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Feci qualche passo, quando già sentii i suoi passi bloccarsi di colpo, ma non mi fermai.

«Cos- Juliet! Dove vai?», sentii Aiden chiedermi con la stessa rabbia di prima.

«A casa!», risposi, ma mi bloccai subito dopo. Ormai eravamo troppo lontani da casa mia, mi ci sarebbero dovute almeno due ore per arrivare. Optai se non chiamare qualcuno, ma mi ricordai solo allora di aver lasciato il telefono in macchina di Aiden.

Strinsi i pugni per voltarmi verso di lui e notai che ormai si stava avvicinando a me confuso.

«Perché? Che cosa è successo?», mi domandò fingendosi ingenuo, il ché mi irritò ancora di più. Lo guardai sconvolta ma lui rimase fermo a labbra socchiuse, così dovetti superarlo per avvicinarmi alla sua macchina. Forse dovrei chiarire e basta. È così che funzionano le relazioni...

«Non hai detto ai tuoi amici che andremo all'università», mi spiegai fredda, solo perché senno sarei potuta scoppiare in lacrime. «Perché non gliel'hai detto? Sii sincero.» Mi voltai per vedere la sua reazione, ma in risposta lo distolse per respirare a fondo.

«Sei arrabbiata per questo?», domandò aggrottando la fronte e io annuii ovvia, «Non gliene ho pelato perché non ne vedevo il motivo.»

Non ne vedeva il motivo? Come poteva giustificarsi in quel modo. La cosa che mi speventava però fu il suo tono atterrito. Era possibile che il motivo per cui io fossi l'unica a non sapere nulla era perché trattava di me?

«Mi stai nascondendo qualcosa?», gli chiesi ormai con la voce spezzata. «Perché, Aiden, questa situazione non mi convince.»

Eccoci, di nuovo. Mi poggiai con la schiena alla sua macchina per tentare di controllare la mia paura, Aiden però mi guardò sconvolto.

«No, Juliet. Non ti devi preoccupare.» Si avvicinò per provare a prendermi il viso tra le mani ma mi scostai. 

«Allora di cosa discutevi con tuo padre ieri sera?»

Aiden si passò una mano tra i capelli senza interrompere il suo sguardo preoccupato. «Di mia madre, Ju. Ha buttato altre cose sue», mi spiegò, ma il suo tono non mi convinse.

Tirai su col naso per scostarmi dalla macchina. Volevo soltanto andarmene e calmarmi da sola. Sapevo di non avere alcun motivo vero e proprio per stare male, ma la paura che provavo in quei due giorni era aumentato.

Gli credevo, sul fatto che il litigio con suo padre trattasse di sua madre, ma di nuovo mi sentivo irrilevante. Ero così inaffidabile?

«Ju, non piangere», mi supplicò col capo inclinato ma io tirai su col naso. «Ti giuro che appare tutto peggio di quanto davvero sia.» Aveva ragione però.

«Devo prendere il mio telefono», dissi soltanto prima di aprire la portiera a recuperarlo dal mio sedile. Non potevo credere che mi stessi davvero facendo influenzare così tanto dai suoi amici, ma sul fatto che continuava a mentirmi avevano ragione.

«Cosa ti hanno detto?», insistette Aiden non appena mi allontanai per cercare tra la galleria chi potessi chiamare. Alzai lo sguardo per incontrare il suo, di nuovo arrabbiato.

«Che non gli hai detto di noi, Aiden. Che andremo insieme all'università», gli spiegai stavolta fredda. Prese un profondo respiro per alzare gli occhi al cielo e voltarsi per un attimo verso la vetrata dalla quale ci stavano sicuramente guardando.

«Ti ho già detto che non c'è un motivo vero e proprio per il quale non gliene ho parlato. E poi dicono tante di quelle cazzate-»

«Però è la verità», contraddissi prima di schiacciare sul numero di Kyle. Non sapevo se avrebbe risposto o se fosse stato disposto a venirmi a prendere, ma era l'unica persona a cui potevo chiedere un favore in quel periodo.

Aiden aggrottò la fronte irritato. «Chi stai chiamando?»

Gli diedi le spalle, aspettando una risposta da parte di Kyle, ma Aiden mi si riposizionò davanti. Non volevo parlargli, non fino a che non mi avrebbe detto la verità.

«Juliet, chi cazzo è?»

«Kyle», risposi abbassando lo sguardo, ma Aiden prese soltanto un profondo respiro. Sapevo che il fatto che stessi chiedendo a un altro di venirmi a prendere lo faceva infuriare, più di tutto quello che era successo fino ad allora.

«Juliet, ti devi fidare di me. Il motivo per cui ho litigato con mio padre è perché vuole risposarsi e non ho parlato ai miei amici dell'università perché non voglio che tu ci abbia a che fare», disse con insistenza, abbassandosi abbastanza per incontrare il mio sguardo, nonostante lo stessi ignorando. «Ju, ascoltami porcaputtana!»

Abbassai il telefono per scrutarlo. Eccola la verità. E perché non poteva parlarmene prima? Cindy e suo padre si sposavano? Capii solo allora quanto mi fossi comportata in modo assurdo e paranoico, adesso mi sentivo solo in imbarazzo.

«Tu-tuo padre si sposa con Cindy?», balbettai dispiaciuta. Aiden annuì a denti stretti, ma continuò a tenere lo sguardo nel mio. Fu sollevato quando attaccai al telefono. «Perché non me ne hai parlato subito?»

«Perché- non so cazzo- forse perché lo rende più vero se ne parlo con te», rispose a sguardo basso Aiden. Mi pentii del mio comportamento, sopratutto di aver creduto di nuovo a Scott.

Mi avvicinai a Aiden per stingere le mie braccia intorno al suo collo per confortarlo. Sentirlo triste  mi spezzava il cuore. Avvolse le sue braccia intorno alla mia vita per stringermi più forte a sé e lo sentii inspirare a fondo. Mi sentivo come quando una tempesta finisce mentre mi alzò leggermente da terra.

«Mi ameresti nonostante tutto?», lo sentii domandare contro l'incavo del mio collo. Allentai l'abbraccio per poter scrutare le sue iridi verdi e il modo in cui le sue pupille nere le avevano ormai quasi quasi del tutto. Nonostante cosa?

«Nonostante cosa?»

«Non- non so. Nonostante i miei amici- mio padre...» Scandì l'ultima parola con particolare rigidità, ma io annuii. Non pensavo che potesse essere possibile che le emozioni che provavo nei suoi confronti potessero mai svanire. Era paurosa come cosa, ma anche se qualcosa mi avesse portato ad odiarlo a morte, parte di me lo avrebbe sempre amato. Forse più di quanto avrei dovuto.

Annuii in silenzio e Aiden sorrise sollevato per posare le sue labbra con bisogno sulle mie. Era come se tutte le sue paure le potessi percepire attraverso quel contatto. Strinse le mie labbra quasi dolosamente contro le sue, ma sapevo che lo faceva perché aveva soltanto bisogno di qualcuno che gli stesse accanto.

Mi rimise a terra ed entrammo in macchina mano nella mano. Qualcosa era cambiato, non sapevo cosa, ma mi teneva la mano, mi scrutava, come se ognuno di quei contatti e quegli sguardi potesse essere gli ultimo.

AnarchiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora