Feci passare uno sguardo sull'immensa libreria. Volevo solo piangere all'idea che doveva provare.
«Sono solo venuta per vedere se stavi bene, Aiden», risposi a mezza voce. Feci una smorfia dispiaciuta mentre rimase in silenzio.
Alzò lo sguardo verso lo scaffale più alto. «Sto una merda, contenta?»
No che non ero contenta. Non ero contenta quando mi parlava in quel modo. Forse sarei semplicemente dovuta tornare a casa. Solo allora mi accorsi che il giorno seguente sarebbe stato un lunedì. Non avevo mai dormito fuori la domenica prima di scuola.
«Forse dovrei andarmene. È chiaro che non mi vuoi qui», borbottai offesa e mi voltai per uscire. Ma la sua presa sul mio polso mi fece voltare di scatto. Premette con forza le sue labbra contro le mie. Come se ne avesse bisogno.
Mi lasciai andare al tocco delle sue mani posarsi sui miei fianchi e alzarmi in aria di peso. Sentii la sua rabbia scivolare via. «Perdonami», sussurrò, allontanandosi per un secondo da me.
Allacciai le gambe alla sua vita. Ed ecco che si stava sfogando come sempre nello stesso modo... Lo sentii camminare con passi decisi senza staccare le sue labbra piene dalle mie.
Strinsi i suoi ricci tra le mie dita. Amavo il modo in cui gemeva quando lo facevo. Si chiuse la porta alle spalle, prima che mi sentissi adagiare sul materasso del suo letto con delicatezza. Posò le sue labbra umide sull'incavo del mio collo baciandolo e leccandolo con foga.
«Lo odio...», borbottò con odio nella sua voce, tra un bacio e l'altro. Si stava riferendo al padre, lo sentii nella sua presa più forte.
Mi morsi il labbro in piacere. Volevo farlo sentire bene. Sapere cosa si provava a controllare il corpo di qualcuno.
Fece per posarsi su di me quando lo feci rotolare sulla schiena. Mi staccai soddisfatta dalle sue labbra e mi misi a gambe divaricate sulle sue cosce. Lo vidi piacevolmente sorpreso.
«Cazzo, Juliet. Stai imparando in fretta», sussurrò eccitato.
Si mise a sedere in modo da stringere il suo petto al mio. Si poggiò con le mani al materasso e io sul suo petto coperto dalla sua maglietta. Respirai a fondo il suo profumo che mi rendeva dipendente. Sentii il bozzo nei suoi pantaloni premermi contro e non potei che arrossire in imbarazzo.
«Cosa?», chiese confuso.
Mi coprii sorridendo il volto. Mi vergognavo dei fatto che mi vergognavo. Forse ero davvero troppo immatura per una cosa del genere. Purtroppo Aiden capì e sghignazzò divertito. «Cos'è? Ti fa paura?», rise.
Scoppiai a ridere a mia volta. Lui mi guardò passandosi la lingua sulle labbra. Era bello vederlo di nuovo di buon umore. «È solo che non mi è mai capitato. Tutto qui. Lo sai», confessai.
Riscorsi da dietro le mie mani per posare il mio sguardo nel suo. Dio se era bello.
«Vuoi fermarti?», chiese preoccupato. Preoccupato? Pensava non ne fossi in grado.
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Anarchia
FanfictionJuliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura. Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...