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Per poco non mi sentii morire dalla gioia, se fosse possibile una cosa del genere, ma dal modo in cui non mi degnò di uno sguardo mi rese insicura. D'altronde sono solo delle parole, potrebbe pure non pensarle.

Così mi sdraiai sulla pancia e posai il mio mento sulle mie mani disposte sul suo petto e lo guardai con un sorriso stampato sul viso, nonostante la paura che non lo intendesse c'era.

«E come faccio a sapere che lo intendi per davvero?», gli domandai un po' per provocarlo e finalmente Aiden mi degnò di uno sguardo.

Mi aspettai che avesse uno dei suoi momenti lunatici come al solito e che se ne andasse, ma sorrise per poi poggiarsi sui suoi gomiti per mettersi più diritto. Mi scostai dal suo petto e mi sedetti accanto ma di fronte a lui, senza smettere di sorridere.

Ormai mi aveva detto che si stava innamorando di me e sarebbe stato fisicamente impossibile per me non mostrare la mia felicità. Pensavo che potesse leggere nei miei occhi che provavo lo stesso.

«Perché nessuno mi conosce come mi conosci te», ammise con lo sguardo legato nel mio, capivo che stava odiando quella confessione ma quelle sue parole erano una droga. «E poi con te riesco a parlare di tutto...»

Alzai lo sguardo sul mare di stelle. «Anche io... Ma non so quasi niente di te, Aiden», ammisi dispiaciuta.

«Non è vero, Ju. E poi è però sempre di più delle altre persone», ribadì sincero. Abbassai lo sguardo per incontrare il suo e mi portai le ginocchia al petto, mentre lui si passò nervosamente una mano sulla scritta tatuata sull'avambraccio.

«Dimmi allora qualcosa che non hai mai detto a nessuno», gli proposi curiosa, anche se non avevo davvero molta speranza che accettasse.

Aiden si morse il labbro per poi sbuffare e prendermi per il polpaccio e tirarmi più vicino a sé. Rimase qualche istante a pensare con lo sguardo fisso davanti a sé mentre io analizzai il suo viso scavato in ogni minimo dettaglio.

«Ti amo», sussurrò per scrutarmi con ammirazione, ma io rimasi confusa.

Non aveva mai detto "ti amo" a nessuno?

Feci spallucce e mi avvicinai ancora più a lui. «Neanche io ho mai detto ti amo...»

«No, Juliet», mi interruppe seccato Aiden. Osservai il modo in cui si morse la guancia e serrò la mascella. «Ti amo. Sono innamorato di te. Non so in quale altro modo te lo devo dire perché tu capisca.»

Ed ecco che il respiro mi si bloccò per la millesima volta in gola mentre fissai le sue iridi versi con le labbra socchiuse per tentare di riuscire a respirare. Era chiaro che si vergognava delle parole che pronunciava, che la situazione lo irritava, ma non si fermò.

Non pensavo che due semplici parole potessero fare sentire a una persona talmente tante emozioni in un istante: euforia, paura, agitazione...

Anche tu lo ami chiaramente, quindi diglielo! Sapevo che non sarei riuscita a dirglielo a voce in quel momento, così mi misi in ginocchio per poi posarmi a gambe divaricate sulle sue cosce. Aiden rimase irremovibile a scrutarmi, troppo serio per non sentire nulla.

D'istinto posò le sue mani sui miei fianchi e mi strinse più a sé con un po' di forza, il ché mi fece gemere piano.

«Mi ami davvero?», gli domandai solo per il bisogno di sentirglielo dire un'altra volta. Aiden annuì piano per poi passarmi una mano sul viso per portarmi una ciocca dietro all'orecchio.

«Insomma ti conosco da soli due mesi... Ma se l'amore è questo- il modo in cui mi fai sentire... immortale- allora sì. Tu non mi ami?»

Notai dal modo in cui disse quelle parole, con tale affanno, che aveva paura della risposta. Davvero ne può dubitare?

Gli presi qualche riccio tra le dita per giocarci e restai con gli occhi incatenati ai suoi, il respiro sempre corti. «Se questo è amore, allora anche io ti amo», risposi in un mormorio prima di avvicinare le mie labbra alle sue con... amore?

Ecco cos'era, finalmente l'amore. Potevo dirgli di amarlo e lui che amava me. Che poi sarebbe stato come dire che avevo bisogno di lui per vivere... Aiden rispose al mio bacio originariamente casto con un forza che mi fece perdere chiarezza, mentre con le sue mani posate sui miei fianchi mi avvicinò più forte al suo addome.

Fortunatamente non faceva freddo, ma di colpo sentivo un caldo difficile da sopportare. Mi sentivo sotto droga ogni volta che mi baciava, ogni volta che mi stringeva forte a sé. Ma poi i miei pensieri tornarono all'università e ad ogni bacio delicato che mi dava la Columbia diventava sempre più un incubo. Che cosa ci andrei a fare?

Volevo Aiden più di qualsiasi cosa avessi mai voluto e, anche se mi spaventava a morte, sapevo che sarei stata disposta a tutto per averlo con me.

Quando si spostò con le labbra dalle mie per lasciare un'umida e calda scia di baci sul mio collo, facendomi fremere, feci scendere le mani sui bottoni dei suoi pantaloni. Non sapevo cosa fosse ma mi sembrava la cosa più naturale e giusta, cercare l'intimità che avevo sempre voluto solo con il ragazzo di cui ero innamorata.

Ma sono pronta? Erano sempre stati mille i modi in cui mi ero immaginata di perdere la mia verginità ma su un tetto non rientrava in questi. Sopratutto Aiden: avevo sempre pensato di conoscere l'amore della mia vita all'università, il tipo di uomo per bene, e invece eccomi là con quel ragazzo problematico e dannatamente ribelle. Che però mi faceva provare cose che nessun altro uomo poteva farmi provare.

«Aiden?», boccheggiai.

«Hmhm?», mormorò senza staccarsi dalla mia pelle arrossata.

Sentendo che Aiden stava continuando a concentrarsi su un punto fisso del mio collo, succhiandomelo quasi dolorosamente, presi in mano i bottoni dei suoi pantaloni per sbottonarglieli con più agilità possibile.

«Voglio farlo», ammisi in un sussurro, ma Aiden si staccò dal mio collo e mi prese le mani nelle sue.

«Cosa?»

Abbassai lo sguardo che avevo tenuto sulle stelle sul suo viso, riconoscendo la sorpresa e... paura?

«Sai cosa... quello.» Scoppiò a ridere per il mio imbarazzo.

«Vuoi scopare?», mi domandò con un ghigno e dovetti alzare gli occhi al cielo per la sua volgarità.

«Ok adesso mi hai fatto cambiare idea», borbottai per irritarlo e feci finta di scendere dalle sue gambe, ma lui scoppiò a ridere per ritirarmi a sé, stavolta le nostre labbra si sfiorarono solo che nessuno dei due si scostò.

Odiavo il modo in cui la pelle d'oca si espandeva sulle mie braccia quando sentivo il suo respiro sulla mia pelle.

«Non penso sia una buona idea. Adesso.» Si accarezzò con forza il mento e le guance rasate, segno che stava cercando di pensare.

«Non vuoi farlo?», gli domandai insicura non appena non lo vidi rispondere, ma lui scosse il capo e mi accarezzo i fianchi con i pollici.

«Ju, piccola, sai che lo voglio. Cazzo, se lo voglio», arrossii per le sue parole, «ma non ho portato niente per... proteggerti.»

Aggrottai le fronte. «Proteggermi?»

«Un preservativo, Ju. Dio...», gemette prima di farmi scendere confusa da sopra di lui.

AnarchiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora