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Fortunatamente sospirò, segno che non era arrabbiato

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Fortunatamente sospirò, segno che non era arrabbiato. Rimasi in piedi a scrutare la spiaggia semi libera. Potevo riconoscere con dispiacere un gruppo di ragazze a due passi da noi. Si stavano sussurrando qualcosa all'orecchio e ridevano come delle scolarette mentre indicarono su Aiden.

Lui ignaro si tolse la maglietta e portò alla vista di quelle arpie il suo fisico slanciato.

«No!», sbottai impulsiva.

Presi la sua maglietta e cercai di usarla per coprirlo, ma lui non faceva altro che ridere. Sapevo che ero ridicola e che non ne avevo neanche il diritto di coprirlo, ma lui rideva soltanto.

«Ju, che fai? Sei gelosa?»

«No!», enunciai nervosa e imbarazzata.

Non volevo ammetterlo. Le ragazze continuano a sghignazzare. Avevo paura che Aiden vedendo un gruppo di ragazze così sarebbe andato da loro per rimpiazzarmi.

Si fece per voltare e vedere cosa stessi fissando,  ma con impulsività gli presi il viso con forza tra le mie mani e posai le sue labbra contro le mie. Lo sentii gemere e mi strinse con le mani per i fianchi. Così vi sta bene oche. Stavo davvero diventando possessiva e avevo sempre odiato le persone così.

Lo baciai con foga e lui mi strinse quasi con forza a sé quando mi fece sdraiare sulla sabbia. Mi sdraiai sulla schiena sulla sabbia mentre assaporai a fondo il suo gusto. Mi stavo drogando dei suoi baci. Volevo tutto di lui, senza eccezioni.

Volevo di colpo sentire il controllo di lui anche se ieri non avevo avuto il coraggio di farlo. Aiden si poggiò con il gomito accanto al mio viso e passò con le mani esperte sul mio fondo schiena per stringerlo con bisogno. Ansiami. Mi stavo dimenticando di essere in un posto pubblico. Feci scivolare la mani verso i suoi pantaloni, ma lui me la prese in mano per fermarmi con un ghigno.

«Vorrei ricordarti che siamo in spiaggia e circondati da persone. Non vorrai farci arrestare vero?», domandò malizioso. L'idea di venire arrestata per la prima volta nella mia vita non mi terrorizzava. Non se stavo con lui.

Mi morsi il labbro mentre mi scrutò con una luce nei suoi occhi. «Voglio toccarti come tu tocchi me», mormorai. Sentivo il mio viso bruciare per l'imbarazzo.

Si morse il labbro per strozzare un sorriso accalorato.

«Non hai idea di quanto voglio sentire la tua mano su di me, cazzo. Ma non voglio scandalizzare qualche bambino», rise.

Si sdraiò sulla sua schiena accanto a me e mi fece poggiare con delicatezza il capo sul suo petto. Lo sentii sfiorare con le dita la mia guancia ma cambiò idea e la levò. Sentii un po' di peso nel petto da quell'azione.

Sfiorai con le dita il suo sterno e lo apprezzai con una sensazione di leggerezza. Non mi importava dove ma non volevo sentirmi intimidita dalle ragazze a un passo da noi. Sapere che sarebbero state capaci di fargli provare sensazioni che io non sapevo fargli provare.

Alzai il viso dal suo petto per incontrare il suo sguardo. «Andiamo in macchina tua allora», proposi seria. Non provavo più imbarazzo.

Aiden mi guardò sconvolto ma negò col capo con un ghigno. «Non ti farò fare la tua prima sega in una macchina», sbottò diretto. Il suo linguaggio volgare avrebbe dovuto farmi arrabbiare, ma invece arrossii al pensiero.

«E quindi?»

«Quindi restiamo qui e quando ci va torniamo a casa mia», spiegò con calma. Era strano il fatto che non insistesse come avrebbero fatto molti ragazzi, mentre ero io quella che voleva togliergli i pantaloni.

Sbuffai e lui rise. «Ho davvero una pessima influenza su di te», sussurrò per poi poggiare con gli occhi chiusi il capo sulla sappia.

Posai la guancia sul suo petto. «Non so se la posso più chiamare una cosa negativa», ammisi piano.

Mi passò con delicatezza il pollice sul labbro e poi sul mio zigomo. «Perché sei così insicura di te stessa?»

«Non lo sono», mentii, «Te l'ho già detto più spesso.»

«Dai, te lo si legge in faccia. Non ne capisco il motivo però», ammise. Avrei voluto rispondere qualcosa, ma non mi veniva nulla in mente. Aveva già capito tutto tanto.

Sospirai per rivolgermi al mare. «Non so... sono sempre stata una persona timida e le uniche volte in cui mi sento davvero sicura di me stessa e in controllo è quando partecipo al club di dibattito. Lo so, è una cosa stupida...»

Nascondo il viso nelle mani, ma Aiden me le toglie per farmi girare verso di lui. Mi porta una ciocca dietro all'orecchio. «Non è stupida, anzi. Significa che hai trovato qualcosa che ti piace e non tanti lo possono dire.»

Mi sdraiai ad occhi chiusi col capo sulla sabbia per sospirare, i raggi del sole mi bruciano piacevolmente la pelle. Sentii il rumore di una fotocamera e quando aprii gli occhi vidi Aiden col telefono puntato contro di me.

«Ei!», lo rimproverai tentando di prenderlo, ma mi schivò. Mi misi a sedere e provai a riafferrarlo, ma Aiden mi fermò prendendomi la mia mano nella sua.

«Guarda.» Mi mostrò la foto che aveva appena scattato; davo l'aria di essermi addormentata. Feci una smorfia.

«Non è venuta bene.»

«E invece sì. Sei bellissima.»

«Aiden...» Alzai gli occhi al cielo. «Facile per te dire così. Fatti fare una foto pure te allora», lo provocai, ma scosse il capo sicuro.

«Non mi faccio fare foto da solo.»

«Vedi», protestai. Abbassai lo sguardo sulle mie dita delle mani, travolta da un'improvvisa sensazione di disagio.

Aiden sbuffò rassegnato. «E va bene, facciamo una foto. Ma non voglio stare da solo.»

Lo guardai sorridente. Era bello sapere di avergli fatto cambiare idea. «Che foto ti posso fare?», gli domandai impaziente.

L'idea di fare una foto a Aiden sembrava surreale. Si morse l'intento guancia restando a pensare, ma poi annuì.

«Così», enunciò, prima di prendermi il mento con la sua dita e posare le sue labbra sulle mie. Chiusi gli occhi automaticamente e lui scattò la foto senza aspettare.

Si allontanò per scrutarla con un sorriso soddisfatto. Ha seriamente appena fatto una foto in cui ci baciamo? Mi mise il telefono in mano per mostrarmi la foto; per la prima volta ero venuta bene in una foto.

I ciuffi di Aiden mi sfioravano la fronte e le sue dita mi tenevano il mento con una delicatezza ambigua. Non mi ero accorta di aver sorriso durante quel bacio però.

Uno stormo di uccelli ci passò sopra per poi allontanarsi verso il largo. Restiamo a guardarlo mentre Aiden si sfrega le dita sul mento.

«Ci pensi mai che vivono il sogno di miliardi di uomini?», mi domanda malinconico e fa cenno col capo verso lo stormo.

Scuoto il capo per mordermi il labbro. «Volare?»

«Sì.»

«No. Non ci ho mai pensato in realtà. Ma adesso che ci penso è ingiusto.»

Sospira per guardarmi e ridacchiare. «Invece io sono infinitamente grato di questo. Non ce lo meritiamo.»

Resto in silenzio ad ascoltarlo, lo sguardo fisso sui suoi zigomi scolpiti. Le sue parole, anche se affliggono, hanno senso. Non so neanche immaginare cosa saremmo se potessimo volare come fanno gli uccelli.

AnarchiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora