Nel tragitto verso casa abbassai il finestrino per
fare uscire il fumo della sigaretta di Olivia mentre lei e Sophia continuavano a parlare di come si sarebbero vestite quella sera. Sapevo che speravano mi sarei vestita come l'ultima volta (quando avevo cercato di irritare Aiden), ma non avevo alcune intenzione di ripetere lo stesso sbaglio. Come può essere stato uno sbaglio se ha funzionato?«Io pensavo di metterci quelle gonne abbinate», propose Sophia senza distogliere lo sguardo dalla strada, «Sai, quelle rosse.»
Olivia si sporse dal sedile per avvicinarsi a lei con un sorriso. «Sì, ho presente. Hai ragione, ci starebbero da urlo. Te, Juliet? Cosa intendi metterti?»
Distolsi lo sguardo dal finestrino per portarlo sulla ragazza. Feci spallucce. «Non so, qualcosa di semplice suppongo.»
«Ma dai non puoi pure stasera», ribadì annoiata Olivia.
Presi un profondo respiro per rispondere, ma fortunatamente Sophia parcheggiò in quel momento davanti casa mia, così la ringraziai e saltai giù dall'auto il più veloce possibile. Olivia iniziava a diventare soffocante e non stavo capendo quel suo comportamento.
«Ti veniamo a prendere tra tre ore esatte! Non farti desiderare e scendi puntuale!», mi avvertì Sophia. Mi voltai col pollice alzato e lei rispose con una smorfia soddisfatta.
Sentii Sophia ripartire così salii verso casa per entrare. Mi levai le scarpe all'entrata per andare in cucina, inc era di uno dei miei genitori. Trovai sorprendentemente mio padre sul terrazzo, la porta di vetro era aperta. Mi avvicinai per chiedergli il permesso di andare quella sera, ma vidi che stava al telefono.
Rimasi in silenzio ad aspettare la sua chiamata, ma non appena sentii il mio nome mi avvicinai alla porta per sentire meglio.
«Avevamo detto che si sarebbe dovuta distrarre. Non di più», disse con un ché di irritato. Stava tenendo un bicchiere di whiskey in mano mentre faceva su e giù sul terrazzo.
Distrarre? Distrarre da cosa? E come? Di che diavolo sta parlando mio padre?
«E questo glielo ha detto? Come vorrebbe dire che non vuo-» Si fermò non appena si voltò per scorgermi.
Sbuffai non appena lo vidi riagganciare al telefono e invitarmi a raggiungerlo. Potevo capire dal suo sguardo che si sentiva colto con le mani nel sacco, nonostante non capisse di cosa stesse parlando.
Decisi per di non porgli domande sulla chiamata, le risposte non me le avrebbe date comunque. Fortunatamente, essendo ancora scosso dal fatto che avessi sentito le sue parole, non fece troppe domande sulla festa di quella sera e mi permise di andare.
Gli diedi un casto bacio sulla guancia per correre in camera mia. Mi buttai sul letto, stravolta dai miei pensieri. Cosa avrebbe dovuto distrarmi? E da cosa? La scuola? Mi agitava il fatto che mio padre escogitasse cose alle mie spalle.
Sbuffai e mi misi a sedere. Lanciai uno sguardo sull'armadio. Non avevo idea di cosa mettermi e non avevo alcuna voglia di farmi dei problemi. Odiavo il solo fatto che mi stavo facendo degli stupidi scrupoli sui miei vestiti.
Decisi di lasciare perdere e riprendere a leggere "Jane Eyre". Era troppo difficile staccarmi dalla lettura, quando notai che ormai mancava un quarto d'ora alle otto. Era sempre un'agonia prendere una pausa dalla lettura.
Mi vestiti il più veloce possibile: optai per dei pantaloni e una maglietta a spalline che mi aveva relato mia sorella perché non le stava più. Non era assolutamente nel mio stile, ma sapevo che durante le feste l'aria si riscaldava fin troppo e con le mie solite magliette larghe sarei morta di caldo.
Raccolsi i capelli in uno chignon e scesi verso l'entrata. Incrociando mia madre sulle scale mi lanciò soltanto uno sguardo per dire "so tutto". Distolsi lo sguardo per uscire di fretta dalla casa, mentre lei rimase sull'ultimo scalino a scrutarmi.
Sophia suonò il clacson non appena mi vide chiudermi la porta d'ingresso alle spalle. Le feci segno con un dito sulle labbra di zittirsi, ma lei e Jacob mi continuarono ad acclamare.
«Dai, Ju, non abbiamo tutta la sera», mi rimproverò divertito Jacob, seduto accanto a Sophia davanti. «Ma che strafiga che sei stasera.»
Aprii la portiera per sedermi, Sophia si voltò con un sorriso. «Infatti. Non avevi detto che non volevo vestirti troppo stravagante stasera?», mi domandò con un ghigno.
Misi apposto la maglietta, sentendo le mie spalle stranamente nude. «Infatti. Possibile che basti una maglietta per farvi cambiare la concezione su una persona?», domandai franca.
I due si scambiarono uno sguardo prima di scoppiare a ridere e lasciarmi confusa. Sophia accese la musica e poi mise in moto. Jacob accanto a lei prese un sorso della bottiglia di whiskey tra le sue mani. Me ne offrì un sorso, ma rifiutai con un sorriso forzato.
Fortunatamente passarono gran parte del viaggio a cantare, così non avremmo dovuto parlare di cose scomode come Aiden o altre dicerie a scuola. Notai, guardando dalla finestra, che l'appartamento di Aiden doveva trovarsi vicino a scuola e quindi al centro.
Non appena parcheggiammo notai che l'edificio nel quale si trovava l'appartamento si trovava in mezzo ad alcuni grattacieli.
Strano, non pensavo che Aiden fosse tipo da vivere in un posto del genere... Tu non pensavi un sacco di cose su di lui, Juliet. E poi ti sei sbagliata.
«Chissà per quale motivo suo padre gli ha comprato un appartamento del genere», borbottò Jacob con lo sguardo puntato sulla cima dell'edificio. Potevo sentire l'invidia nelle sue parole. «Non lo odiava?»
Sophia gli diede un pugno per poi avvicinarsi all'entrata. «Non lo odiava, Jacob. È così difficile pensare che suo padre possa avergli fatto un piacere?»
«Sinceramente? Se si tratta di quel uomo si», ammise Jacob.
Prendemmo l'ascensore insieme a un altro gruppi di ragazzi e Sophia pigiò sul tasto del quinto piano. Non ero sorpresa che persino Jacob sapesse dell'avversione tra Aiden e suo padre, però mi portò davvero a pensare per quale motivo il signor Houston gli avesse pagato quell'appartamento.
«Devi smetterla di fare questi commenti e farti un po' gli affari tuoi, Jacob», sbottò irritata Sophia. Era chiaro che lei e Aiden fossero amici, sennò non avrebbe avuto motivo per difenderlo in quel modo.
Rimasi in silenzio e le porte dell'ascensore si aprirono, così seguii Sophia verso l'appartamento numero 26. Per mia sorpresa la porta era aperta e non appena Jacob la spalancò venni travolta dalla musica forte e le risate dei presenti.
Entrammo immediatamente nel salotto dell'appartamento: le luci erano deboli e non potevo riconoscere molto dell'arredamento meno che i due divani appostati in mezzo. Ormai c'erano delle persone che ci si stavano baciando sopra e altre che giocavano al gioco della bottiglia.
Mi irrigidii non appena realizzai che il ragazzo moro seduto con le braccia distese sullo schienale del divano era Aiden. Indossava una maglietta nera, il ché portava in risaltò i tatuaggi neri sulle sue braccia, mentre i capelli erano leggermente tirati indietro. Dava l'impressione di essere uscito dagli anni 50.
Scrutai il modo con cui continuò a discorrere con il resto dei ragazzi seduti sui divani, vedendo Casy per mio piacere su un ragazzo che non conoscevo. Sospirai sollevata per poi riportare la mia attenzione su Aiden, ma incontrai immediatamente il suo sguardo.
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Anarchia
FanfictionJuliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura. Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...