Dato che Aiden dovette passare la prima ora a salutare parenti e amici, restai quel primo periodo con Kyle in terrazzo a mangiare dal buffet. Vedevo dal modo in cui Aiden mi lanciava occhiate dal salotto che come me voleva solo passare quella serata con me, ma ogni volta che provava a liberarsi di qualcuno si presentava sempre un altro parente.
Le uniche persone con cui avevo avuto una vera e propria conversazione oltre a Kyle era stata una signora George davanti al bagno, con la quale parlai del nostro libro preferito "1984", e il cameriere in cucina.
Per le otto e mezza erano arrivati anche i miei genitori senza Emma: mio padre era venuto a darmi un bacio per salutarmi mentre mia madre aveva chiaramente scelto di ignorarmi. Mi stavo sempre più preoccupando che non mi volesse davvero pagare l'università.
«Quindi ti hanno preso ad Oxford?», chiesi a Kyle mentre presi un sorso della mia acqua. Mi aveva raccontato a lezione che avrebbe fatto il test di ammissione ma non me ne aveva più raccontato nulla.
Stavamo in piedi davanti alla piscina così iniziò a giocare con l'acqua col piede. «Non lo so ancora, però mi sembrava fosse andato tutto bene il colloquio...»
«Sono sicura che è così», lo tranquillizzai, posandogli una mano sulla spalla. Kyle mi sorrise sincero.
«E tu? Sei pronta per il tuo colloquio mercoledì? Per la Columbia?», mi chiese entusiasta, ma non potei nascondere un sospiro e abbassare gli occhi. Più ne parlavo e meno le mie idee erano chiare. «Cosa c'è?»
Mi voltai verso la casa alle nostre spalle come se vedendo Aiden potessi tranquillizzarmi, ma ormai non stava più nel mio raggio di vista. «Non so più se andare e anche se volessi probabilmente i miei genitori non pagheranno neanche...»
«Perché?»
«Perché a mia madre non va giù il fatto che sto con Aiden», gli raccontai quello accaduto poco fa in autostrada. Automaticamente il mio sguardo cadde su mia madre che stava in piedi a parlare, anzi, discutere con mio padre come sempre.
Kyle si incupì e chiaramente si stava trattenendo dal commentare qualcosa sulla faccenda ma aveva come paura. Così lo incitai a parlare ma anche se per un attimo esitò prese un profondo respiro.
«Ju, sei sicura di voler mettere a rischio il college per Aiden?»
«Sì che ne sono sicura», risposi ma in realtà adesso che ci pensavo mi assaliva la paura. «Non so spiegartelo con parole razionali, perché... nulla di questo è davvero razionale... ma voglio farlo.»
Kyle spostò il suo sguardo su un punto alle mie spalle.
«È che... è che di Aiden che stiamo parlando e anche se non lo conosco davvero bene, lo conosco da quando avevo otto anni. E non mi fido di lui», ammise serio, mi voltai per vedere che stava scrutando proprio il ragazzo di cui stavamo parlando, mentre ci stava venendo incontro serio.
La camicia bianca arrotolata poco sopra l'avambraccio, giusto per mostrare un po' dei tatuaggi.
Tutti dubitano di noi due. Non mi scosse molto quello che mi aveva detto Kyle, più le paranoie che mi feci a seguire. Aiden ci raggiunse e mi prese in vita per poi salutare sia Kyle che me, ma il mio amico gli fece solo un cenno col capo.
«Dovevo scappare da mia zia che continuava a commentare sui miei tatuaggi», mi spiegò Aiden adesso con un ché di sollevato ma io dovetti forzare un sorriso, travolta dai miei pensieri.
«Io vado a prendermi qualcosa da mangiare», si scusò Kyle evidentemente a disagio per poi andarsene.
Potevo solo immaginare la furia di mia madre in quel momento a vedermi con Aiden, ma non mi voltai per sicurezza. Lui mi si appostò davanti con un sorriso adorabile e mi diede un bacio a fior di labbra per poi passarsi nervosamente una mano tra i capelli.
«Volevo chiederti scusa per ieri sera, Ju.»
«Perché?», gli domandai fingendo che il suo comportamento non mi aveva effettivamente ferito. Infatti Aiden alzò un sopracciglio incredulo, ma distolsi lo sguardo sentendo un filo di imbarazzo.
Sospirò per poi prendermi con delicatezza la mano, così a quel contatto rincontrai il suo sguardo. «Perché ti amo davvero. E non lo dico solo perché mi fa comodo.»
Il mio cuore fece una capriola e sapevo che gli sarei saltata addosso se non fossi stata sotto lo sguardo di mia madre. Così mi limitai a sorridere timidamente, mentre Aiden si morse il labbro inferiore prima di stringermi più forte la mano e voltarsi.
«Ho fame. Tu no?», mi domandò trascinandomi verso la casa ma il Buffett era dall'altra parte della direzione in cui stava andando.
«Aiden, il buffet sta di là.»
«Lo so», rispose beffardo e si fermò un attimo per darmi un bacio a stampo, senza alcun motivo. Ma mi fece sentire le farfalle nello stomaco comunque. Lo seguii mano nella mano tra gli invitati fino a che non entrammo in cucina.
Che cosa ci facciamo in cucina? Subito venimmo travolti dallo staff che stava camminando in giro e preparando chissà cosa ai fornelli. Seguii Aiden verso il bancone in marmo ma prima che potessi dire nulla mi prese di peso per farmici sedere.
«Cosa fai?», risi ma quando provai a scendere mi tenne con la mano sulla coscia mentre prese uno degli stuzzichini da un vassoio. «Aiden!», lo rimproverai guardandomi in giro per controllare che nessuno se ne fosse accorto.
«Piccola, tranquillizzati. Sono io il padrone di casa», mi prese dopo aver ingoiato il boccone e aver sorriso beffardo.
Gli diedi una botta sulla spalla. «Come no-»
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Anarchia
FanfictionJuliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura. Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...