Salii in camera mia, chiudendomi la porta alle spalle. Non riuscivo a fare cessare il pensiero di Aiden che raccontava in giro cose sconce su di me. Avevo combattuto per gran parte della mia vita per evitare una cosa del genere eppure eccomi. Solo per colpa di un ragazzo della peggiore specie.
Finii di fare i compiti e iniziai a riprendere di leggere "i figli degli uomini" sdraiata sul mio letto. Sempre una sensazione di peso nel mio petto. Dovetti rileggere più di una volta ogni frase perché continuavo a perdere la concentrazione. Che diavolo mi prende? Non mi ero mai distratta durante la lettura ed era una cosa straziante.
Per le sette sentii i miei genitori uscire, dato che avevano una cena importante. Mia sorella rimase chiusa in camera sua con il volume della musica al massimo. Dovetti coprirmi le orecchie con un cuscino per almeno cercare di concentrarmi sul mio libro.
Per le nove sentii il campanello suonare. Alzai allarmata lo sguardo dal mio libro. Saranno i miei genitori?
«Vai tu!», sentii Emma urlare a squarcia gola dalla sua stanza. Ti pareva?
Sospirai per poi alzarmi dal letto e scendere al piano di sotto. Non feci caso al modo in cui sembrava mi fossi appena svegliata. D'altronde stavo sempre con la mia maglietta larga e dei pantaloni altrettanto larghi. La musica in camera di mia sorella non cessò di suonare.
Scesi le scale per arrivare all'ingresso. Sospirai prima di aprire la porta e trovarmi Aiden cupo davanti a me. Trattenni il respiro sorpresa. Che diavolo ci faceva a casa mia? Ed ecco che tutte le parole velenose che avevo voluto dirgli in quelle ore passate svanirono dalla mia mente.
«Cosa ci fai qui?», domandai con tono irritato. Se lui doveva trattarmi male tanto valeva pagarlo con la stessa moneta.
Il riccio si passò una mano per i ricci, spostando lo sguardo sull'interno della mia casa. «Non mi sono scusato.»
Scostai lo sguardo dal suo viso a mia volta per il dispiacere. Pensai al club di dibattito. Ma poi alle voci che giravano su di noi. Inoltre mi venne in mente che se mia madre avesse trovato a casa Aiden quando lei non c'era sarebbe svenuta per lo shock.
Fece cenno verso l'entrata senza esitare. «Posso entrare?»
Digli di no, digli di no... Annuii in silenzio e mi misi da parte per farlo entrare. Sotto la luce i capelli rimanevano sempre neri pece. Poggiò le sue chiavi della macchina sul davanzale in legno. La musica in camera di mia sorella aumentò, mentre Aiden lanciò un'occhiata in direzione del suono rimbombante.
«Hai qualcuno in visita?», domandò.
Incrociai le braccia e negai col capo: «Mia sorella...»
«Ah», sussurrò ma tenne lo sguardo lontano dal mio. Poi, senza riservatezza, si indirizzò con passo sicuro verso il salotto.
«Cos-», mi affrettai a raggiungerlo.
Si fece cadere di peso sul divano, allargando le braccia sullo schienale in pelle. Rimasi immobile a scrutarlo. Dove la trovava l'audacia per comportarsi come se gli appartenesse tutto? Volevo ancora rimproverarlo per il suo comportamento di quella mattina.
Si guardò intorno, sopratutto scrutò le foto di famiglia. «Avevate l'aria di una famiglia perfetta», scandì quelle parole con un filo di astio nella voce. Perfetta? Neanche lontanamente.
«Ah si?»
Sospirò. «Non hai idea quanto...»
«Bè ti sbagli. E di grosso.» Mi sedetti a gambe perfettamente parallele sul sofà, le mani poggiate sulle ginocchia. Il suo sguardo si posò nuovamente su di me.
«Non sono mai stata messa in punizione», sibilai arrabbiata e triste allo stesso tempo. Il suo viso si incupì.
Fece spallucce. Segno che non gli importava. «C'è sempre una prima volta, no?»
«Non in queste cose!», sbottai stavolta irritata. «Potresti anche smettere di ignorare che ci sono finita per colpa tua in punizione.»
Mi alzai dal sedile per dargli le spalle. Volevo fuggire da quel salotto, ma non sarebbe servito a nulla. Mi voltai nuovamente verso di Aiden: «Perché sei qui?»
«Te l'ho detto. Per scusarmi», rispose con spensieratezza, ma era onesto. Si portò una mano sulle guance rasate.
«Scusarti?», risi istericamente.
«Sì.»
E allora perché stava continuando a restare in casa mia? Se fosse scesa mia sorella sarebbe impazzita. In più non pensavo si stesse scusando per me, ma più per saziare il suo ego.
Abbassai lo sguardo per nascondere il dispiacere sul mio volto. «Bene. Allora adesso puoi andartene.»
«Vuoi che me ne vada?»
«Sì, Aiden.» Alzai lo sguardo incontrando il suo puntato su di me, ma rimase immobile, ancora appostato comodo sul divano. «Perché non dovrei volere che tu te ne vada? È chiaro che nessuno dei due vuole stare in compagnia dell'altro.»
Aiden però socchiuse le labbra, ignorando ciò che avevo appena detto. «Perché ci tieni così tanto a quel club di dibattito?», mi chiese.
Notai una sfumatura di interessa, ma probabilmente me lo stavo solo immaginando. Ed ecco che continuava a cambiare argomento e di colpo pareva interessato a me. Tanto tempo due secondi e sarebbe tornato ad insultarmi.
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Anarchia
FanfictionJuliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura. Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...