Juliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura.
Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...
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Si fermò davanti a un cancello. Socchiusi le labbra confusa non appena capii che si trattava di un cimitero. Cosa ci doveva fare Aiden a un cimitero? Seriamente te lo stai chiedendo?
«Nostra madre è morta esattamente tre anni fa», sussurrò Sabrina non appena misi la mano sulla maniglia.
La guardai con compassione. Era chiara la tristezza nei suoi occhi. «Mi dispiace.»
"Oh non dispiacerti, Juliet. Ce la siamo provati a cavare abbastanza bene dopo. Ti sto dicendo questo perché... so che Aiden è difficile. Conosco bene mio fratello. Ma so anche che di solito preferisce stare da solo e con te è diverso", ammise. Il mio stomaco si strinse per il nervosismo di vederlo.
«Dagli tempo e si aprirà», concluse lei.
Sapevo che Aiden era difficile, ma non mi era mai importato di nulla in tutta la mia vita quanto mi importava di lui. «Grazie, Sabrina. So che non lo conosco da molto... e probabilmente mi prenderebbe per pazza se sapesse che ti sto dicendo questo. Ma non lo lascerò andare.»
Arrossii a quella confessione, ma Sabrina abbozzò un sorriso.
«Qualcosa mi dice che neanche lui lo farà. Se non darà di matto, però.»
«Lo potrebbe fare?»
«Sinceramente non lo escluderei», ammise, scrollando le spalle.
Abbozzai un sorriso di conforto per ringraziarla e scesi dall'auto. Entrai con un nodo nello stomaco nel cimitero per guardarmi intorno: era molto grande e quindi avrei dovuto guardarmi in giro per trovare Aiden.
Svoltai sulla strada a destra per poi guardarmi con attenzione intorno. Dopo pochi minuti restai bloccata non appena lo vidi in piedi davanti a una lapide bianca. Teneva il capo chino e le mani intrecciate l'una con l'altra. Aveva le labbra serrate e per la prima volta era per la tristezza.
Non mi aveva detto che esattamente tre anni fa era morta sua madre. D'altronde, non mi aveva raccontato quasi nulla di lei. Mi avvicinai in silenzio per poi affiancarlo. Dovette rivolgermi uno sguardo per due volte per accertarsi che si trattasse di me.
Lessi il nome inciso sulla lapide: Margaret Jane Houston.
«Cosa ci fai qui?», chiese serio. Riportò il suo sguardo davanti a noi.
«Mi hanno detto cosa hai fatto per me. Per il club... volevo scusarmi per ieri», sussurrai piano. Non sapevo come avrebbe reagito e di conseguenza come comportarmi.
«Sei perdonata», rispose però secco e freddo. Era chiaro che era ancora arrabbiato.
Sospirai. Pensai attentamente a cosa dire per prossimo. Volevo soltanto che tornasse tutto come prima. Prima di ieri sera. Volevo vederlo sorridere come aveva fatto in spiaggia.
«Ieri non ho pensato a quello che dicevo», ammisi.
«Ma davvero? Non l'avevo notato», ribadì altrettanto freddo. Ignorai il suo tono. Sapevo che lo faceva solo per difendersi.
Mi voltai verso di lui e gli presi una mano. Mi scrutò confuso quando gli ci diedi un bacio casto sopra. Alzai lo sguardo per incontrare le sue iridi verdi.
«Con te sono un'altra persona, Aiden. Chi voglio essere. Quindi non voglio lasciarti solo oggi», proclamai. «Nonostante tu mi faccia imbestialire.»
«Non voglio farti pena, Juliet.»
«Non mi fai pena. Si sta vicini alle persone a cui si tiene», spiegai. Distolsi lo sguardo non appena realizzai cosa avevo appena detto. Ci tenevo talmente tanto?
Aiden non distolse però lo sguardo. Rimase serio a guardarmi. Avevo paura potesse dirmi di andarmene e che ero solo pazza. «Vuoi starmi vicino?»
«Sì.»
Si divincolò dalla mia presa sulla sua mano per prendermi sotto braccio e stringermi a sé. Trattenni il respiro non appena lo fece. Non mi ero mai sentita così sollevata. Allaccai le braccia intorno alla sua vita per poggiarmi con la guancia al suo petto.
Rivolse nuovamente lo sguardo davanti a sé. Lo sentii stringermi a sé con un po' do forza, come se ne avesse bisogno.
«Ho bisogno di te», sussurrò. Sorrisi contro il suo petto. Sentire il suo battito mi tranquillizzava.
«Allora non allontanarmi, Aiden.»
«Ci provo, cazzo, Juliet. Non è facile», ribadì. Il suo sguardo fisso sulla lapide divenne più triste, così lo strinsi ancora più forte a me.
Volevo parlare di sua madre con lui, sapere come si sentiva e cosa pensava. Se avessi potuto avrei trasferito tutta la sua tristezza in me.
«Allora non mi lasci scelta che appiccicarmi a te, anche se la cosa ti irrita», mormorai sincera. Ero pronta a sopportare le sue cinque personalità se avessi dovuto.
Mi diede un bacio sulla fronte. «Non mi potresti irritare neanche se ci provassi», ammise. «Circa...»
Alzai lo sguardo per guardarlo storto. Era ancora serio, ma sapevo che quello che aveva appena detto lo intendeva. Mi misi in punta di piedi per posare le mie labbra sulle sue. All'inizio pensai che non avrebbe risposto, ma poi lo sentii spingere le sue labbra contro le mie.
Volevo piangere per la felicità. Speravo che mi avrebbe baciata in quel modo per sempre. Il suo profumo a contatto con la mia pelle mi dava delle scosse elettriche per tutto il corpo. Si allontanò poco dopo dalle mie labbra.
«Andiamo a mangiare? Non ho ancora pranzato», propose mentre si mise in marcia verso l'uscita con me sotto braccio.
Lanciò un'ultimo sguardo sul nome di sua madre. Ridacchiai, perché erano le quattro del pomeriggio e probabilmente si sarebbe preso un'altra bistecca.
«Va bene. La solita tavola calda?»
«La solita tavola calda», rispose in approvo. Raggiungemmo la sua auto e mi fece sedere accanto a lui. «La cameriera mi sta antipatica però.»
«Anche a me», confessai, pensando a quando aveva parlato di Britney.
Era sconcertante come le dinamiche tra di noi cambiavano sempre di colpo, ma quando diventava l'Aiden dolce non volevo discutere di quello che era successo prima tra di noi.
Mise immediatamente in moto e ci avviammo verso la tavola calda. Tenne la mano sulla mia coscia come se gli desse sicurezza e io per tutto il tragitto non potevo nascondere il sorriso sul mio volto. Parcheggiò nel parcheggio vuoto della tavola calda.
Prese le chiavi della macchina e fece per scendere, ma lo fermai prendendolo per il braccio. Volevo sentirmi di nuovo sua. Mi guardò confuso ma chiuse la portiera che aveva aperto.
Non persi tempo e affondai le mie labbra nelle sue.