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Lasciò le mie mani per accendersi la sigaretta e posò l'accendino sotto la finestra.

«Com'è andata stasera? Ho avuto l'impressione che la signora George si sia innamorata di te», disse prima di inspirare e io risi. Osservai il fumo fuoriuscire dalla finestra e lui fece lo stesso.

«È andata bene. Ha detto che la UCL sarà onorata di avermi o una cosa del genere...»

«Davvero?», mi domandò incredulo e entusiasta allo stesso tempo. Un sorriso si stampò sul suo volto e io annuii in risposta, le farfalle nello stomaco per la felicità.

«Credo che andremo insieme all'università, Aiden», gli dissi entusiasta e saltellai per un attimo sul posto. Mi immaginai i quattro anni a seguire...

«Credi?», domandò con un ché di ferito Aiden, «Io ne sono al quanto sicuro invece.»

Prese un tiro dalla sigaretta e poggiarsi con la schiena al muro. Rimase però a scrutarmi a labbra socchiuse.

«Va bene, Aiden. Hai ragione tu", mi corressi e lui sorrise. «Mi piace il quanto tu sia convinto di questa cosa. Sei proprio sicuro che mi prendano, vero?»

«Sicurissimo. Già ci vedo a Londra; tu, io e tanta, tanta pioggia», disse ridacchiando.

Abbassò la mano con la sigaretta tra le dita, il suo sguardo sempre nel mio. Chissà perché tanti di quei adolescenti fumavano. Non avevo mai provato e non avevo mai sentito il bisogno di farlo, ma d'altronde ormai era l'unica cosa che non avevo fatto da quando conoscevo Aiden.

«Posso provare?», gli domandai e feci cenno col capo sulla sigaretta accesa. Aiden passò lo sguardo tra questa e me per poi scuotere il capo serio.

«Col cazzo, Ju», ribadì per poi però prendere un tiro a sua volta. «Non puoi chiedermi una cosa del genere.»

Mi offese il suo modo di fare, come se fossi una bambina. Alzai un sopracciglio per guardarlo severa.

«Perché no?», gli domandai seria, ma lui distolse lo sguardo sbuffando.

«Perché no, Ju. Ti pare che ti faccio fumare?»

«Tu lo fai-»

«Io sono io. Tu sei tu», mi interruppe secco, mentre tenne lo sguardo distante. Era un po' di tempo che non aveva i suoi sbalzi d'umore. Gli avevo solo chiesto un tiro, non pensavo si potesse arrabbiare.

Avrei potuto insistere, ma notai che orami erano le undici passate, così decisi di sdraiarmi sul letto senza aggiungere nient'altro. Aiden invece rimase in piedi davanti alla finestra, sapevo però che si era voltato per vedermi sdraiarmi sotto le coperte.

Mi sdraiai sul lato sinistro e portai le mani sotto il cuscino come facevo sempre per dormire, ma sentivo un senso di vuoto senza di lui nel suo letto. Aveva cambiato umore almeno tre volte quella sera e da tutte e tre non ne sapevo il motivo. Riuscirò mai a capirlo?

Dopo qualche istante lo sentii sospirare e chiudere la finestra, ma chiusi gli occhi per non fargli capire che ero rimasta tutto quel tempo sveglia. Lo sentii poggiarsi sul letto, ma trattenni il respiro non appena si sdraiò accanto a me e mi prese in vita come aveva fatto la sera scorsa, avvicinandomi con la schiena a lui.

Tenni gli occhi chiusi e lui affondò il viso nell'incavo del mio collo.

«Scusa», mormorò poi. Sapevo che era davvero dispiaciuto, ma continuai a tenere gli occhi chiusi, fingendo di essere addormentata. Quando pensava che dormivo diventava dieci volte più dolce.

Rimase con la mano sulla stoffa della sua maglietta e prese dei profondi respiri, facendo sbattere il suo respiro caldo contro la mia pelle. «Non potrei vivere senza di te, Ju», sussurrò poi ancora più a bassa voce, ma io trattenni nuovamente il respiro.

Perché mi diceva quelle cose solo quando dormivo? E poi davvero non poteva vivere senza di me? Volevo solo rispondergli con un: neanche io riuscirei a vivere senza di te. Ma erano le circostanze sbagliate, anche se sapevo che non ne avrei avuto l'occasione da "sveglia". Rimasi ad ascoltare il suo respiro regolare per il più possibile fino a che non mi addormentai con un lieve sorriso.

La mattina dopo per mia sorpresa quando la sveglia suonò per la sei e mezza ci alzammo entrambi. Scoppiai a ridere non appena vidi l'espressione assonnata di Aiden mentre si alzò dal letto e lui per punirmi mi buttò nuovamente sul materasso.

«Così impari a ridere di me», sghignazzò prima di uscire per andare a fare colazione. Mi alzai di corsa dal letto per indossare dei suoi pantaloni e corrergli dietro divertita.

Lui però iniziò a correre non appena mi vide sopra alle scale e lo raggiunsi solo quando arrivammo in cucina.

«E invece rido di te», lo provocai prendendolo per il braccio per farlo voltare. Aiden invece mi sorprese quando si piegò per lasciarmi un lungo bacio. Si staccò soltanto però quando risposi al suo gesto e afferrò dei cereali dalla mensola.

Mi sedetti al tavolo per scrutarlo con un sorriso stampato sul viso. «Perché ti sei svegliato così presto? Pensavo non ti svegliassi prima delle sette e mezza», lo presi in giro ma lui fece una smorfia in risposta, mentre versò dei cereali in due ciotole.

«È così, ma è l'ultimo giorno di liceo», rispose con un ché di dispiaciuto e questo mi fece sorridere ancora di più. Ad Aiden Houston dispiaceva lasciare il liceo? Lui si voltò con le ciotole in mano e parve avermi letto nella mente, infatti alzò gli occhi al cielo.

«Non è che mi dispiaccia... voglio solo godermi al meglio questa giornata.»

«Come no», lo presi in giro.

Si mise a sedere accanto a me, abbastanza vicino da far toccare le nostra ginocchia. Era come se non riuscissimo a staccarci l'uno dall'altra.

«Secondo me invece ti dispiace. Aver finito il liceo», lo provocai ma lui mi fulminò lo sguardo per poi iniziare a mangiare.

«Certo, Juliet, hai ragione tu. Come sempre, piccola», ribadì ironico.

Per le sette finimmo di mangiare e salimmo al piano di sopra per prepararci. Non avevo mai notato il quanto Aiden mangiasse: si era divorato tre ciotole di cereali e aveva pure proclamato di avere ancora fame non appena ci eravamo chiusi la porta del bagno alle spalle.

Per le sette e mezza (Aiden finì di prepararsi mezz'ora dopo di me perché per poi non si addormentava in piedi) salutammo Cindy e Fred, i quali si erano appena svegliati. Ringraziai il secondo per la cena e uscimmo di fretta.

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