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Sta andando in camera sua

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Sta andando in camera sua. 

Sentii il cuore aumentare dolorosamente il battito. La punizione ormai era lontana dai miei pensieri. Feci passare con insicurezza lo sguardo sul piano terra prima di seguire Aiden con passo svelto al piano di sopra.

Trovai la porta della sua stanza aperta e non appena entrai lo vidi in piedi davanti alle finestra come l'ultima volta. Non potei evitare di guardarmi in giro con curiosità. Solo con la luce del sole potei notare la libreria colma di libri colorati e accanto una libreria della stessa dimensione, ma con al contrario dei porta vinili posizionati in verticale.

Come mai qualcuno come Aiden Houston doveva avere una raccolta del genere?

Mi bloccai, affascinata alla vista della libreria. Aiden se ne accorse e si poggiò alla finestre per incrociare le braccia al petto.

«È tua?», gli domandai senza distogliere lo sguardo dai vinili.

Restò con lo sguardo fisso su di me. «Di chi dovrebbe essere sennò?»

Come se avessi paura che se mi fossi avvicinata troppo il moro avrebbe potuto arrabbiarsi.

«Puoi pure avvicinarti. Non mi arrabbio», dichiarò divertito, come se mi avesse letto nella mente.

«Non ho paura di quello», ribadii.

«Lo so.»

Lanciai uno sguardo su Aiden, per poi abbassarlo con un sorriso imbarazzato e riportarlo sugli scaffali.

Mi avvicinai in silenzio alle copertine di carta. Feci passare delicatamente le dita sulla carta, per poi prendere fuori l'album di John Coltrane "A love supreme".

Rimasi sorpresa, notando che si trattava di un vinile al quanto vecchio.

Mi voltai con un sorriso raggiante verso Aiden per chiedergli cosa ci facesse un disco del genere in camera sua, ma lo trovai con una sigaretta tra le labbra. Stava avvicinando l'accendino per accendersela, mentre lo scrutò con concentrazione.

«No», protestai. Feci due passi incontro al moro, per levargli d'impulso la sigaretta dalle labbra. «Il fumo fa male.»

Aiden aprì la bocca sconvolto. Quando scrutai meglio la sigaretta, notai che si trattava di una canna. Riconobbi la rabbia negli occhi del riccio non appena gliela levai, ma si ricompose stranamente subito dopo. «Quell'erba costa un bel pò, Juliet», manifestò leggermente irritato. Sapevo che non lo intendeva veramente. Si abbassò per avvicinarsi al mio orecchio. «Ridammela», sussurrò, mozzandomi il fiato.

«No.»

«Ah no?»

Iniziai a vedere una parte più innocente nel moro. Un ragazzo a cui piaceva la musica jazz e che, anche se non gli piaceva, sapeva essere gentile. Circa...

«Non dovresti fumare erba», sbottai seria. Poteva sentire il dispiacere nella mia voce.

«Non dovrei fare un sacco di cose», mormorò piano. Seguii il suo sguardo abbassarsi sulle mie labbra umide, «E tu dovresti iniziare invece a fare un po' più di cose.»

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