lì?», singhiozzai.

«Cazzo, Juliet. Io dico un sacco di cose! Tutti i ragazzi dicono tante di quelle cazzate! Devi smetterla di credere a tutto quello che sentì», ribadì a denti stretti Aiden. Si morse con forza il labbro mentre cercò di scostare lo sguardo da me.

Tornò la rabbia di poco prima. Non capivo come mai gli avessi davvero creduto e non a mia madre. Che mi fossi fatta influenzare dalle sue stupide parole e i suoi rari sorrisi. Lo spinsi nuovamente con forza da me per allontanarlo dall'auto.

«Lo sapevo che sei solo un mediocre ragazzo con problemi di rabbia e che pensa solo con il... cazzo!», gli urlai contro con rabbia, esitai a dire l'ultima parola. In quel momento volevo solo ferirlo, ma lui rimase in silenzio e sorpreso dalle mie parole scurrili.

«Prova a ripetere una cosa del genere e ti giuro-»

«Cosa giuri? Ormai hai messo in chiaro che delle tue parole non ci si potrebbe fidare comunque, Aiden», lo interruppi franca, zittendolo.

Prese la maniglia della macchina per entrare con la mascella serrata. Non pensavo davvero se ne stesse andando, ma poi accese il motore e cambiai idea. Diedi un calcio a una ruota per la rabbia, ma finii solo col farmi male al piede.

«Ti odio!», urlai guardandolo, ma la macchina mi sfuggì da sotto i palmi della mano. Aiden non mi degnò di uno sguardo. Stava evitando il mio sguardo e non ne capivo il motivo.

Lo rincorsi arrabbiata fino al cancello, ma mi fermai non appena svoltò l'angolo. Mi misi una mano sulla bocca per soffocare i singhiozzi. Non mi ero mai sentita così... sdegnata. Se era vero che mi aveva solo usata per passare il suo dannato tempo ero davvero più stupida di quanto pensassi.

Rimasi ferma con lo sguardo fisso sulla fine della strada dove era scomparso Aiden, il mio viso ancora umido per le lacrime. Non volevo stare sola, ma tanto meno tornare in casa mia e sentirmi dire da mia madre che me l'aveva detto.

Presi il telefono dalla mia tasca per cercare nella rubrica il numero di Ken.

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