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Sentii il respiro bloccarmisi in gola, mentre guardai con le labbra socchiuse le mie mano nella sua

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Sentii il respiro bloccarmisi in gola, mentre guardai con le labbra socchiuse le mie mano nella sua. Rimasi delusa non appena lasciò la presa come scottato e strinse le sue mani insieme.

«Troverò qualcos'altro da fare», borbottai non appena posò il suo sguardo sul mio. Acqua gocciolava dai suoi capelli.

«Non dovresti», mi contraddisse serio. 

Feci spallucce con un sorriso timido: «Non importa. Posso farti una domanda?»

Sapevo di sembrare troppo espansiva, ma morivo dalla voglia di sapere tutto su quel ragazzo. Aiden aggrottò le sopracciglia. «Se io posso fartene una dopo.»

Giusto.

«Va bene. Perché ti sei tatuato quella rosa sul tuo braccio?», domandai, indicano con il dito il suo bicipite coperto ormai dalla sua giacca.

«Davvero? Puoi farmi una domanda e la sprechi per questa sciocchezza?», chiese ridendo.

«Non è una sciocchezza», ribadii e feci spallucce. In fondo il suo tatuaggio era una delle cose che mi intrigavano di più di lui.

Sospirò, poggiandosi allo schienale della poltrona: «In realtà non c'è un vero e proprio motivo.»

«La rosa non simboleggia l'amore?», chiesi curiosa. Specchiai la sua posa, poggiandomi allo schienale della mia poltrona.

Aiden fece una smorfia, mentre incrociò le braccia: «Perché dovrei tatuarmi qualcosa con un simbolo così comune. Un tatuaggio non dovrebbe essere qualcosa di personale?»

Fui nuovamente sorpresa dalle sue parole. Però d'altronde aveva ragione. Annuii con un sorriso mentre sentii le guance arrossarsi nuovamente.

«Sei carina quando arrossisci», proclamò divertito il moro. «Ora tocca a me di porti una domanda.»

Incrociai le braccia, facendo cenno di essere pronta. Lui ridacchiò per poi rifarsi serio. Dovevo sentirmi lieta di essere riuscita più di una volta a farlo sorridere.

«Perché ti interessi tanto di letteratura femminista?», domandò. Notai l'interesse in quella domanda, come se andasse oltre il mio di interesse.

La cameriera ci portò i nostri piatti. Scrollai le spalle non appena lui iniziò a mangiare.

«Non so. Penso sia bello leggere di donne che hanno i tuoi stessi pensieri. E che vivono ciò che vivi tu», risposi e presi un sorso del mio caffè.

«Ti fa sentire meno sola?», mi chiese a mezza voce e io alzai lo sguardo sorpresa. Era come se mi avesse letto nella mente.

«Sì... è proprio così», mormorai, persa nelle sue iridi verdi. Riusciva a leggermi nel pensiero? O ero così prevedibile?

Aiden si fermò per alzare lo sguardo sul mio viso e abbozzò un sorriso fiero. «Lo sapevo.»

«Sapevi cosa?», domandai confusa. Lo vidi ghignare divertito, ma non rispose, avendo la bocca piena. «Cosa?», insistetti.

Mandò giù il suo boccone con forza per poi lanciarmi un'occhiata sconvolta.

«Direi che la pazienza non è una tua virtù. E comunque lo sapevo che sei qualcuno che ha cose da dire.»

«Grazie», enunciai con fare altezzoso, anche se non credevo lo pensasse davvero. Sapevo che era una delle sue tecniche per entrare nelle mie grazie, ma non volevo fermarlo.

«Peccato che ti limiti a seguire ordini a bacchetta», aggiunse e io lo fulminai con lo sguardo.

«Non s-» Mi zittii da sola, capendo di non potere ribattere. D'altronde se si trattava di scuola non avevo mai contradetto nessun superiore.

Dio mi manca il dibattito. Le uniche volte in cui poteva contraddire qualcuno senza dover passare per isterica o conica. Perché è quello che sei ovviamente... Un uomo è strategico; una donna è autorevole. Un uomo è appassionato; una donna è nevrotica.

Aiden finì di mangiare per poi posarsi le mani sulla pancia piena e sospirare soddisfatto. Rimanemmo a guardarci in silenzio; entrambi a pensare qualcosa. Chissà cosa stava pensando lui...

«Qual'è il tuo libro preferito?», domandò e io aggrottai le sopracciglia. «Dei libri femministi che ti leggi. Qual'è il tuo preferito?»

«Perché vuoi saperlo?»

«Perché per una volta non puoi rispondere e basta?», controbatté sfacciato. Chiusi gli occhi in due fessure e lui capì di aver sbagliato. Alzò gli occhi al cielo per sospirare divertito. «Dai, Juliet. Per favore, dimmelo.»

Specchiai la sua posizione, poggiando mi al mio sedile. «Il secondo sesso. Lo conosci?»

«Di Simone de Beauvoir?» Annuii e lui abbassò lo sguardo per pensare a chissà cosa. Non mi aspettavo che la conoscesse. Il secondo sesso era la mia bibbia; ottocento pagine di analisi sulla storia dell'uomo. Sull'ipocrisia dell'uomo.

«Perché?», continuò a chiedermi, alzando lo sguardo.

Scossi la testa, strozzando un sorriso. «Eh no. Prima tocca a te. Ricordi? Tu chiedi, io rispondo e poi tocca a me.»

«E va bene... il mio libro preferito?» Annuii e lui fece una smorfia. «Secondo te?»

«Secondo me?» Inclinai il capo per guardarlo meglio; per nulla al mondo avrei davvero potuto capire quale fosse, ma forse potevo provare con un classico. Faccio spallucce per sussurrare un insicuro: «Guerra e pace?...»

Mi esaltai quando spalancò gli occhi sorpreso. «Come hai fatto?», domandò sconvolto e io sorrisi a trentadue denti. «Non ci credo che hai indovinato.»

«E invece è così», ridacchiai, fiera di me. Presi un sorso del mio tè per guardarlo saccente. Scosse la testa colpito per morderai il labbro e sorridere.

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