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Raggiungemmo in un attimo la sua macchina

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Raggiungemmo in un attimo la sua macchina.

«Svelta, sali», mi impose Aiden non appena mi aprì la portiera.

Mi coprì con la sua giacca non appena mi abbassai per sedermi in auto. Lo sentii stringere un minimo la mia mano prima di lasciare la presa. Mi lasciai cadere sul sedile e mi chiuse la portiera accanto.

Mi tastai con le mani le guance, sentendole bruciare. Scrutai le secchiate di acqua battere contro il parabrezza e mi voltai alla mia sinistra, non appena Aiden entrò di fretta in auto.

«Cazzo», borbottò col fiatone. Scosse il capo per asciugarsi le punte dei capelli.

I suoi ricci luccicavano bagnati sotto alla luce della macchina. Espirò rumorosamente, prima di mettersi comodo sul suo sedile e mettere in moto l'auto.

«Stai bene?», mi domandò, lanciandomi uno sguardo veloce. Giusto per accertarsi.

«Sì, grazie. Dove andiamo?», gli chiesi incuriosita. La voce mi tremava per il freddo. Aiden fece manovre e uscì dal parcheggio.

«A mangiare qualcosa. Sto morendo di fame», rispose franco Aiden, tenendo lo sguardo davanti a sé.

«Alle cinque del pomeriggio?», chiesi divertita.

Mi lanciò uno sguardo ridendo: «Cosa? Non posso controllare la fame. Perché devo seguire delle stupide tabelle orarie per decidere quando posso o non posso mangiare?»

«Hai ragione.» Sorrisi sincera. Mi piaceva il suo modo di pensare, anche se era il contrario del mio.

La musica in sottofondo partì tenue come l'ultima volta. Sorrisi non appena lo vidi alzare leggermente il volume. Riconobbi "I'd rather go blind" di Etta James suonare. Mi si riempì il cuore di gioia.

«È la mia canzone preferita», sussurrai incantata dalla melodia della canzone.

Lo vidi voltarsi per lanciarmi uno sguardo. Riconobbi un sorriso sul suo viso mentre rimise entrambi le mani sul voltante. Di colpo meno rigide. «Davvero? Era la canzone preferita di mia ma-»

Si bloccò sul colpo. Lo guardai sorpresa e il respiro mi si bloccò in gola. Stava per parlarmi di sua madre? Davvero era la sua canzone preferita? Lo vidi stringere nuovamente la presa sul volante, mentre serrò con forza la mascella.

Di colpo l'atmosfera calma che si era creata divenne nuovamente rimpiazzata da una tesa. Potevo leggere sul suo volto che stava sostituendo la tristezza con la rabbia.

Feci strusciare le mani con forza l'una contro l'altra per riscaldarmi. Non avevo idea di come parlare con Aiden. Un momento prima eta addirittura sorridente e loquace e il momento dopo era arrabbiato e distante.

«Ti piace il jazz?», gli domandai presa dalla curiosità. Volevo sapere se avessimo altro in comune.

«Il jazz? Perché vuoi saperlo?»

«Perché non vuoi rispondere?», ribadii e lui sospirò.

«Sì, che mi piace. Perché questa domanda?»

«Nulla di importante. Volevo solo vedere se avessimo qualcosa in comune», risposi franca e riportai lo sguardo sulla strada. Vidi con la coda dell'orecchio come mi lanciò qualche occhiata.

«E? Abbiamo qualcosa in comune?», mi domandò interessato. Voltai il capo verso di lui per sorridergli beffarda.

«Un paio», risposi piano e lui annuì colpito. Si portò una mano tra i capelli bagnati per portarli indietro.

Pochi istanti dopo parcheggiò davanti a una tavola calda e sospirai sollevata. Aiden scese senza aggiungere nulla dalla macchina e mi lasciò con una sensazione di tristezza indietro.

Scesi dalla macchina per corrergli dietro, verso l'ingresso della tavola calda. Non mi degnò di uno sguardo, ma mi tenne comunque la porta aperta per farmi entrare.

«Grazie», sussurrai sperando di ricevere la sua attenzione, ma Aiden si guardò in giro in cerca di un cameriere.

Pochi istanti dopo una cameriera ci fece strada verso un tavolo. La ringraziai e mi sedetti con un sorriso forzato. Aiden si sedette senza proferire parola di fronte a me e puntò distante lo sguardo verso la tempesta. Solo allora notai la chiave tatuata accanto al suo pollice. Dalla manica della giacca spuntava una pinna di delfino nera, ma non potevo riconoscere di più.

Decisi di porre fine a quel silenzio.

«Qual'è la tua canzone preferita?», gli domandai, la mia voce squittì leggermente. Aiden voltò il capo verso di me, alzando un sopracciglio interrogativo. «Io ti ho detto qual'è la mia di canzone preferita e ora tocca a te.»

Si poggiò allo schienale, negando col capo. Tenne lo sguardo nel mio: «Perché dovrei dirtelo?»

Abbassai lo sguardo sul mio tovagliolo, sentendomi sotto pressione. Perché deve complicare tutto? Iniziai a giocare con le posate.

«Perché è così che si socializza, Aiden», ribadii irritata.

Non osai alzare lo sguardo. Sapevo che probabilmente mi stava fissando. Per mia sorpresa lo sentii sbuffare e poggiarsi con i gomiti al tavolo. «Don't give up on me di Solomon Burke. Soddisfatta?»

Non potei nascondere un sorriso soddisfatto, riportando lo sguardo sul moro. Notai il modo in cui cercava di restare serio. Quella canzone era meravigliosa.

«È davvero una bella canzone», bisbigliai persa nei suoi occhi.

Annuì con un'espressione saccente: «Sì, lo è. Come sta andando con il tuo club di dibattito?»

Aprii bocca, ma la cameriera mi interruppe per prendere il nostro ordine. Aiden prese una bistecca, mentre io ordinai soltanto un caffè. Non avevo mai conosciuto qualcuno che mangiasse una bistecca alle cinque del pomeriggio perché ne aveva semplicemente voglia.

Se mia madre avesse sentito una cosa del genere sarebbe morta. Però a me piaceva. Mi intrigava il modo in cui Aiden dava un taglio alle regole senza scrupoli.

«Allora?», mi invitò a rispondergli non appena la cameriera si allontanò.

Abbassai lo sguardo sul mio tovagliolo non potendo nascondere la delusione nella mia voce. «Il preside Bord ha detto che non potrebbe permettere a qualcuno che è stato messo in punizione di fondare un club. Quindi credo che dovrei rassegnarmi.»

«Stai scherzando?», domandò aggressivamente Aiden. Socchiuse le labbra in una smorfia arrabbiata e io negai col capo. «Quell'uomo viene a questa scuola e non fa altro che causare confusione», ringhiò, portando lo sguardo sulla finestra.

Ricordai solo allora di sua madre e che era stata la preside della nostra scuola prima del preside Bord. Volevo parlargli più di tutto di quello, ma sapevo che non ero intitolata a fare domande.

Vidi il modo in cui strinse i denti per la rabbia, così senza sapere cos'altro fare posai la mia mano sulla sua. Era bagnata e leggermente fredda.

Non mi aspettavo che me la stringesse, anzi ero pronta a sentirmela venir scostata, ma non appena sentì le mie dita fredde posarsi sul palmo della sua mano, Aiden strinse la sua intorno alla mia in una presa delicata.

AnarchiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora