Juliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura.
Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...
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«Qualcuno mi può spiegare perché stavate fumando su territorio scolastico?», chiese furioso il preside. Notai che guardò maggiormente Aiden con sguardo severo, ma lui non rispose niente nonostante lo guardasse negli occhi.
«Signore, io non stavo assolutamente fumando!», squittii, ma mi zittì alzando la mano.
«Sei molto fortunato che tuo padre ed io ci conosciamo da molto tempo, Houston», riprese a dire l'uomo dopo secondi di silenzio, «sennò ti avrei dato una detenzione questo pomeriggio stesso.»
Non che non ne fossi sollevata, ma non fui molto contenta della "lealtà" del nostro preside nei confronti di Aiden e in più non mi aveva degnato di uno sguardo. Lasciai un sospiro sollevata.
«Non me ne fotte un cazzo, signore», rispose però Aiden serio. Chiuse gli occhi in due fessure, tenendo lo sguardo sul preside.
Pensai di non riuscire più a respirare sentendolo pronunciare quelle parole. Feci scorrere lo sguardo tra lui e il preside che non reagì per due secondi. Perché? Nella mia testa stavo già piangendo.
Quando, non sapendo esattamente che fare, feci per dire qualcosa, il preside prese dei fogli da un cassetto e scarabocchiò con fare aggressivo qualcosa sopra.
«Complimenti Houston, si è meritato castigo per un mese», dichiarò. Aiden rimase immobile a denti stretti. Ma la sua postura era rilassata.
Ebbi un po' di speranza che magari a me non avrebbe fatto niente. «Quindi signore io-»
Mi interruppe subito, non alzò neanche lo sguardo dal foglio su cui stava scrivendo.
«Anche lei, signorina», confermò senza darmi possibilità di dirgli come erano andati davvero le cose. Feci scappare uno squittio. Aggiunse solo: «Mercoledì e venerdì dalle 17 alle 19, così non perderete nessuna delle nostre attività sportive. Ci incontreremo davanti alla palestra. Ora uscite.»
Mi guardai un attimo confusa intorno, non avendo proprio realizzato cosa fosse successo, poi quando vidi Aiden alzarsi lo imitai. Uscii dietro di lui dall'ufficio il silenzio. Questo preside è davvero particolare.
«Signore», mi voltai scettica, «il club di dibattito?»
L'uomo mi fulminò con lo sguardo e puntò sulla porta: «E adesso, fuori.»
«Va bene...», mormorai delusa.
Mi chiusi la porta alle spalle, poi mi rivolsi a Aiden, il quale era rimasto immobile e con lo sguardo perso accanto a me.
«Grazie! Ora ci hai messi insieme in castigo. Probabilmente ho anche perso la mia opportunità per fondare il club», manifestai.
«Non devo certamente scusarmi con te», disse solo piano, «E poi troverai di meglio di uno stupido club da morti di figa.»
Non mi degnò neanche di uno sguardo; si mise la giacca in spalla e si avviò verso l'uscita con passo calmo. Era ovvio che qualcosa lo aveva colpito, gli si leggeva in faccia che era stava pensando a qualcosa che lo tormentava.