Juliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura.
Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...
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Spalancai gli occhi sbalordita dai miei stessi pensieri. Quanto lo amo?! Volevo solo contraddirmi e insultarmi perché ero ubriaca fradicia, ma capii che era inutile convincermi del contrario. Forse mi stavo davvero innamorando di Aiden.
E sapevo che non lo era in un modo sano, anzi, in un dannato modo malato e contorto, ma come potevo spiegarmi sennò il fatto che non potevo smettere di pensare a lui? Venni strappata dai miei pensieri non appena la porta si spalancò di colpo e un ragazzo biondo si scaraventò nella stanza.
Lasciai un urlo sorpreso per poi mettermi a sedere sul letto, tenendo lo sguardo fisso sul ragazzo che ora chiuse la porta con una lattina di birra in mano. Era chiaro dal modo in cui faceva fatica che aveva avuto troppo da bere.
«Che ci fai qui? È camera di Aiden», balbettai insicura.
«Aiden?» Il ragazzo si voltò sorpreso verso di me, evidentemente non pensava ci sarebbe stato qualcuno, ma poi portò il suo sguardo sul letto e ci si lasciò cadere sopra con un balzo.
Il letto barcollò leggermente, ma io rimasi ferma sull'orlo del materasso.
«Chi è Aiden?», borbottò il biondo prima di mettersi a sedere coi piedi a terra e il sedere sul materasso, per poi portare il suo sguardo sul mio viso, poi sulla mia maglietta.
Mi coprii a disagio e lanciai uno sguardo sulla porta, sperando che Aiden sarebbe entrato.
«Aiden è il proprietario di questo appartamento», risposi fredda.
«Ah», rise, «e che ci fai da sola sul suo letto?»
Mi schiacciai contro il muro non appena vidi il ragazzo avanzare malizioso, la lattina di birra sempre nella sua mano. L'odore di sudore era facile da sentire, insieme a quello di alcol.
«Lo... lo sto aspettando», gli spiegai, ma il ragazzo non si fermò e posò una mano sudata sul mio ginocchio.
«Lo vedo che non vuoi stare sola ad aspettarlo», borbottò il ragazzo chiaramente su di giri. Fece per salire con la sua dannata mano, quando la porta si spalancò nuovamente.
«Scusa, er-», Aiden si bloccò di colpo non appena alzò lo sguardo sul letto.
Lo rivolse prima sul mio volto sconvolto, poi sulla mano del ragazzo sulla mia coscia e infine sul ragazzo stesso per poi scaraventarcisi sopra e prenderlo per il colletto della sua camicia.
«Che cazzo pensi di fare?», ringhiò a denti stretti, mentre alzò il ragazzo spaventato dal letto e lo alzò leggermente in aria. Era chiaramente di una testa più alto di lui.
Rimasi immobile a scrutare il biondo dimenarsi nella presa di Aiden. Era la seconda volta che glielo vedevo fare e entrambe le volte era stato per me.
«Oo, calmati amico. Ho solo visto che la tua ragazza era sola», si spiegò il ragazzo, ma non capiva che stava solo peggiorando la situazione.
Aiden lo strinse più forte per alzarlo ancora di più, le labbra strette con forza per la rabbia. «E allora se vedi la mia ragazza sola la lasci sola. Ti è fottutamente chiaro?»
Mi aveva appena chiamato la sua ragazza? Non era la prima volta che lo faceva, ma ogni volta che mi chiamava in quel modo mi sembrava la prima volta. E l'ultima...
«Sì.. sì. Mi lasci andare?», lo supplicò il ragazzo tra le sue mani prima che Aiden potesse aprire con forza la porta e scaraventarlo nel corridoio. Alcuni dei presenti esclamarono sorpresi e si rivolsero a guardare la statura slanciata di Aiden, prima che chiuse con forza la porta.
Si voltò verso di me ancora infuriato e si mise a sedere accanto a me, il capo chino. Ero sorpresa da quel suo comportamento improvviso, quello di stare immobile, con le mani nella mani.
«Aiden?» Esitai un attimo, ma mi avvicinai a lui per posargli una mano sulla spalle per confortarlo. Lui la prese con delicatezza e se la portò sul petto. Alzò lo sguardo per incontrare il mio e sentii una scossa non appena lo fece.
«Lo senti? Senti quanto mi fa impazzire vederti in pericolo?», sussurrò serio, mentre abbassò lo sguardo sulle mie mano sul suo petto. Rimasi in silenzio ad ascoltare il battito accelerato sotto la sua maglietta.
Non sapevo cosa fosse, ma quel tocco su di lui mi faceva sentire potente e sapere che ero stata io a causarlo non poteva che farmi sorridere. Mi era mancato da morire quella settimana, anche se era finita male.
«Io non so niente su di te», mormorai, senza accorgermi di averlo detto ad alta voce fino a che non vidi Aiden alzare lo sguardo su di me. Le sue iridi erano leggermente riconoscibili e la sua mano teneva ancora la mia nella sua.
«Cosa?», domandò confuso.
Mi avvicinai a lui, sedendomi con le gambe intorno al suo bacino, ma lui rimase col busto verso la porta. Anche quando posai la guancia sulla sua spalla. «Non so quasi niente di te.»
«Sì, invece.»
«E invece no. Niente di davvero personale per lo meno», ammisi delusa.
Aiden sospirò. «Non c'è nulla di bello da conoscere in me, Ju.»
«Tutti in te è bello. A modo suo», mormorai e chiusi gli occhi, perdendomi nel suo profumo. La sua mano si posò con delicatezza sulla mia coscia per accarezzarmela.
Volevo solo un bacio da parte sua, un casto bacio per dimenticarmi dei torti che mi aveva fatto. Sarebbe stato abbastanza per dormire.
«Non è vero», ribadì Aiden, girò il busto verso di me per prendermi la gambe a allacciargliela in vita. Mi sentii fremere a quel tocco. «Tu sei bella. Dentro e fuori. Io penso di essere solo marcito dentro.»
«Non è vero.» Mi accostai per sfiorargli le labbra e lui rimase immobile ad osservarmi con attenzione, lo sguardo fisso nelle mie iridi.
«Sì, invece che è vero.»
Come poteva pensare qualcosa del genere di sé stesso? Se solo sapesse come lo vedo io.
«Ti ricordi quando hai detto che siamo uguali?», gli chiesi piano e lui annuì cupo. «Se tu sei marcio dentro lo sono anch'io. Lo sono, Aiden?»
«Sei il contrario di me, Juliet. Se credessi in Dio penserei che tu sia un angelo mandato da lui», ribadì serio. Era assurdo come potesse dire certe parole candide in un tono talmente distaccato.
Ma rimasi pure sorpresa dalle sue parole. Non potevo credere stesse dicendo quelle parole con la mente lucida, anche se quella sbronza tra noi due ero io.
«Sei ubriaco?», domandai, prima di stringere la presa intorno alla sua vita.
Aiden finalmente si voltò completamente, per prendermi con forza la coscia e stringermi più forte a sé, mentre si tenne poggiato con le ginocchia e mi feci cadere di schiena sul materasso.
Rimase fermò con lo sguardo su di me, per la prima volta vidi il bisogno riflesso in esso.
«Anche se fossi ubriaco rimarresti una divinità ai miei occhi», mormorò a fior di labbra. Trattenni il respiro.