«Cosa vuoi?», le domandai fredda. Sapevo che aveva brutte intenzioni, ma lei sospirò soltanto. Fece cenno sul falò.
«Ti diverti?», mi chiese tranquilla, ma io non seppi come reagire. Annuii soltanto, ma rimasi con lo sguardo su di lei, come se se mi voltassi mi potesse pugnalare alle spalle.
Casy prese un profondo respiro per prendere un sorso dal suo bicchiere. «Sei cambiata, Juliet. Non sei più la santerella di tre mesi fa.»
«Sono sempre la stessa», ribadii irritata ma lei rise istericamente per poi scuotere il capo.
«Nah. Tre mesi fa non avresti succhiato il cazzo a Aiden», disse mozzandomi il fiato per la sorpresa. Sorrise soltanto, mentre i miei pugni invece si serrarono.
Come poteva dire una cosa del genere? Sapevo che stavo sul punto di perdere il mio contegno così mi alzai per andare a cercare Aiden ma non appena lo feci la voce di Casy mi bloccò.
«Ti sei mai chiesta per quale motivo Aiden abbia ricevuto un appartamento? Solo qualche settimana dopo averti conosciuta?»
Mi bloccai per voltarmi verso la bionda. Cosa intendeva?
«A cosa vuoi arrivare?», le domandai con avversione. La mia voce stava tremando per il nervosismo. Tutte le paure che erano svanite fino a poco prima tornarono di colpo. Casy ghigno soddisfatta.
«Voglio arrivare al fatto che pensavo fossi sveglia e invece sei più stupida di quanto potessi immaginare. Pensi davvero che il padre di Aiden gli avrebbe pagato l'università se non gli avesse dato qualcosa in cambio?», continuò a domandarmi, come se si stesse prendendo gioco di me.
Cosa doveva significare? Che rilevanza aveva il fatto che Aiden si fosse preso un appartamento poco dopo avermi conosciuta? E l'università?
Sentii un troppo formarmisi in gola. «Che cosa gli ha dato in cambio?», balbettai, i miei occhi si appannarono leggermente.
Casy fece per rispondere ma si bloccò non appena vide Aiden affiancarla con due bicchieri in mano. Quest'ultimo si incupì non appena notò la mia espressione confusa e socchiuse le labbra.
«Aiden, c'è qualcosa che mi devi dire?», gli domandai piano, la paura si poteva sentire nella mia voce. Aiden passò lo sguardo da me a Casy per poi scuotere il capo e fulminarla con lo sguardo.
«Che cazzo le hai detto?», chiese irritato alla bionda ma lei fece spallucce innocentemente. Feci cadere le braccia mentre rimasi in silenzio a guardarli.
«Solo di come ti sei procurato quell'appartamento di merda...», rispose ovvia Casy, ma i lineamenti facciali di Aiden si indurirono. Buttò i bicchieri a terra per strofinarsi con forza le mani sul viso, come se servisse per concentrarsi meglio.
«Juliet, ascol-»
«Chiama suo padre», sentii la voce di Scott alle mie spalle. Quando mi voltai lo vidi avvicinarsi con un ghigno soddisfatto. Aiden lo guardò furioso.
«Cos-cosa?», balbettai confusa. Perché dovevo chiamare suo padre? Cosa avrebbe dovuto dirmi?
«Tu chiamalo. Fidati.»
Aiden tentò di avvicinarsi a me, ma Scott gli si posizionò davanti.
«Levati dei coglioni», ringhiò il primo ma il secondo non volle muoversi, in modo da ricevere pochi secondi dopo un pugno in pieno viso. Sapevo che avrei dovuto fidarmi di Aiden, ma le parole di Casy e Scott mi avevano fatto perdere ogni tipo di tranquillità, così presi dalla tasca il telefono per cercare il numero di Fred tra i contatti.
«Ju, fermati», mi provò a fermare, scavalcando con forza Scott, ma feci qualche passo indietro per avere il tempo di guardare sullo schermo. «Che fai?»
«Chiamo tuo padre.» Notai all'ora che il contatto era stato bloccato. Alzai lo sguardo su Aiden, ma lo riabbassai subito dopo per pigiare sul numero. La voce mi stava morendo in gola.
Era chiaro che i miei dubbi non erano stati inutili: che il motivo per cui ero sempre stata all'oscuro di qualcosa era stato perché ero io l'oggetto di quelle cose. Aiden era chiaramente infuriato, ma potevo vedere una sfumatura di paura nei suoi occhi.
«Juliet. Ascoltami, ne par-»
«Pronto? Juliet?»
«Fred!», esclamai con tono fin troppo squittente. Era il panico che stava prendendo il sopravvento. Aiden si bloccò per un attimo per poi restare immobile a prendere dei profondi respiri. «Mi hai cercato oggi?»
«Sì. Aiden sta con te?»
Scrutai suo figlio passarsi con inquietudine le mani tra i capelli mentre mi guardò attentamente. «Juliet. Attacca e ne parlia-»
«No. C'è qualcosa che devo sapere Fred?», continuai ma vidi Aiden avvicinarsi pericolosamente per prendermi il telefono dalle mani, ma feci due passi in dietro per impedirglielo. Il groppo in gola continuava ad aumentare.
«Porcaputtana», imprecò Aiden.
La paura di scoprire una parte di Aiden di cui non sapevo stava diventando reale.
«Sì, Juliet... vedi... non so come spiegartelo.»
«Juliet. Cazzo, attacca!», mi ordinò furioso Aiden, ma lo ignorai sul punto di piangere.
«Arrivi al punto!», insistetti, rivolta a Fred.
«Va bene. Tuo padre ha pagato mio figlio per portarti fuori. Sono settimane che mi dice che te ne parlerà ma non l'ha fatto.»
Rimasi paralizzata. La mia mente si inventò automaticamente mille scuse, ma non potevo più fingere che ciò che avevo sentito non fosse vero. Sentii una lacrima rigarmi il viso mentre rimasi a bocca aperta a scrutare Aiden, il quale ormai stava respirando a fondo.
Mio padre aveva pagato Aiden per uscire con me? Mio padre? Sentii per un attimo di perdere il respiro.
«Mio- mio padre ti- ti ha pagato per uscire con me?», balbettai sconvolta, ormai un'altra lacrima mi aveva rigato l'altra guancia. Aiden rimase muto, come se non trovasse più le bugie da raccontarmi, segno che avevo ragione.
Sentii il mondo cadermi addosso. Ogni parola, ogni bacio era stato un... lavoro? Per mio padre?
«Ho provato a contattarti da tutto il giorno, ma posso raggiungere solo la tua segreteria telefonica», continuò Fred dall'altra parte del telefono.
Continuai a rimanere immobile, mentre le cose iniziarono ad avere senso: la chiamata di mio padre, la discussione tra Aiden e tuo padre la sera prima- si trattava di me?
«Non si devono sposare vero? Tuo padre e Cindy?», chiesi in lacrime ad Aiden. Lui si strofinò con forza le mani sul viso per ricevere lucidità.
«No, Ju, ma volevo parlartene-»
«Stavate parlando di me? Ieri sera?», continuai a chiedere. «Tuo padre ti stava dicendo di parlarmi di questa storia, non è così?»
Finalmente stavo ricevendo chiarezza, ma avrei preferito mille volte di più essere l'ingenua diciassettenne di qualche istante prima.
Quella convinta che Aiden si fosse avvicinato a me semplicemente perché aveva provato l'interesse che avevo provato io. Che non mi avesse guardato negli occhi, ogni volta che mi trovava vulnerabile davanti a lui, sapendo quale illusa che ero.

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Anarchia
FanfictionJuliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura. Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...